Sono molto contento di collaborare, ormai da tanti anni, con Azione nonviolenta, rivista mensile del Movimento nonviolento, una delle principali associazioni italiane che promuove la nonviolenza nello spirito gandhiano. L’associazione è stata fondata da Aldo Capitini nel 1964. Lillustrazione quissù (che uscirà sul numero di giugno) è stata realizzata in occasione del premio internazionale Alexander Langer 2009. Il Comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alex Langer, ha difatti deciso di attribuire il premio, messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano, a Narges Mohammadi, iraniana, giornalista, vicepresidente e portavoce del Centro dei difensori dei diritti umani e presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace. Nata nel 1972 a Zanjan, ingegnere di professione, si è laureata in fisica all’Università Internazionale Imam Khomeini. Nel periodo degli studi universitari ha organizzato una formazione universitaria di nome Roshangaran (gli intellettuali) e scritto articoli per giornali indipendenti a favore del rispetto dei diritti delle donne e degli studenti. Per questo suo impegno è stata due volte arrestata nel corso di riunioni all’università. Divenuta giornalista, ha scritto articoli su diverse riviste riformiste, tra le quali Payam e Hajar. Questa pubblicazione è poi stata messa al bando, perché si batteva per l’uguaglianza delle donne e per i diritti di tutti i cittadini indipendentemente dal genere, dalle opinioni politiche o religiose. E’ anche autrice di saggi politici, tra cui, in persiano, Le riforme, la strategia e la tattica. Appassionata di montagna, ha organizzato e partecipato alla scalata delle cime più importanti in Iran, ma in seguito, a causa della sua attività politica, le è stato negato permesso di far parte di cordate ufficiali e spedizioni. Nel 2001 ha sposato Taghi Rahmani che aveva conosciuto come docente all’università, dove teneva lezioni molto seguite sulla società civile. Ora hanno due bambini, gemelli. Subito dopo il matrimonio, Rahmani fu arrestato e passò due anni in detenzione preventiva prima di sapere quali accuse gli erano state mosse. Per i suoi scritti e per le critiche al regime teocratico ha passato in prigione un terzo della vita. I ripetuti arresti del marito hanno spinto Narges Mohammadi a puntare la sua attenzione anche sulla situazione dei detenuti, in particolare di quelli per reati d’opinione, reclusi in carcere, citando le sue parole,in violazione dei “più elementari principi del diritto, incarcerando illegalmente, senza precisare l’accusa, senza prove, senza condanna, senza che gli avvocati difensori possano aver accesso ai fascicoli dei propri clienti.” Per queste sue affermazioni è stata incarcerata altre due volte, traendone nuova forza ed esperienza per assistere i dissidenti imprigionati e le loro famiglie. Oggi è anche stretta collaboratrice di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003, e vicepresidente e portavoce del Centro dei difensori dei diritti umani. Dopo l’illegale chiusura del centro, il 21 dicembre 2008, la stampa internazionale ha riportato le sue denunce e dichiarazioni di protesta. Il 7 settembre 2008 Narges Mohammadi è stata eletta presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace in Iran, una vasta coalizione contro lo scontro militare e di promozione dei diritti umani. Ne fanno parte scrittori, artisti, giuristi, attivisti sociali, donne, studenti, sindacalisti, rappresentanti delle minoranze etniche e gruppi politici che si oppongono principalmente a ogni logica militare o terroristica, ma si dichiarano anche contrari ad azioni armate preventive contro l’Iran, che non risolverebbero la crisi nucleare e potrebbero invece destabilizzare la già fragile situazione nella regione del Golfo Persico e aggravare ulteriormente la situazione dei diritti umani. Il “National Peace Council” vuole far conoscere al mondo l’esistenza di “un altro Iran” che si oppone a ogni azione violenta e s’impegna per la costruzione della pace, sicurezza, stabilità e benessere, attraverso rapporti caratterizzati da tolleranza e amicizia. Narges Mohammadi è convinta che la società iraniana desideri profondi cambiamenti verso la democrazia e il pieno rispetto dei diritti umani: “La società iraniana sta rivendicando con forza il proprio diritto alla democrazia. Studenti, lavoratori, insegnanti, donne, giovani avanzano richieste precise e il Governo dovrà dare loro una risposta. Una risposta soddisfacente. Non è un problema di un’élite, è il problema di un’intera nazione”. Notizie in: Iran: National Peace Council–A Broad Coalition Opposing Military Confrontation and Supporting Human Rights, http://www.ihrv.org/inf/?p=817 www.humanrights-ir.org http://www.iranhumanrights.org/ http://milionedifirme.blogspot.com/ Il premio, dotato di 10.000 euro, messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano, verrà consegnato a Bolzano il 2 luglio 2009 nell’ambito dell’annuale incontro “Euromediterranea” organizzato dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung. Il Comitato scientifico della Fondazione è composto da Fabio Levi (presidente), Anna Maria Gentili (vicepresidente), Andrea Lollini, Anna Bravo, Bettina Foa, Edi Rabini, Francesco Palermo, Gianni Tamino, Giovanni Damiani, Grazia Barbiero, Helmuth Moroder, Ingrid Facchinelli, Liliana Cori, Mao Valpiana, Marco Onida, Margit Pieber, Marianella Sclavi, Marijana Grandits, Pinuccia Montanari. FONDAZIONE ALEXANDER LANGER STIFTUNG – Onlus Via Latemar Straße 3, I – 39100 BOLZANO/BOZEN Tel.+Fax. +39 0471 977691 – E-Mail:info@alexanderlanger.org, www.alexanderlanger.org
A Narges Mohammadi, Iran, il premio internazionale Alexander Langer 2009
Nata nel 1972 a Zanjan, ingegnere di professione, si è laureata in fisica all’Università Internazionale Imam Khomeini. Nel periodo degli studi universitari ha organizzato una formazione universitaria di nome Roshangaran (gli intellettuali) e scritto articoli per giornali indipendenti a favore del rispetto dei diritti delle donne e degli studenti. Per questo suo impegno è stata due volte arrestata nel corso di riunioni all’università.
Divenuta giornalista, ha scritto articoli su diverse riviste riformiste, tra le quali Payam e Hajar. Questa pubblicazione è poi stata messa al bando, perché si batteva per l’uguaglianza delle donne e per i diritti di tutti i cittadini indipendentemente dal genere, dalle opinioni politiche o religiose. E’ anche autrice di saggi politici, tra cui, in persiano, Le riforme, la strategia e la tattica.
Appassionata di montagna, ha organizzato e partecipato alla scalata delle cime più importanti in Iran, ma in seguito, a causa della sua attività politica, le è stato negato permesso di far parte di cordate ufficiali e spedizioni.
Nel 2001 ha sposato Taghi Rahmani che aveva conosciuto come docente all’università, dove teneva lezioni molto seguite sulla società civile. Ora hanno due bambini, gemelli. Subito dopo il matrimonio, Rahmani fu arrestato e passò due anni in detenzione preventiva prima di sapere quali accuse gli erano state mosse. Per i suoi scritti e per le critiche al regime teocratico ha passato in prigione un terzo della vita. I ripetuti arresti del marito hanno spinto Narges Mohammadi a puntare la sua attenzione anche sulla situazione dei detenuti, in particolare di quelli per reati d’opinione, reclusi in carcere, citando le sue parole,in violazione dei “più elementari principi del diritto, incarcerando illegalmente, senza precisare l’accusa, senza prove, senza condanna, senza che gli avvocati difensori possano aver accesso ai fascicoli dei propri clienti.” Per queste sue affermazioni è stata incarcerata altre due volte, traendone nuova forza ed esperienza per assistere i dissidenti imprigionati e le loro famiglie.
Oggi è anche stretta collaboratrice di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003, e vicepresidente e portavoce del Centro dei difensori dei diritti umani. Dopo l’illegale chiusura del centro, il 21 dicembre 2008, la stampa internazionale ha riportato le sue denunce e dichiarazioni di protesta.
Il 7 settembre 2008 Narges Mohammadi è stata eletta presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace in Iran, una vasta coalizione contro lo scontro militare e di promozione dei diritti umani. Ne fanno parte scrittori, artisti, giuristi, attivisti sociali, donne, studenti, sindacalisti, rappresentanti delle minoranze etniche e gruppi politici che si oppongono principalmente a ogni logica militare o terroristica, ma si dichiarano anche contrari ad azioni armate preventive contro l’Iran, che non risolverebbero la crisi nucleare e potrebbero invece destabilizzare la già fragile situazione nella regione del Golfo Persico e aggravare ulteriormente la situazione dei diritti umani.
Il “National Peace Council” vuole far conoscere al mondo l’esistenza di “un altro Iran” che si oppone a ogni azione violenta e s’impegna per la costruzione della pace, sicurezza, stabilità e benessere, attraverso rapporti caratterizzati da tolleranza e amicizia.
Narges Mohammadi è convinta che la società iraniana desideri profondi cambiamenti verso la democrazia e il pieno rispetto dei diritti umani: “La società iraniana sta rivendicando con forza il proprio diritto alla democrazia. Studenti, lavoratori, insegnanti, donne, giovani avanzano richieste precise e il Governo dovrà dare loro una risposta. Una risposta soddisfacente. Non è un problema di un’élite, è il problema di un’intera nazione”.
Notizie in:
Iran: National Peace Council–A Broad Coalition Opposing Military Confrontation and Supporting Human Rights, http://www.ihrv.org/inf/?p=817
www.humanrights-ir.org
http://www.iranhumanrights.org/
http://milionedifirme.blogspot.com/
Il premio, dotato di 10.000 euro, messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano, verrà consegnato a Bolzano il 2 luglio 2009 nell’ambito dell’annuale incontro “Euromediterranea” organizzato dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung.
Il Comitato scientifico della Fondazione è composto da Fabio Levi (Presidente), Anna Maria Gentili (Vicepresidente), Andrea Lollini, Anna Bravo, Bettina Foa, Edi Rabini, Francesco Palermo, Gianni Tamino, Giovanni Damiani, Grazia Barbiero, Helmuth Moroder, Ingrid Facchinelli, Liliana Cori, Mao Valpiana, Marco Onida, Margit Pieber, Marianella Sclavi, Marijana Grandits e Pinuccia Montanari.
Motivazioni del Premio internazionale Alexander Langer 2009
Narges Mohammadi
Nata nel 1972 a Zanjan, Narges Mohammadi ha respirato fin da bambina l’atmosfera carica di speranze della rivoluzione khomeinista del 1979, che coglieva inizialmente il desiderio di riscatto nazionale e anticoloniale in un paese ricco di risorse, di storia e di un’antica cultura. Aveva 16 anni nel 1988, alla fine della lunga guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, quando una società stremata e impoverita iniziava a rivendicare dal basso spazi di libertà e democrazia, riforme economiche e sociali.
Durante gli anni di studi alla facoltà di fisica, Narges si fa promotrice di un'associazione studentesca di nome Roshangaran (gli intellettuali), scrive articoli per giornali indipendenti a favore dei diritti delle donne e degli studenti, viene arrestata due volte per la partecipazione ad incontri giudicati illegali. E' un periodo questo in cui si apre una coraggiosa riflessione sulle conseguenze d’ideologie che iniziano a considerare pericolosi anche i sostenitori nonviolenti dei diritti e di una democrazia partecipata. Sostenitori che rispettano profondamente il sentimento religioso, e che proprio per questo ritengono che non lo si possa identificare con il modello teocratico in via d’affermazione nel paese.
Nel 2001 Narges sposa Taghi Rahmani che aveva conosciuto come docente all’università. Ora hanno due bambini, gemelli. Subito dopo il matrimonio, Rahmani, che per le sue idee ha trascorso in prigione ormai un terzo della vita, è arrestato e passa due anni in detenzione preventiva prima di sapere quali accuse gli erano state mosse.
Anche in seguito a queste vicende, Narges aggiunge ai suoi obiettivi la difesa dei detenuti, in particolare di quelli reclusi per reati d’opinione, che vengono spesso arrestati senza precise imputazioni, senza prove, senza che gli avvocati difensori possano aver accesso ai fascicoli dei propri clienti. Divenuta giornalista, scrive su riviste d’orientamento riformista, tra le quali Hajar, in cui si batte per l’uguaglianza di tutti i cittadini, indipendentemente dall'appartenenza di genere e dalle opinioni politiche o religiose. Lei stessa viene incarcerata altre due volte e le viene negato il permesso di far parte di cordate ufficiali e spedizioni che la costringe a rinunciare ad una delle sue passioni giovanili, le scalate in montagna.
Narges diventa una stretta collaboratrice di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003, ricoprendo la carica di portavoce e vicepresidente del Centro per la difesa dei diritti umani, che fornisce assistenza legale a centinaia di dissidenti. Dopo l’illegale chiusura del centro, il 21 dicembre 2008, la stampa internazionale ha dato ampio risalto alle sue dichiarazioni di protesta e ha messo in luce l'ampiezza del sostegno che il Centro ha saputo conquistare.
Il 7 settembre 2008 Narges Mohammadi è eletta presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace in Iran, una vasta coalizione che si propone di evitare il pericolo di uno scontro militare interno. Ne fanno parte donne e uomini con storie diverse, scrittori, artisti, giuristi, attivisti sociali, studenti, sindacalisti, rappresentanti delle minoranze etniche e gruppi politici. Il Consiglio si oppone principalmente a ogni logica militare o violenta, ma si dichiara anche fermamente contrario ad azioni armate preventive contro l’Iran, che non risolverebbero la crisi nucleare e potrebbero invece destabilizzare la già fragile situazione nella regione del Golfo Persico, aggravando ulteriormente la situazione dei diritti umani. Il National Peace Council vuole far conoscere al mondo l’esistenza di “un altro Iran” che si oppone a ogni azione violenta e s’impegna per la costruzione della pace, sicurezza, stabilità e benessere, attraverso rapporti caratterizzati da tolleranza e amicizia. Narges è convinta che la società iraniana desideri profondi cambiamenti verso la democrazia e il pieno rispetto dei diritti umani: “ Non è un problema di un’élite, scrive, è il problema di un’intera nazione”. L'8 maggio 2009, mentre è in partenza per il Guatemala, si vede ritirare il passaporto. Solo dalla stampa viene a sapere che è genericamente accusata di aver svolto attività di “propaganda contro la Repubblica islamica dell'Iran”.
L'ultimo intervento di Alexander Langer al Parlamento Europeo, il 29 giugno 1995, era dedicato a una richiesta di sostegno alle donne algerine, che erano state protagoniste della lotta di liberazione anticoloniale e sentivano minacciati i diritti conquistati. Da allora diversi premi hanno portato nel patrimonio della Fondazione un insieme di amicizie e di relazioni con quella parte del mondo islamico in cerca di dialogo e di credibili interlocutori: ecco Khalida Toumi Messaoudi che non ha mai smesso di rivendicare la propria libertà di essere insieme berbera e algerina, musulmana e razionalista; la kossovara Vjosa Dobruna capace di non interrompere il filo dei rapporti con le amiche serbe anche nei momenti più difficili; il palestinese Sami Adwan impegnato con l'amico israeliano Dan Bar-On a confrontare le ragioni dei loro popoli da troppo tempo in guerra; la profuga di Srebrenica Irfanka Pasagic tornata nella sua città per portarvi i semi della verità e del dialogo; il miracolo del villaggio somalo Ayuub costruito insieme da Maana Suldaan e da Elio Sommavilla, una donna mussulmana e un prete cristiano,
E ora ben arrivata Narges Mohammadi, in questa costellazione di mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera, portatrici di speranza.
Il premio, dotato di 10.000 euro, messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano, è stato consegnato a Bolzano il 2 luglio 2009 nell’ambito dell’annuale incontro “Euromediterranea” organizzato dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung.
Il Comitato scientifico della Fondazione è composto da Fabio Levi (presidente), Anna Maria Gentili (vicepresidente), Andrea Lollini, Anna Bravo, Bettina Foa, Edi Rabini, Francesco Palermo, Gianni Tamino, Giovanni Damiani, Grazia Barbiero, Helmuth Moroder, Ingrid Facchinelli, Liliana Cori, Mao Valpiana, Marco Onida, Margit Pieber, Marianella Sclavi, Marijana Grandits, Pinuccia Montanari.
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Lettera del Premio Nobel Shirin Ebadi alla Fondazione Alexander Langer
Narges è nata nel 1972 nella città di Zanjan in Iran, dove ha vissuto fino al termine degli studi superiori. A 19 anni si iscrive al corso di Fisica Applicata all’Università di Imam Khomeini e inizia subito a partecipare al movimento studentesco, attivamente impegnato nella promozione della democrazia in Iran, e divenuto, con il tempo, uno dei movimenti studenteschi più importanti nell’area medio orientale. Le attività di Narges di questo periodo l’hanno resa tanto popolare da far sì che il suo viso diventasse tra i più noti del movimento studentesco. In quegli anni Narges incontra un noto attivista politico, Taghi Rahmani, già condannato a 11 anni di carcere per il suo impegno a favore della democrazia. L’incontro li porta a unirsi in matrimonio, ma poco dopo Taghi Rahmani, insieme ad altri 21 attivisti socio-politici, subisce due arresti consecutivi, viene messo in carcere e condannato ad altri quattro anni di prigione. Narges continua l’impegno a rinsaldare la sua famiglia politica e lotta, in modo instancabile, per la liberazione dei prigionieri politici. A causa di questa attività viene arrestata e condannata a un anno di detenzione. Narges, da donna iraniana, conosce molto bene la condizione giuridica e i pregiudizi verso le donne, per cui amplia il suo raggio di azione iniziando a partecipare al movimento per la parità dei diritti delle donne in Iran. Pubblica numerosi articoli e tiene svariate conferenze pubbliche per cui, anche in questo campo, diventa un personaggio stimato. Alla fine degli studi universitari inizia a lavorare come giornalista indipendente e collabora con i giornali come Payam Hagiar e Dovvome Khordad che, purtroppo, saranno poi chiusi dal governo della Repubblica Islamica dell’Iran. Il lavoro di Narges come giornalista non si arresta e inizia a lavorare utilizzando i siti internet. Per il suo impegno è considerata una delle più assidue attiviste della Campagna che sta raccogliendo un milione di firme per l’abolizione della disparità dei diritti delle donne.
Subito dopo la fondazione del Centro dei Difensori dei Diritti Umani Narges ne diviene un membro attivo e dopo poco tempo entra a far parte del Consiglio Superiore di questo centro. Le sue attività all’interno del Centro la portano a far parte del Comitato per le Donne e del Comitato per il Sostegno delle Famiglie dei prigionieri politici. Attualmente è vicepresidente del Centro dei Difensori dei Diritti Umani.
La complessa attività di questa donna iraniana impegnata per ottenere la libertà ha causato numerose interrogazioni e consistenti opposizioni da parte del Ministero dell’Informazione: nel maggio del 2009 le è stata impedita la partecipazione al seminario “Donna e Democrazia”, organizzato dall’Istituto delle Donne Premio Nobel, in Guatemala. Le forze di sicurezza iraniane le hanno impedito, in modo illegale, di lasciare il territorio iraniano, le hanno ritirato il suo passaporto e Narges ha dovuto subire nuovi interrogatori da parte della polizia. A tutt’oggi non è riuscita a rientrare in possesso del suo passaporto.
Quando le autorità governative della Repubblica Islamica dell’Iran hanno impedito a Narges di uscire dal Paese, è iniziata un’ondata di proteste nazionali e internazionali e le donne, da tutte le parti del mondo, le hanno dichiarato la loro solidarietà.
Attribuire il premio internazione Alexander Langer a Narges Mohammadi rappresenta un sostegno al movimento per la democrazia in Iran: è un gesto che riscalda il cuore di tutti coloro che lavorano per instaurare la parità dei diritti in Iran e che sono costretti a subire continui impedimenti, di natura illegale, da parte delle autorità del Governo della Repubblica Islamica dell’Iran.
Vorrei ringraziare personalmente la Fondazione Alexander Langer per la sua scelta e chiedere che la Fondazione continui a sostenere, anche in futuro, questa attivista dei diritti umani. Spero che questo premio possa aiutarci a fare un ulteriore passo in avanti verso il raggiungimento dei nostri obiettivi.
(traduzione dal farsi a cura di Faezeh Mardani)
Premio a Narges Mohammadi: laudatio di Tiziana Valpiana
I PERSIANI di Eschilo è la prima grande opera filosofica e letteraria occidentale che ci sia pervenuta.
Ad Atene, pochi anni dopo la vittoria sui persiani, i Greci rappresentano, in forma di tragedia, il dolore dei vinti. I vincitori si riconoscono negli sconfitti: totalmente estranei nel modo di vestire, nella incomprensibile lingua, nell'idea stessa di società e di comunità, li riconoscono uguali nel pianto, nel lutto, nelle passioni. Un insegnamento valido anche per noi, che non intendiamo rimanere spettatori estranei al dolore del popolo iraniano. Eschilo I Persiani traduzione di Ettore RomagnoliCANTO D'INGRESSO
Tale fiore di giovani mosse
dalle plaghe di Persia. E per essi
tutta or piange la terra asïànache nutriali, ch'or n'arde di brama.
Ed il tempo che tanto prolungasi
i padri e le spose
giorno a giorno misurano, e tremano.
che dei suoi figli la privi.
CORIFEO:
Queste donne, i lor veli stracciando
con le morbide mani, partecipi
di tal doglia, cospargono il seno
di lagrime amare.
Con le molli querele, le spose
persïane richiaman gli sposi
e le nozze recenti; e lasciate
le mollissime coltri dei talami, voluttà di lor giovani vite, s'addoloran con lagno perenne. Ed anch'io dei perduti la sorte con querela di lutto deploro.LaudatioLa lungimiranza della scelta fatta all’inizio dell’anno da parte del Comitato scientifico della Fondazione di conferire il premio Alexander Langer 2009 a Narges Mohammadi, iraniana, giornalista, vicepresidente e portavoce del Centro per la difesa dei diritti umani e Presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace ci viene drammaticamente confermata da quanto sta accadendo in questi giorni, ad ogni ora, in Iran dove, nonostante la repressione, le decine di morti e le migliaia di arresti, la sollevazione popolare potrebbe ridisegnare il futuro di questo antico e straordinario Paese, una terra magnifica dal punto di vista naturale e dallo sfarzo architettonico senza pari, ma ostaggio di ‘satrapi’ locali e ipocrisie internazionaliDal 12 giugno, comunque andrà, l’Iran non sarà più lo stesso.
Il Governo e i guardiani della rivoluzione hanno la forza, l'apparato poliziesco, la protezione della guida suprema, e l’ipocrisia dell'Occidente che lancia solo troppo timidi avvertimenti contro la repressione.
Dall’altra parte c’è il popolo, i giovani, le donne, quelli che gridano “hanno rubato i nostri voti”.
Un popolo che si desta. Le strade insanguinate dell'Iran, lo sottolineano tutti i media internazionali, sono piene di donne. Donne che hanno tanta forza quanti sono i loro diritti violati. Donne che hanno poco da perdere ma tutto da conquistare.
Neda, vittima del sabato nero di Teheran, gli occhi sgranati, il corpo insanguinato, ne è il simbolo.
Il laccio verde al polso, in pochi giorni, è diventato segno di riconoscimento.
Simboli e segni che scuotono le nostre coscienze.
Trenta anni fa il popolo iraniano ha combattuto una lotta di liberazione per demolire un sistema corrotto, oppressivo, che imponeva una modernizzazione forzata. Ma la rivoluzione tradita, ha dato vita a un regime teocratico e illiberale che ancora reprime chi da troppi anni ormai sogna e lotta per un Iran democratico e laico. Esasperato da dittature, autoritarismi, violenze, il popolo iraniano aspira, come qualunque altro popolo, alla libertà. Non accetta più uno stato che controlla le vite private, il modo di vestire e di pensare, che viola i diritti umani in nome dell'islam, e usa l'islam per attaccare i diritti fondamentali.
E’ certo difficile per noi dall’esterno decifrare la situazione complessa di un paese straniero senza rischiare la semplificazione o la banalizzazione, ma non può esserci alcun malinteso "rispetto delle altre culture" che ci consenta di astenerci dal giudicare chi non rispetta i diritti universali e nessun “principio di non interferenza” può trasformarsi nella condiscendenza verso un governo antidemocratico e violento.
Non ci intromettiamo certo nei fatti interni di un altro paese se affermiamo con certezza da quale parte stiamo: quella di chi muore per aver reclamato il diritto di parola.
E intendiamo concretamente testimoniare a questi coraggiosi che, nonostante il regime tenti di isolarli tagliando le comunicazioni, confinando i giornalisti stranieri e arrestando quelli iraniani, non sono soli.
La scelta della Fondazione di portare la propria attenzione in questo momento sull’Iran è certo quella che avrebbe fatto Alex, che avrebbe sentito come un dovere morale irrinunciabile spendersi in prima persona per l’Iran libero. Per un Iran, come dice Ramin Jahanbegloo, docente di Storia contemporanea dell’Iran a Toronto, autore di ‘Leggere Gandhi a Teheran’, che contro un potere fondamentalista e violento, riconosce nella nonviolenza la strada da percorrere.
Una strada sulla quale da tempo si sono incamminate Shirin, Narges e tante altre donne e uomini.
Premiare Narges significa premiare in lei chi porta avanti con coraggio una missione rischiosa contro l’oscurantismo e l’integralismo, contro le disuguaglianze e le discriminazioni di fronte alla legge, contro le prevaricazioni del potere.
E’ stata Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003, a suggerire questo strumento di solidarietà e cooperazione internazionale: trovare occasioni per premiare donne iraniane distintesi nella lotta per i diritti umani e per i diritti delle donne, in un Paese in cui i militanti politici sono perseguitati e le donne non hanno diritti; di ‘adottare’ con un riconoscimento attiviste dei diritti umani per sottrarle così all’anonimato, alla repressione e all’arbitrio delle autorità governative e religiose. Perchè, come abbiamo potuto constatare anche in queste ultime drammatiche settimane, il regime teme più di tutto quelle che chiama ‘interferenze negli affari interni della Repubblica Islamica’ .
Shirin sa che nemmeno il Nobel basta a proteggerla, più volte il regime ha attaccato e cercato di distruggere il suo lavoro e la sua persona, le sue reti e i suoi progetti. Tuttavia, anche a Merano nello scorso giugno, in occasione della Prima edizione del Congresso Mondiale dei Musei della Donna, ha sottolineato come i riconoscimenti internazionali possano contribuire a difendere dai soprusi e dalle angherie, che si spingono fino alla ‘sparizione’ e alla caduta nell’oblio di nomi e persone, se conosciute solo da uno stretto entourage familiare e locale impossibilitato a difenderli.
E quando a settembre, in viaggio alla scoperta del meraviglioso Iran e delle sorprendenti donne e femministe iraniane, conosciute grazie all’entusiasta e instancabile Sabri Najafi, iraniana di Monguelfo, referente in Italia per la Campagna un milione di firme, abbiamo chiesto che cosa potevamo fare, la risposta è stata ancora quella: far uscire dall’ombra la difficile situazione che, le donne in particolare, lì vivono, far conoscere i loro problemi, i loro nomi, non lasciarle sole.
La prima organizzazione in Italia a raccogliere con generosità l’appello di Ebadi è stata Human Rights International di Bolzano che per la Giornata dei Diritti umani 2008 attendeva per la consegna del Premio Nasrin Sathoodeh, avvocata impegnata per la difesa dei bambini maltrattati e, unico Paese nel mondo nel 2008, condannati a morte e dei diritti di uomini e donne, soprattutto di quelle coinvolte nella “Campagna un milione di firme” (che coinvolge donne di ogni classe sociale per raccogliere un milione di firme contro le leggi discriminatorie nei loro confronti). Il premio è stato ritirato il 12 dicembre dal marito, in quanto a lei, proprio mentre in aeroporto a Teheran si accingeva ad imbarcarsi per l'Italia, è stato sequestrato il passaporto.
Negli ultimi anni, l'Iran ha impedito l’espatrio a diverse persone impegnate nella difesa dei diritti umani e dei diritti delle donne: vorrei ricordare i nomi dell’ esponente dei diritti delle donne e giornalista Parvin Ardalan, della già citata avvocata Nasrin Sotoudeh, di Mansoureh Shojaee, instancabile animatrice della Biblioteca delle donne di Teheran che per dedicarsi a questo progetto ha lasciato la Biblioteca nazionale ed è ora accusata di “attentato alla sicurezza dello stato” (un’accusa tanto generica quanto frequente di cui Shirin Ebadi mette in evidenza il ridicolo e l’ipocrisia: “Se mi batto contro la poligamia e rivendico gli stessi diritti di mio fratello, il nemico ci attaccherà?”), da ultime la stessa Narges Mohammadi e Soraya Izadpanah cui l’8 Maggio è stato impedito l'imbarco per il Guatemala per partecipare per il Consiglio della pace a una conferenza, e tante altre...
Tutti episodi che hanno reso per noi ancora più inderogabile l’appello di Shirin Ebadi a dare una protezione a queste donne, così da spingere chi vi parla a iniziare un percorso di conoscenza e approfondimento, di riflessione su una realtà diversa, incontri con donne islamiche e intellettuali iraniane, un ciclo di film di registe o su donne ‘perse’, scoprendo ancora una volta nella differenza la nostra profonda uguaglianza di donne. E a chiedere a Ebadi un nome di donna, una tra tante, una di tante, una per tante, da candidare per il Premio ‘Alexander Langer 2009, un premio modesto ma preziosissimo, perchè somma il nome di Alex e la grandissima forza di tutte e tutti coloro che lo hanno ricevuto, persone spesso sconosciute prima di essere portate alla notorietà dalla Fondazione e poi divenute testimoni riconosciuti e apprezzati ovunque.
Dopo essersi documentata sulla figura e sul lavoro politico di Alexander Langer e sui precedenti premiati, Shirin Ebadi nel mese di settembre a Mantova ci ha segnalato direttamente Narges MOHAMMADI, sua stretta collaboratrice.
Quando abbiamo iniziato l’istruttoria per la candidatura, Narges non era nota fuori dall’Iran. Il suo nome è comparso sulla stampa internazionale per la prima volta quando il 21 dicembre scorso le autorità iraniane hanno chiuso il Centro per la difesa dei diritti umani e Narges, vice direttrice e portavoce presente al momento dell’irruzione, ha denunciato alla stampa internazionale il gravissimo atto di intimidazione.
Narges non ha ancora quarant’anni: una donna giovane, capace di guardare al futuro, ma con tanta storia sulle spalle.
La sua storia personale si intreccia non solo con la storia tormentata dell’Iran di questi ultimi decenni, ma con tutta la profonda e straordinaria cultura persiana e con la capacità millenaria di adattamento a condizioni avverse: dalle asperità naturali del territorio e del clima, all’infinita serie di dinastie straniere che l’hanno dominato. Mentre contendeva giardini al deserto -i magnifici paradisi- il popolo iraniano per non soccombere alla sottomissione ha sviluppato un’eccezionale creatività, in campo artistico, culturale, architettonico ma anche, ed è la biografia di Narges, tessendo con competenza relazioni sociali... Le tirannie possono esistere solo se il tessuto sociale si sfrangia, se la società si disgrega, se ognuno teme di dire una parola di troppo, se le relazioni familiari sono sconvolte, i rapporti tra vicini avvelenati dal sospetto della delazione. Incontrarsi, stringere relazioni, tessere legami tra persone e generazioni è un modo tutto femminile per opporsi alle dittature e, forse anche per impedire questa tessitura sociale, sin dall’insediamento il Governo della Repubblica Islamica ha limitato la libertà femminile, calpestando i diritti più elementari e varando leggi apertamente discriminatorie. Allora come oggi, il regime semina paura controllando il corpo e la mente delle donne, considerate ‘minori’ a vita, senza diritto di disporre di se stesse, quotidianamente minacciate, imprigionate, arrestate, lapidate, straziate per paralizzare col terrore l’intera società.
E’ impossibile, dice Ebadi, «governare in modo tradizionale, patriarcale e autoritario persone coscienti dei propri diritti».E per le donne cultura e coscienza, cioè riscatto, passano attraverso la scuola e l’università, l’accesso al lavoro e alla società. In Iran bambine e ragazze anche degli strati poveri e tradizionalisti vanno a scuola e si scoprono cittadine, oltre il 65% dei laureati sono donne, protagoniste all'università, nelle professioni, sulla scena culturale, nel cinema, nel giornalismo, nelle innumerevoli organizzazioni sociali.
Con la cultura e la percezione dei diritti negati, il velo ogni giorno scivola un po’ più indietro: un atto preciso di ribellione verso chi, in nome di un Dio, umilia l’essere donna...
C’è una caratteristica che salta agli occhi di chiunque vada in Iran: la bellezza delle sue donne. Le si vorrebbe nascondere, celare e imbrigliare sotto mantelli neri, ma questi sciami corvini che volteggiano, questi mantelli che si gonfiano al vento le rendono ancora più visibili, diventano, invece che una cancellazione, una sottolineatura. Una ciocca che sfugge dal velo, le labbra sempre sapientemente dipinte, le sopracciglia perfettamente disegnate sono altrettanti atti simbolici con cui le iraniane si oppongono alla battaglia contro il loro corpo. Una battaglia persa, perchè si può imporre con i manganelli e con i guardiani della moralità di coprirsi, ma si è costretti a lasciare libera la parte più pericolosa, più fiera, più ribelle, più vera, più indomita delle donne persiane: gli occhi. Purtroppo oggi non potremo vedere gli occhi di Narges, ma li possiamo immaginare fieri, penetranti, lucenti per quella sete di giustizia che l’ha indotta fin da giovanissima a resistere a un’ideologia che punta ad imporre, con la violenza, il punto di vista di una minoranza; occhi determinati di testimone coraggiosa e infaticabile della lotta per la democrazia, le libertà civili e politiche e per la Pace; occhi indomabili di chi ha scelto la nonviolenza e un'idea di democrazia partecipata che tiene conto del sentimento religioso, ma non lo identifica con il modello teocratico che domina il paese.
I ripetuti arresti suoi e del marito l’hanno spinta ad aggiungere ai suoi obiettivi la difesa dei detenuti, in particolare per reati d’opinione in violazione dei “più elementari principi del diritto, incarcerando illegalmente, senza precisare l’accusa, senza prove, senza condanna, senza che gli avvocati difensori possano aver accesso ai fascicoli dei propri clienti.” Da qui il suo impegno primario nel Centro fondato da Shirin Ebadi che fornisce difesa gratuita a imputati politici, cercando di proteggerne le famiglie e denunciando sistematicamente le violazioni dei Diritti umani.
Il momento in cui Narges Mohammadi è diventata Presidente del Consiglio Nazionale della pace e lo sfondo politico del suo primo anno di lavoro sono, se possibile, ancor più difficili del solito, ma lei ritiene fondamentale far conoscere al mondo l’esistenza di “un altro Iran” (ci credete tutti terroristi?) “un altro Iran” che si oppone alla violenza per la costruzione della Pace e s’impegna contro ogni logica militarista o terroristica, attraverso rapporti internazionali basati sul rispetto e l’amicizia. Il Consiglio della Pace lavora anche per scongiurare il pericolo di azioni armate contro l’Iran, che non risolverebbero la ‘questione nucleare’ e aggraverebbero la situazione nel Golfo Persico e la condizione interna.
Nella vita di Narges ci sono le lotte, l’impegno, la politica ma anche l’amore di un compagno che condivide con lei passioni e sogni e la felicità, grandissima nonostante la preoccupazione per l’oggi e per il loro domani in un paese del quale è impossibile individuare l’evoluzione, per la nascita dei due gemellini, per i quali vorrebbero un paese diverso.
Alla domanda se la lotta per i diritti umani valesse tanti anni di prigione, Narges risponde: “In Iran non c’è bisogno di battersi per i diritti umani per finire in prigione. Molti insegnanti e operai sono incarcerati perchè rivendicano i propri diritti sul lavoro, molti studenti per il diritto allo studio.”
Una risposta che sarebbe piaciuta ad Alex per la capacità di mettersi nei panni altrui e la determinazione nel minimizzare il proprio impegno personale. Alex avrebbe anche condiviso la molteplicità del suo impegno, perfino il suo amore per la montagna.... La Fondazione, quindi, intende onorare Narges collegando il suo nome a quello dell’Europarlamentare che ha sacrificato la vita, fino a consumarla, per costruire ponti tra persone e popoli. Un atto di riconoscimento e riconoscenza a una donna, rappresentante di tutti coloro che in Iran resistono e che, speriamo, possa divenire per lei una sorta di ombrello protettivo che in qualche modo la metta al riparo dal diluvio delle ire del regime contro chi osa ribellarsi al ‘disordine’ costituito.
Lettera di Narges Mohammadi per la cerimonia alla Camera dei Deputati
Gentili Deputati del Parlamento italiano,
esprimo il mio dispiacere per non poter essere tra voi a causa del divieto di espatrio, ma sono felice che in mia vece vi sia Shirin Ebadi, la premio Nobel per la pace, donna coraggiosa e difensore dei diritti umani.
Lottare contro la violazione dei diritti umani, in Iran, è impresa ardua e rischiosa.
Io, donna trentasettenne iraniana, sono la moglie di un intellettuale che combatte per la libertà e la giustizia. Mio marito è stato detenuto per quindici anni della sua vita nelle prigioni della Repubblica Islamica, subendo repressioni e torture.
La mia vicenda personale è solo un esempio tra molte donne e molti uomini che da oltre un secolo combattono per la democrazia e per i propri diritti. Io sono soltanto una goccia in un grande mare in tumulto.
Ben sapete che durante le recenti manifestazioni, in Iran, molti giovani sono feriti o uccisi, e tanti iraniani, sia in Iran sia nella diaspora, sono preoccupati o sono in lutto.Ho saputo nei giorni scorsi che sparando ai manifestanti prendevano intenzionalmente di mira cuore, collo e testa. Sono sconvolta e mi chiedo per quale motivo una manifestazione pacifica debba finire in un bagno di sangue.
Il popolo iraniano chiede la democrazia in modo pacifico e civile, senza sangue e violenza, e sono convinta che riusciremo a ottenerla.Sono felice del fatto che in quanto difensore dei diritti umani mi sia stato assegnato il prestigioso premio della Fondazione Alexander Langer. Vedo un futuro luminoso, perché nessuno si sente solo, perché questa grande società di essere umani intende tutelare i diritti di tutti e non vuole permettere che i governi minaccino i diritti fondamentali delle persone.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ci insegna che l’atteggiamento di ciascun governo verso i suoi cittadini è osservato da altri governi.I diritti dell’uomo rappresentano un criterio universale valido per tutte le nazioni, quindi noi difensori insieme a voi signori deputati abbiamo il dovere di realizzare tali diritti. Un dovere che riguarda tutti i rappresentanti del popolo, in Europa come in America, in Iraq come in Afganistan.
È su questa linea che il concetto dei diritti umani ha creato un dialogo internazionale che non significa interferenza arbitraria negli affari dei singoli stati. E io come donna appartenente alla grande famiglia umana sono responsabile dei diritti dell’uomo nel mio paese e negli altri paesi, e voi, signori deputati, non dovreste permettere che gli interessi politici e economici tra gli stati condizionino una presa di posizione di fronte alla violazione dei diritti umani.
Traduzione a cura della Campagna di un milione di firme contro le leggi discriminatorie in IranMauro Biani: Intermezzo, la storia di Narges Mohammadi
Intermezzo. La storia di Narges Mohammadi
MAURO BIANI x NARGES MOHAMMADI
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