Premio Internazionale Premio Internazionale Premio 2015 - Adopt, Srebrenica motivazioni Premio

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motivazioni Premio
premio 2017 - Angalià - Asgi premio 2018 - Istituto Arava
premi Langer 1997- 2011 (18) Premio 2004 (2) Premio 2005 (13) Premio 2006 (8) Premio 2007 (15) premio 2008 (18) premio 2008 -II (18) premio 2009 (36) premio 2010 (6) premio 2011 - haiti (36) premio 2012 - Tunisia (26) premio 2013 - Donatori di musica (15)

Premio 2015 ad ADOPT Srebrenica - Costruttori di ponti, saltatori di muri - Motivazioni

2.7.2015, Comitato scientifico

Adopt è il nome di un gruppo di giovani di Srebrenica, di diversa nazionalità ,che ha preso forma gradatamente a partire dal 2005, su impulso della Fondazione Alexander Langer e di Tuzlanska Amica, la Ong  fondata, insieme ad altre donne di Tuzla, dalla psichiatra originaria di Srebrenica Irfanka Pašagić, premiata quell'anno per l'assistenza offerta fin dall'inizio della guerra bosniaca alle donne e ai bambini vittime di violenze.
Rispetto alla fisionomia dei nostri premiati precedenti, Adopt fa in parte storia a sé. Molti di loro hanno agito sotto la spinta di un'urgenza -catastrofi naturali, guerre civili, emergenze sanitarie esplose in luoghi diversi del mondo. Condividevano lo spirito di Alex e grazie a questa affinità sono stati individuati, ma non ne avevano conoscenza diretta.
Adopt nasce invece "in casa", dal cuore della Fondazione, è figlia dell'esperienza di Alex, sceglie di misurarsi con la crisi endemica di una città dove la ricostruzione del tessuto sociale ed economico è ancora lontana, e tanti vivono divisi fra rabbia, diffidenza, rassegnazione.
Per contribuire a alleviare questa crisi, Adopt si muove su più livelli e con due finalità. La prima è parlare di Srebrenica. E' vero che il suo nome ricorre spesso come simbolo spendibile nei discorsi del "mai più", è vero che il Parlamento Europeo ha dichiarato l'11 luglio “Giornata della memoria del genocidio”; ma dopo le commemorazioni, la città ricade ogni volta in un isolamento e in una marginalità uniche persino in un paese come la Bosnia, che l’Europa ha inondato di denaro e abbandonato a se stesso. La seconda finalità è operare con Srebrenica, giacimento e groviglio di dolore che si ha paura anche solo di sfiorare, ma in cui bisogna inoltrarsi se si spera di fare da ponte fra memorie amaramente contrastanti.

Per saggezza e buona sorte, quella di Adopt non è stata una scelta "ingenua", frutto dell'impulso irresistibile a "fare qualcosa". E' un passo meditato, in cui è decisiva la fermezza con cui fin dagli esordi i promotori si sono posti come embrione di un gruppo misto, l'ambito che Alex, nel suo “Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica, definiva "il terreno più avanzato di sperimentazione". E' decisivo il legame con la Fondazione Langer e con Irfanka, che ha condiviso la sua conoscenza dei luoghi con gli attivisti, e li ha introdotti al primo contatto con la città. Ed è decisiva, in una terra devastata dalla ferocia degli esseri umani, la capacità di praticare una gestione nonviolenta dei conflitti.

A 10 anni di distanza, il bilancio è beneaugurante. Adopt ha creato un Centro di documentazione per la raccolta di materiali di ogni tipo, storie e immagini, libri, audio, video, e ha sollecitato le narrazioni orali delle persone presenti nelle fonti scritte e visive, così che si sappia cos'era la vita quotidiana di Srebrenica prima della guerra, e si instauri un legame con la storia e con il territorio. Per sostenere i rapporti con la diaspora ha organizzato corsi di lingue e avviato un servizio skype gratuito per i residenti di Srebrenica e per i parenti/amici lontani. Operare con Srebrenica ha significato sforzarsi di sostituire al rituale "mai più" la conoscenza micrologica e il documentato smascheramento dei meccanismi che hanno avvelenato le vite.
Dal 2007 Adopt organizza ogni estate la Settimana Internazionale della Memoria, con workshop, laboratori teatrali, conferenze, proiezioni, concerti, rivolte sia alla popolazione locale sia ai diretti partecipanti. Dopo questa esperienza, i corsisti del Master per Operatori di Pace e Mediatori internazionali, realizzato dalla Formazione Professionale di Bolzano e dall'Università di Bologna, hanno fatto di Srebrenica e della Bosnia Erzegovina un loro caso di studio.

Nelle Settimane della Memoria, parlare di Srebrenica e operare con Srebrenica fanno tutt'uno, come in un arco di altre attività: dalla promozione di viaggi di studio e conoscenza in Bosnia Erzegovina, alle partnership avviate con amministrazioni pubbliche, scuole, associazioni di volontariato, centri di ricerca locali e internazionali; dalla partecipazione alla Cerimonia di commemorazione e seppellimento delle vittime, al coinvolgimento di altre città in Bosnia-Erzegovina, Serbia e Croazia, reso possibile, anche, dalla stretta collaborazione con Tuzlanska Amica. Oggi Adopt può con pieno diritto candidarsi a interlocutrice locale e internazionale della rete di gruppi e associazioni che lavorano per la convivenza "interetnica".
Quella di Adopt è una presenza fondata non sulla promozione economica, anche se ha visto nascere una catena di preziose piccole azienda interetniche, ma su un lavoro di tessitura, aggiustamento, incremento delle relazioni, su una pratica di ascolto, sulla ricerca di un linguaggio che prefiguri un domani di pace. E' una presenza politica, se si dà a "politica" il suo senso originario di cura della casa comune. Ma è anche un'impresa difficile, faticosa, mai garantita una volta per tutte.

Come spiega una dei protagonisti, Adopt è infatti stata (ed è) non un progetto ma un processo: lento, delicato, profondo (il lentius, suavius profundius, coniato da Alex), che non si è mai lasciato incalzare dall'esterno in nome dell'efficienza o della visibilità- miseri criteri di fronte alla tragica serietà dei compiti. Perché fare memoria, documentazione, divulgazione, non può non portare con sé i lutti del passato e le sofferenze del presente, che entrambi incrociano il nodo dell'identità. E non c'è niente di più insidioso di questo fardello-risorsa-prigione in una società ancora inconciliata, dove il cosiddetto "fattore etnico" ha segmentato una popolazione prima identificabile solo per le diverse fedi religiose. Ora quel fattore segna le vite e si sovrappone ai conflitti interni a ciascuna comunità, a quelli fra generi, fra generazioni, fra identità individuale e collettiva.

I giovani, interlocutori privilegiati di Adopt, sono i più esposti alle richieste di fedeltà da parte di memorie in competizione fra loro -tradizioni vere e inventate, narrazioni familiari, interpretazioni del gruppo dei pari con il suo desiderio di aria nuova e il timore di essere considerati traditori dalla propria gente. Aperta per vocazione a narrative diverse, la stessa Adopt non è affatto immune da tensioni interne, da malintesi, dall'avvicendamento dei partecipanti che è tipico di situazioni come queste - un gruppo misto troppo idilliaco è probabilmente un gruppo colonizzato da una delle parti in causa. 

L' attuale buona salute di Adopt si deve certo alla consapevolezza che per fare da ponte fra realtà in conflitto servono molte cose- coraggio, onestà intellettuale, un po' del talento chiamato "mestiere sociale", fatto di rispetto verso l'altro e di una padronanza dell'imprevisto che aiuta a accogliere le asperità senza farsene distruggere. Ma prima ancora serve ricordare la più ovvia, la più lungimirante e spesso trascurata delle considerazioni: un ponte si regge su due sponde, e identificarsi con una soltanto è uno sbilanciamento esiziale, come lo è illudersi che il ponte esista ancora mentre è invece crollato. Tutti conosciamo Ong in varie realtà del mondo che si sono improvvidamente schierate con la parte a loro avviso più debole, tutti conosciamo altre Ong che non hanno compreso la differenza fra una guerra e un massacro di inermi. 

Adopt ha saputo evitare queste derive. "Penso che siamo ora un gruppo forte e unito", ha detto un ragazzo durante l'incontro di costituzione formale dell'associazione. E una ragazza: "la responsabilità dobbiamo iniziare a prendercela noi". "Noi" del gruppo, con la speranza che diventi "noi di Srebrenica", "noi della Bosnia".
Il Presidente del Comitato scientifico: Fabio Levi
Il Presidente della Fondazione: Edi Rabini

9.000 € dei 10.000 di cui è dotato il Premio, sono offerte dalla Fondazione Cassa di Risparmio-Südtiroler Sparkasse di Bolzano/Bozen

Il Comitato scientifico e di Garanzia della Fondazione è composto da:
Fabio Levi (Presidente), Bettina Foa (Coordinatrice), Anna Bravo (Relatrice), Anna Maria Gentili, Andrea Lollini, Christoph Baker, Grazia Barbiero, Francesco Palermo, Gianni Tamino, Karin Abram, Mao Valpiana, Margit Pieber, Maria Bacchi, Marianella Sclavi, Marijana Grandits, Massimo Luciani, Paolo Bergamaschi, Pinuccia Montanari, Roberto De Bernardis.

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