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24 settembre 2025

Trent'anni senza Alexander Langer

Trent'anni senza Alexander Langer - Il ricordo di Antonio Marchi

Anche quest'anno ce lo fatta. Non è stato facile per niente anche se mi accompagnava mio figlio Daniele. Purtroppo non sempre le cose vanno come vorresti e al ritorno un sasso galeotto al centro della pista ciclabile mi ha spedito fragorosamente per terra. Oggi 8 ore di pronto soccorso, ma per fortuna niente di rotto.
Mi è cara quella chiesetta in cima a una salita, che da Vipiteno porta all’abitato di Telves, custode di un mondo che sa volgersi indietro, dietro la quale, in un ordinato cimitero riposa Alex Langer assieme ai suoi genitori da 30 anni.
Che lui lo sapesse o no, Alex è uno dei miei “maestri” di vita - che continuo ogni anno a ritrovare andando in quel piccolo cimitero in bicicletta, che si trova vicino al cielo, dove l’aria si fa densa di pensieri, di nostalgia e di tristezza, di rabbia e di passione. Sulla sua scelta di andarsene, inascoltato e deriso, da questo mondo, già allora, sconveniente e in continua putrefazione, sento un freddo vento stellare attraversarmi le ossa nel ricordarlo: «I pesi mi sono diventati davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti anche per questa dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi. “Venite a me, voi che siete stanchi ed oberati”. Anche nell'accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto».“
Sgomento, ricordo la mia rabbia e la mia paura di uomo fragile e umano di fronte alla morte, al mistero di quella scelta, mentre l’anima esce e se ne va. Parole vecchie, ma sempre attuali, che non rimuovono la potenza tragica ma allo stesso tempo evocativa, s’innalzano umili oltre i vani silenzi, come una ferita che stropiccia il cuore, diventano rami pieni di stelle.
Ricordo alla fine dell’esperienza di Lotta Continua, sul finire degli anni 70, il nostro primo incontro a Villorba, dove sono nato, i prati verdi, le case, tutto sonnecchiava nel piccolo paese al suo primo apparire.
Ricordo la mia folle necessità di capire...i suoi occhi, senza bugie, grandi come avventure, mi raccontavano di silenzi e paure... mi parlava della sua preoccupazione, degli uomini, della terra che si doveva salvare: “prossima è l’ora della mezzanotte del mondo/minata è la specie, minata/ la stessa creazione...la terra si fa sempre più orrenda/le speranze non hanno più voce….”
L’11 luglio sono anche i trent’anni dell’eccidio di Srebrenica. Alex non c’è arrivato a fermarlo nonostante i suoi continui e inascoltati appelli ai capi di stato europei. Rivedo la strada che mi porta a Sarajevo, la moltitudine di gente, la fuga sotto il tiro dei cecchini, la lunga agonia delle democrazie europee e il suo inascoltato e lancinante grido d’allarme: “A Sarajevo mi sono infranto/ Davanti al massacro/ Ho invocato l'uso della forza/Sono stato linciato/Come un guerrafondaio qualunque”….
Non sappiamo cosa direbbe oggi Alex delle maledette guerre in corso, (ho l’ombra gentile del suo sguardo incisa sul cuore), del folle riarmo europeo, di Trump e di Nethagnau, della Russia, dell’Ucraina; ma sopra tutto del genocidio di Gaza e di come si possa continuare a vivere vedendo ogni giorno corpi di bambini avvolti in sudari, bambini martoriati portati di corsa in braccio a un soccorritore, bambine mutilate e piangenti e atterrite, bambine schiacciate nella calca mentre tendono la loro gamella vuota e guardano disperate e incredule in una telecamera come se guardassero proprio voi, a casa vostra.
Alex è il chiaroscuro radicale del prosciugarsi della vita, ma anche del suo scorrere su di un piano più profondo; dello smarrimento delle possibilità di scandaglio, ma anche del raccoglimento più veridico; è il fioco di un crepuscolo che porta consiglio e dirada l’adrenalina tossica di questi giorni, per rimpiazzarla con quella corroborante e carica di disteso futuro prossimo; è quella immersione in particolari condizioni luministiche che induce all’abisso liberante e librante della preghiera come esperimento di estrema prossimità alla Via, alla Verità, alla Vita, ove sonno e veglia, volontà e potenza, desiderio e dovere sembrano sovrapporsi e quindi svincolarsi da ogni orizzonte fondato sulla separazione, l’inconciliabilità, la disumanità.
 
Antonio Marchi
4 luglio 2025
2025
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