24 settembre 2025
Trent'anni senza Alexander Langer
Autentica cultura del dialogo
Autentica cultura del dialogo
di Giorgio Mezzalira
29.05.2025, Corriere dell’Alto Adige e Corriere del Trentino
Cade il trentennale della scomparsa di Alexander Langer ed è anche il
quindicesimo della morte di Silvius Magnago. La concomitanza dei due
anniversari pare una pagina di storia sfogliata dal tempo, a beneficio
di giovani generazioni – e ci mettiamo pure i quarantenni – che di
Langer e Magnago forse hanno sentito qualcosa in famiglia o a scuola (se
sono stati fortunati). Due strenui avversari politici, due autonomisti
convinti, due convinti difensori dei diritti delle minoranze, ma con
concezioni assai diverse di come dare forma e contenuti all’autonomia.
Tanto diverse che Langer venne accusato, dalle forze che avevano
sostenuto il Pacchetto, di essere tout court un anti-autonomista.
L’opposizione in Sudtirolo era una risorsa democratica che non trovava
posto all’interno del monopolio di potere locale e le coscienze critiche
venivano silenziate dal pensiero unico dominante.
Le battaglie di Alex e del movimento interetnico contro le chiusure
identitarie, le schedature etniche del censimento del 1981, l’autonomia
ridotta a una questione di paragrafi di legge, avevano aperto un varco
nella società sudtirolese che si considerava aliena al dissenso e
comunque mal lo tollerava. Soprattutto nell’establishment di lingua
tedesca per bandire e censurare qualsiasi forma di opposizione alla
codificazione dell’essere sudtirolese ad una sola dimensione, si ricorse
allo strumentario più grezzo e anche più risolutivo: la costruzione del
nemico. Le critiche al richiamo all’unità del gruppo etnico, principio
che costituiva un vero e proprio totem per la Svp, furono considerate
atti di tradimento. Facile comprenderne la ragione. Esse provenivano dal
peggior nemico, quello interno che faceva parte della stessa «famiglia».
Reinhold Messner, che sosteneva il Sudtirolo interetnico e alternativo,
e lo stesso Langer furono pubblicamente accusati di essere dei traditori
della causa sudtirolese. E non c’è dubbio che Alex si sentisse per certi
aspetti tale. Anzi, aveva consapevolmente deciso di interpretare quel
ruolo nel suo Sudtirolo. Ci aveva visto lungo quando nel 1964, lui era
diciottenne allora e correvano gli anni delle bombe, spronando i giovani
di lingua tedesca a praticare il dialogo con i giovani di lingua
italiana, li esortava ad avere “il coraggio di accettare di essere
chiamati traditori. Chi usa tale appellativo probabilmente non si è mai
sforzato di raggiungere una vera convivenza”. Parole che vent’anni dopo
trovavano calzanti conferme e concetti che Alex riprese nella sua
riflessione matura sulla convivenza interetnica, quando nel Decalogo
parlò dell’importanza del “traditore della compattezza etnica”. Se il
proprio fronte si chiude in cieco esclusivismo, se non fa i conti con le
sue miserie presenti e passate, se il «rimanere uniti» è l'unico valore
che tutto sopporta, giustifica e cancella, allora tradire allora diventa
un atto di verità e d’amore per la propria parte. Una lezione che
veniva da una piccola provincia di confine considerata dai più una
lontana insignificante periferia, da cui Alex trasse insegnamenti ed
esperienze da sperimentare a livello europeo.
A trentanni dalla scomparsa una pare importante del suo lascito,
l’archivio custodito fin qui dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung,
sarà depositato presso l’Archivio provinciale/Landesarchiv di Bolzano.
Il patrimonio documentale, dichiarato di «notevole interesse storico» da
parte della Soprintendenza dei Beni culturali della Provincia di
Bolzano, farà così ufficialmente – e finalmente – parte del patrimonio
storico-culturale pubblico, nel quadro di un accordo di collaborazione
tra la Fondazione Langer, l’Archivio provinciale di Bolzano e la
Fondazione del Museo storico del Trentino, che ha lo scopo di
valorizzarlo attraverso progetti e iniziative. L’importanza del
riconoscimento, anche se tardivo, del valore della figura e del pensiero
di Langer da parte del “suo” Sudtirolo ripara in parte lo stigma del
“traditore” e del nemico dell’autonomia con cui la leadership politica
altoatesina/sudtirolese del tempo lo aveva bollato. Una scomunica che
equivaleva a bandirlo dalla storia e dalla memoria della sua terra.
Oggi Alexander Langer è ritenuto colui che non solo ha combattuto per
un’autonomia libera dai troppi condizionamenti etnici, ma ha saputo
guardare lontano e sviluppare un pensiero minoritario, interetnico e
fondato sulla convivenza, che nel corso del tempo è diventato esperienza
e pratica diffuse. Una figura cui avvicinarsi per i valori di cui è
portatrice e per essere espressione autentica della cultura del dialogo
e della riconciliazione, della conversione ecologica, della pace.