Ritratti e dediche
Trent'anni senza Alexander Langer
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Alex, trent'anni dopo
Quando mi trovo, sempre più spesso, a fare i conti col ginepraio delle identità, delle etnie, delle religioni, dei nazionalismi, avverto fortissima la mancanza di Alexander Langer, generoso maestro mio e di molti altri, che ha deciso di andarsene esattamente trent'anni fa, il 3 luglio 1995. Quanto ho imparato, viaggiando con lui: la fatica necessaria a uscire dalle gabbie comunitarie per costruire la convivenza; la remissione del debito ai paesi del sud del mondo, condizione preliminare di un equilibrio pacifico; la conversione ecologica dell'umanità giunta al limite dello sfruttamento delle risorse del pianeta. Tante cose che cercava di dirci però le abbiamo capite in ritardo e Alex ne era disperato, ne morì. Non riesco a perdonarmelo, della catastrofe premonitrice in Jugoslavia restammo spettatori in troppi.
Questa foto scattata al Teatro Rainerum di Bolzano il 15 ottobre 1991 lo vede protagonista della prima puntata di "Profondo Nord" su Rai3, quando era deputato europeo dei Verdi, per raccontare l'assurdità del censimento etnico a cui si era rifiutato di partecipare già dieci anni prima.
Resterà per sempre uno degli incontri più fortunati della mia vita.
Gad Lerner
3 luglio 2025, Facebook
Alexander Langer è stato una delle figure più originali, visionarie e vulnerabili della politica europea del secondo Novecento. Intellettuale, attivista, costruttore di ponti, ha incarnato l’idea di un impegno civile profondamente etico, in cui l’ecologia non era solo difesa dell’ambiente, ma progetto di convivenza, disarmo, giustizia, cura.
Piantare la carità nella politica
Langer credeva che la politica dovesse essere animata dalla carità, intesa come cura, attenzione e compassione. Non un sentimentalismo, ma una pratica rivoluzionaria che restituisce umanità alla sfera pubblica. "Piantare la carità nella politica" significava per lui coltivare ascolto, inclusione, giustizia sociale: valori profondamente cristiani ma declinati in forma laica.
La mia domanda, visto che ora è celebrato giustamente ovunque, anche da quei quotidiani che faticavano a pubblicare i. Suoi articoli, “ è forse stato lasciato troppo solo”?
Qui siamo con Alex a Bologna nel 1992 alla presentazione del Comitato di cooperazione con l’Albania e gli albanesi in Italia. Nella foto Patrizia, Alex, la sottoscritta e Angelo Ravaglia. La foto è di Bassoli dei Verdi di Bologna.
Pinuccia Montanari
3 luglio 2025
Trent'anni fa ci lasciava Alex Langer.
E per me è stato sempre talmente interessante, importante, innovativo che voglio dire alcune cose.
Innanzitutto che proprio la parola "innovazione" è stata utilizzata in questo tempo in molti modi e spesso, semplicemente, per raccontare e giustificare i lati peggiori della modernità, per indorare la pillola del liberismo.
Langer, invece, al contrario, è stato un innovatore affamato di giustizia, un ambientalista che aveva capito molto prima di tante e di tanti (anche nel mondo ecologista) quanto la "conversione", il cambiamento di modello, debba essere "socialmente desiderabile".
In altre parole - e in questi giorni di lavoratori sfruttati e privi di tutele che devono fare i conti con il surriscaldamento spesso in completa solitudine ciò torna come essenziale- che "giustizia ambientale" e "giustizia sociale" debbano sempre stare assieme e che un approccio da "salotto" alla questione ecologica sia il peggior regalo alla destra che si possa fare.
E poi Langer è stato un "viaggiatore leggero" che oltrepassava confini e raccontava il suo incontro con le persone.
Che frequentava ponti, in "entrambe le direzioni".
Che andava ascoltato, ad esempio, sulla questione dei Balcani (laddove l'assenza di interventi tempestivi per aiutare gli aggrediti ha finito per provocare una tragedia gigantesca). Che la Pace non è solo l'assenza di guerra, è la "costruzione" di legami.
Che il nazionalismo (o il nazionalismo etnico) è ciò che va avversato .
Un uomo che manca tantissimo, certo, ma che c'è enormemente utile.
Dico innanzitutto a noi di "sinistra", per non morire di retoriche e ideologismi chiusi e per coltivare la concretezza della radicalità e del conflitto e la bellezza del dialogo con altre storie, altri pensieri, altre vite.
Non dobbiamo essere tristi e continuare, sempre, in ciò che è giusto: aveva ragione.
Pierfrancesco Majorino
3 luglio 2025
Oggi un certo numero di persone, forse poche, ma molto determinate, sente un nodo in gola, un vuoto nello stomaco, un debito di riconoscenza.
Oggi la persona che sono, con le mie scelte e responsabilità, guarda alla ragazza che ero 30 anni fa. Una ragazza che legge quel piccolissimo articolo di giornale, che parla di un politico diverso, che ha scritto e testimoniato, che all'ombra di un albicocco ha scelto di uscire di scena scrivendo parole che non ho mai dimenticato.
Alex, ieri sera rientravo in bicicletta, cantando a squarciagola, come facevo da ragazza, felice come lo sono da sempre, quando assorbo energia da una comunità che pensa, agisce e sogna insieme. E ho pensato a te.
Alex, non sono triste e continuo in ciò che è giusto.
Sono determinata ad essere "hoffnungsträger" (portatrice di speranza) e mi hai insegnato che non si può e non si deve pensare mai di poterlo fare in solitaria.
Grazie, Alex Langer, perché ci hai consegnato un esempio limpido che non muore.
Maria Chiara Parodi
3 luglio 2025
Oggi corrono 30 anni dalla morte di Alex Langer. Decise di impiccarsi a 46 anni a un albero di albicocco a Pian dei Giullari vicino a Firenze.
Ricordo tutti noi funzionari e deputati di tutte le nazionalità del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo allineati sui muri fuori dagli uffici, io che in 5 minuti mi rosicchio le unghie appena ricresciute, il silenzio doloroso in anticipazione di cattive notizie perché tutti sapevamo che anche senza internet o telefonini, il fatto che Alex non avesse dato notizie da vari giorni, lui così preciso e assiduo, non potevano essere che pessimi pessimi segnali.
Era il copresidente del Gruppo dei verdi europei, che allora era litigioso e complesso, molti convinti di essere i soli portatori della neonata cultura politica ecologista che ancora non aveva del tutto sviluppato la sua forte unità e fede federalista; iniziata con il lavoro di Adelaide Aglietta, Paul
Lannoye ma anche il grande contributo di Alex prima che decidesse di lasciarci nel mezzo di una attività frenetica; se ne andò’ nei giorni del l’orribile massacro di Srebrenica, dove 8000 uomini e ragazzi furono massacrati dai Serbi anche per l’inazione delle truppe olandesi con in testa il casco blu dell’ONU. L’eredità di Alex e’ forte e brillante e in questi tempi di guerre assurde e’ importante rileggere i suoi discorsi sui conflitti e l’Europa, ritornare alla
sua idea di corpi civili di pace europei, ripensare ai suoi viaggi nella ex Yugoslavia, alle sue iniziative come un Ponte Per continuate ad agire anche dopo la sua morte.
Io però oggi voglio ricordare anche un aspetto forse meno conosciuto. Quello dell’uomo di grande cultura, di un umorismo fine, dalle battute divertenti mai velenose e il sorriso aperto e gli occhi sorridenti dietro gli occhiali.
Questa foto me lo fa ricordare così. Era una festa come i Verdi europei del gruppo ne organizzavano qualche volta all’anno e in quella occasione il mio piccolo gruppo “Non solo Verdi” cantava con Uwe Staffler, assistente storico di Alex al piano. Qui vedete Alex, che partecipava sempre ai cori improvvisato con Virginio Bettini, altro deputata o prezioso del primo gruppo dei Verdi che ci ha lasciato qualche anno fa e Gianfranco dell’Alba allora SG aggiunto dei Verdi. Ci siamo molto divertiti quella sera e ce n’erano state molte altre. Paolo Bergamaschi, ex collega al gruppo e dai talenti multipli ha appena pubblicato una raccolta di canzoni che lo ricorda “SULLE TRAVCE DI ALEX” che vi raccomando di trovare su Spotify.
Monica Frassoni
3 luglio 2025
'Alex carissimo...'
Trent'anni fa, all'alba, atterravo a Fiumicino. Per due mesi, ero stato in Etiopia. Per scrivere una guida. Ero felice di tornare, rivedere mia figlia dopo questa assenza. Mi raggiunse la telefonata di Aleardo, mi diceva di Alex...il cielo smise di essere azzurro, l'estate divenne inverno.
Tre giorni dopo, nella grande chiesa della Badia Fiesolana, gli amici e i compagni di Alex intonarono una lievissima 'we shall overcome'.
Qui potete ascoltare il racconto di Alex di Alessandro Leogrande:
https://shorturl.at/CZcTC
Alex e Alessandro ci mancano, ci mancano...
Andrea Semplici
3 luglio 2025
Vorrei avere un indirizzo dove spedirti cartoline. Vorrei ricevere da te una nuova cartolina. Ti assicuro che io continuo a spedirle.
Ci manchi, Alex.
Vent'anni fa, #filippoceccarelli ha scritto: 'Sarebbe bello che ci fosse ancora, Alex Langer. Ma in certe rare circostanze
della vita e della morte - e questa lo è - basta davvero la sua
testimonianza'.
Il 3 luglio, ancora una volta, 'we shall overcome'
https://messaggerosantantonio.it/con.../alex-trentanni-fa...
Da Andrea Semplici
27 giugno 2025
Sono passati trent’anni dalla scomparsa di Alexander Langer, ma il suo pensiero lungo ancora oggi ci deve guidare. Lui che aveva già capito che giustizia sociale e climatica, pace e democrazia sono inscindibili.
https://fb.watch/ADggP_UWn6/
Elly Schlein
3 luglio 2025
Camera dei deputati
Alexander Langer pensatore a tratti profetico. Di grande attualità i suoi scritti. In tanti ricordano un pezzo di vita condiviso o al quale hanno assistito. Io ricordo che ci aiutò, con il suo stile equilibrato, nella svolta che portò nel 1987 i Verdi a entrare in coalizione con PCI Psi a Milano al Comune . Ricordo di averlo accompagnato alla stazione alla vigilia dell' attacco Usa in Irak, si scervellava per trovare soluzioni, voleva parlare con Andreotti, parlava della pace, o meglio della necessità di fermare la guerra come di un compito nostro, suo e di tutti..Ricordi quindi di un Langer politico
Paolo Hutter
3 luglio 2025
3 Luglio oggi 30esimo anniversario della morte di Alexander Langer “costrittore di ponti”
La figura di Langer oggi piace molto ai giovani. Lo sentono attuale, vero, coerente. Offre loro un’idea di politica così diversa e bella rispetto alla decadenza e alle miserie viste negli ultimi decenni. La forza di Alex sta nel fatto che viveva coerentemente con ciò che diceva. La vita e la politica le aveva prese sul serio.
Pace e ambiente, risoluzione nonviolenta dei conflitti e transizione ecologica, sono i due binari su cui correva la locomotiva Langer (la velocità di lavoro, le corse per rispondere a tutte le richieste, erano le uniche incoerenze che si concedeva, rispetto al suo lentius, che valeva per gli altri, mantenendo per sé solo il profundius e il suavius). L’attualità del suo pensiero è impressionante.
Ma c’è un’avvertenza, che voglio esplicitare.
Nessuno è legittimato a servirsi dei suoi scritti di anni fa, o di sue scelte politiche legate alla contingenza dei tempi, per utilizzarli politicamente nella realtà di oggi, in una direzione o nell’altra. Iscrivere d’ufficio, a posteriori, una persona ad un movimento, rischia di essere un’operazione arbitraria. Per il rispetto che ho dell’esperienza umana e politica di Langer, preferisco non fargli dire proprio niente sull’oggi. Cosa farebbe oggi Langer rispetto alla guerra in Ucraina o in Palestina è una domanda insensata che non ha risposta. Tocca a noi scegliere cosa e come fare. Lasciamolo in pace, non tiriamolo in ballo per fargli dire da che parte sarebbe stato oggi. Alex ha deciso di non dire, di non sapere e non vedere più nulla, e va rispettato anche in questa scelta. La lezione del Maestro Langer è terminata il 3 luglio 1995. Tocca a noi attuare quello che abbiamo imparato.
Alex Langer è stato un maestro perché abbiamo saputo riconoscerlo come tale.
Tra le tante perle che ci ha regalato, scelgo di segnalare qui cinque lezioni fondamentali che Alex ha impartito ai suoi discepoli di allora e a chi vuole esserlo oggi.
La lezione di pace
Contro la guerra cambia la vita è una delle invenzioni di Langer emersa da quella avventura prolifica che fu la Campagna nord-sud. Lo scrive lui stesso, sintetizzando gli obiettivi politici che voleva raggiungere: aiutare a superare il “pacifismo (solo) gridato” e affrontare il ricorso alla “forza”, senza che ciò debba essere sinonimo di guerra, un problema che i nonviolenti da sempre pongono e che non può ridursi all’alternativa tra subire o fare la guerra.
“Dinnanzi al fallimento della politica e della negoziazione, che sfocia nella guerra, bisognerà pur rafforzare gli “anticorpi” a disposizione di ogni singola persona per prevenire le guerre e per non lasciarsene, comunque, catturare, una volta che sono scoppiate.
Se è considerato scontato che, una volta scoppiata la guerra, non resta che allinearsi ed arruolarsi (materialmente e culturalmente), bisognerà pur che qualcuno lavori per suscitare e consolidare scelte di “obiezione alla guerra”. Sono dunque tante le forme di azione che si possono scegliere per “cambiare la vita di fronte alla guerra”, nel senso di negarle ogni consenso e sostegno e nel senso di farle mancare – ognuno – almeno un pezzettino di apparente giustificazione.
sono convinto che oggi il “settore R&S” (ricerca e sviluppo) della nonviolenza debba fare grandi passi avanti e non fermarsi solo alle ormai tradizionali risorse della disobbedienza civile. E la spaventosa guerra in corso non deve farci fare tutti quanti un salto indietro, riammettendo la guerra tra i protagonisti della storia e tra gli strumenti – seppur estremi – della convivenza tra i popoli. Con il livello odierno di armamenti, di affollamento demografico del mondo e di precarietà ecologica del pianeta comunque non ci può più essere “guerra giusta”, se mai ve ne poteva esistere in passato”
Sabri Najafi
"Siamo andati a Cannes, dunque, a manifestare davanti ai capi di stato e di governo, per la Bosnia-Erzegovina. 'Basta con la neutralità tra aggrediti ed aggressori, apriamo le porte dell’Unione europea alla Bosnia, bisogna arrivare ad un punto di svolta!' Non eravamo tantissimi – qualche migliaio appena –, e dall’Italia prevalevano i pannelliani.
(...) Dopo la manifestazione in piazza, ci riceve Jacques Chirac in persona, una dozzina di noi vengono ammessi a riunirsi con lui e con il ministro degli esteri Hervé de la Charette, mezz’ora prima dell’inizio del vertice: al nostro appello risponde che sì, liberare Sarajevo dall’assedio è una priorità, ma che non esistono buoni e cattivi, e che non bisogna fare la guerra.
Ci guardiamo, la deputata verde belga Magda Aelvoet e io, entrambi pacifisti di vecchia data: che strano sentirsi praticamente tacciare di essere guerrafondai dal presidente neo-gollista che pochi giorni prima aveva annunciato la ripresa degli esperimenti nucleari francesi nel Pacifico”.
Oggi, trent’anni fa, partiva Alex Langer che inizia a diventare patrimonio più esteso e comune, che interroga sempre e tira fuori sempre uno scandalo in una società ossequiosa ed ipocrita.
Massimiliano Coccia
3 luglio 2025
Anche quest'anno ce lo fatta. Non è stato facile per niente anche se mi accompagnava mio figlio Daniele. Purtroppo non sempre le cose vanno come vorresti e al ritorno un sasso galeotto al centro della pista ciclabile mi ha spedito fragorosamente per terra. Oggi 8 ore di pronto soccorso, ma per fortuna niente di rotto.
Mi è cara quella chiesetta in cima a una salita, che da Vipiteno porta all’abitato di Telves, custode di un mondo che sa volgersi indietro, dietro la quale, in un ordinato cimitero riposa Alex Langer assieme ai suoi genitori da 30 anni.
Che lui lo sapesse o no, Alex è uno dei miei “maestri” di vita - che continuo ogni anno a ritrovare andando in quel piccolo cimitero in bicicletta, che si trova vicino al cielo, dove l’aria si fa densa di pensieri, di nostalgia e di tristezza, di rabbia e di passione. Sulla sua scelta di andarsene, inascoltato e deriso, da questo mondo, già allora, sconveniente e in continua putrefazione, sento un freddo vento stellare attraversarmi le ossa nel ricordarlo: «I pesi mi sono diventati davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti anche per questa dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi. “Venite a me, voi che siete stanchi ed oberati”. Anche nell'accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto».“
Sgomento, ricordo la mia rabbia e la mia paura di uomo fragile e umano di fronte alla morte, al mistero di quella scelta, mentre l’anima esce e se ne va. Parole vecchie, ma sempre attuali, che non rimuovono la potenza tragica ma allo stesso tempo evocativa, s’innalzano umili oltre i vani silenzi, come una ferita che stropiccia il cuore, diventano rami pieni di stelle.
Ricordo alla fine dell’esperienza di Lotta Continua, sul finire degli anni 70, il nostro primo incontro a Villorba, dove sono nato, i prati verdi, le case, tutto sonnecchiava nel piccolo paese al suo primo apparire.
Ricordo la mia folle necessità di capire...i suoi occhi, senza bugie, grandi come avventure, mi raccontavano di silenzi e paure... mi parlava della sua preoccupazione, degli uomini, della terra che si doveva salvare: “prossima è l’ora della mezzanotte del mondo/minata è la specie, minata/ la stessa creazione...la terra si fa sempre più orrenda/le speranze non hanno più voce….”
L’11 luglio sono anche i trent’anni dell’eccidio di Srebrenica. Alex non c’è arrivato a fermarlo nonostante i suoi continui e inascoltati appelli ai capi di stato europei. Rivedo la strada che mi porta a Sarajevo, la moltitudine di gente, la fuga sotto il tiro dei cecchini, la lunga agonia delle democrazie europee e il suo inascoltato e lancinante grido d’allarme: “A Sarajevo mi sono infranto/ Davanti al massacro/ Ho invocato l'uso della forza/Sono stato linciato/Come un guerrafondaio qualunque”….
Non sappiamo cosa direbbe oggi Alex delle maledette guerre in corso, (ho l’ombra gentile del suo sguardo incisa sul cuore), del folle riarmo europeo, di Trump e di Nethagnau, della Russia, dell’Ucraina; ma sopra tutto del genocidio di Gaza e di come si possa continuare a vivere vedendo ogni giorno corpi di bambini avvolti in sudari, bambini martoriati portati di corsa in braccio a un soccorritore, bambine mutilate e piangenti e atterrite, bambine schiacciate nella calca mentre tendono la loro gamella vuota e guardano disperate e incredule in una telecamera come se guardassero proprio voi, a casa vostra.
Alex è il chiaroscuro radicale del prosciugarsi della vita, ma anche del suo scorrere su di un piano più profondo; dello smarrimento delle possibilità di scandaglio, ma anche del raccoglimento più veridico; è il fioco di un crepuscolo che porta consiglio e dirada l’adrenalina tossica di questi giorni, per rimpiazzarla con quella corroborante e carica di disteso futuro prossimo; è quella immersione in particolari condizioni luministiche che induce all’abisso liberante e librante della preghiera come esperimento di estrema prossimità alla Via, alla Verità, alla Vita, ove sonno e veglia, volontà e potenza, desiderio e dovere sembrano sovrapporsi e quindi svincolarsi da ogni orizzonte fondato sulla separazione, l’inconciliabilità, la disumanità.
Antonio Marchi
4 luglio 2025
La Commissione ha proposto il taglio delle emissioni al 90% al 2040. Non la transizione dei nostri sogni, per quella dobbiamo leggere il solarpunk o Ursula Le Guin, ma un utile compromesso in una delle fasi più litigiose nella storia UE. È questo che fanno le democrazie, trovano un modo quando è più difficile.
Mentre in Italia il dibattito è di livello medievale (sui giornali di oggi: il caldo è di destra? Il caldo è come il Covid? Olè), l'Europa ci riporta alla realtà con una decisione dal potenziale enorme, abbinata al fatto che gli obiettivi 2030 li stiamo raggiungendo. Non la prospettiva ideale, ma una prospettiva credibile, e con la gente che muore nei cantieri per il caldo abbiamo più bisogno del credibile che dell'ideale.
Il 3% di crediti di carbonio è discutibile, e si può discutere, ricordando che da Baku le norme sono migliorate. I crediti sono la rucola nel piatto: fa schifo, lo rende più triste, non cambia il disegno generale. Lo smantellamento del Green Deal oggi è ancora il tentativo delle destre di lanciarsi in una profezia che si auto-avvera. Ci sono tanti problemi, deforestazione, greenwashing, politica agricola, ma sembrano vittorie tattiche dei lobbisti che devono giustificare le parcelle a cinque zeri ai CEO degli idrocarburi, che sospirano languidi guardando gli USA e Trump. Stanno perdendo, e lo sanno. Il punto è se ci porteranno giù con loro.
La disordinata democrazia europea sul clima sta reggendo. Reggerà ancora? Chi lo sa. Dipende dai movimenti, dalla società, dalla politica, da noi. Il cammino finora non aveva l'iceberg del riarmo sulla traiettoria.
Sono 30 anni dalla morte di Alex Langer, un momento buono come un altro per ripetere che disarmo ed ecologia sono la stessa lotta. Il tema in Europa non è più da tempo il taglio delle emissioni in sé, ma la redistribuzione dello sforzo e delle risorse, la protezione sociale, la nascita di un welfare climatico. Una società che taglia il 90% delle emissioni fa uno sforzo di proporzioni cinesi, senza la spregiudicatezza, il controllo sociale e la demografia della Cina. Mancano 15 anni al 2040. Troppo pochi per lasciare il clima a quelli che si chiedono se il caldo è di destra.
Ferdinando Cotugno
3 luglio 2025