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Paolo Bergamaschi: L'ESEMPIO DI HONG KONG PER I RAPPORTI CON LA CINA

18.5.2020, La Gazzetta di Mantova - Il Commento

Ho incontrato Martin Lee per la prima volta alla fine degli anni novanta al parlamento europeo. Hong Kong era da poco tornata sotto al controllo cinese e Martin era venuto a Bruxelles per mettere in guardia gli eurodeputati su quello che stava avvenendo nell'ex-colonia britannica. Martin Lee è considerato il padre della democrazia di Hong Kong. Per anni ha fatto parte del Consiglio Legislativo, l'assemblea parlamentare della città, e ha avuto un ruolo di primo piano nella stesura della "Legge Fondamentale", la carta costituzionale che nel 1990 ha sancito il principio dei "Due Sistemi in un unico Paese" in base al quale le autorità di Pechino si sono impegnate a rispettare l'autonomia politica, amministrativa e giuridica della penisola all'interno della Repubblica Popolare Cinese. L'ho incontrato, poi, altre volte, l'ultima a Strasburgo nel 2018, quando Hong Kong era già scossa dai fremiti di rivolta che hanno portato alla mobilitazione di massa che lo scorso anno, per molti mesi, ha paralizzato la città. La notizia del suo arresto in aprile mi ha scosso. Dai modi gentili, il tono mite e la tipica riservatezza orientale non mi aspettavo che alla veneranda età di ottantuno anni il leader democratico potesse ancora rappresentare una minaccia per un governo locale ormai completamente sottomesso al volere di Pechino. Tanto più che Martin è stato scavalcato da una generazione di studenti che invoca apertamente l'indipendenza contrariamente alla sua linea moderata che non mette in discussione la sovranità cinese. Il prossimo settembre, però, si terranno le elezioni del Consiglio Legislativo e per la prima volta le forze democratiche potrebbero ottenere la maggioranza, ipotesi vista con imbarazzo ed inquietudine dai vertici del Partito Comunista Cinese. Meglio intervenire subito in modo esemplare, è stato il messaggio univoco confezionato dalle autorità di Pechino nei confronti del movimento di protesta che a Hong Kong ha annunciato di voler ritornare in piazza una volta superata la crisi del covid-19

E' un dato di fatto che i regimi autoritari stanno sfruttando l'emergenza sanitaria globale per aumentare la repressione e strozzare le voci critiche. Per i despoti del pianeta la lotta ai focolai di virus va di pari passo con la lotta ai focolai di democrazia. E per i leader dei paesi occidentali non è il momento di occuparsi di diritti umani in casa altrui quando si è ancora in piena tempesta sanitaria e ci si prepara ad affrontare una spaventosa crisi economica dagli sviluppi incerti. Tanto più che la Cina con il suo immenso mercato può rappresentare un'importante opportunità lungo il cammino accidentato della ripresa. Si spiegano così gli spiacevoli infortuni in cui è incorsa l'Ue nelte ultime settimane. Dapprima un rapporto a fine aprile del Servizio Diplomatico Europeo sulla disinformazione in relazione alla pandemia edulcorato rispetto alla bozza originale dove comparivano critiche al comportamento delle autorità cinesi, quindi a inizio maggio la lettera aperta firmata dagli ambasciatori dell'Unione pubblicata dal "China Daily", il quotidiano controllato dal Partito Comunista Cinese, che invocava una cooperazione più stretta fra Europa e Cina, censurata nella parte che faceva riferimento all'origine cinese del virus con il colpevole assenso dell'inviato di Bruxelles a Pechino. La politica estera europea ha subito un duro colpo di immagine opportunamente rimarcato dalle critiche mosse dal parlamento europeo, in particolare dal tedesco Reinhard Bütikofer, responsabile, peraltro, delle relazioni con l'Assemblea del Popolo. Un nutrito gruppo di eurodeputati di vari gruppi politici e diversi paesi, inoltre, ha sottoscritto un appello a sostegno della partecipazione di Taiwan come osservatore alle riunioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, scatenando l'ira di Pechino che vede come il fumo negli occhi la presenza dell'isola ribelle nei consessi internazionali. E' stato grazie a Taiwan, però, se sono arrivate in Europa le prime notizie sull'epidemia di corona virus a Wuhan. E Taiwan sta fornendo un modello di straordinaria efficacia su come contrastare il virus che merita di essere condiviso con la comunità globale. Nei giorni scorsi ho risentito Martin Lee, nel frattempo rilasciato su cauzione, durante un "webinario" (si chiamano così i seminari online). "Pechino non ha rispettato le promesse; Hong Kong è l'esempio di cosa può succedere se non si impara a trattare con il Partito Comunista Cinese", sono state le sue parole premonitrici. Non si può non dargli ragione.

18/5/2020

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