Luca Barbieri blogg: Laura, chiamiamole vacanze
Pensate a un pullman che parte da Bolzano all'alba carico di clown. Fa tappa a Venezia per imbarcare dieci tra ragazze e ragazzi, passa per Trieste - e qui è il turno dei musicisti - e poi imbocca la strada che milioni di italiani percorrono ogni estate per le loro vacanze in Istria e Dalmazia.
Solo che il pullman - a uno sguardo distratto potrebbe assomigliare al tipico torpedone vacanze (condito di musica balcanica) - a un certo punto devia e si dirige verso il cuore della Bosnia.
Laura, mestrina con nonna slovena, ha 27 anni. Ha studiato Politica internazionale e diplomazia a Padova, lavora alla Biennale, fa parte della carovana. Ha approfittato dell'invito dell'ufficio Pace del Comune di Venezia e dell'organizzazione della fondazione Alex Langer di Bolzano. Una compagnia eterogenera: alcuni sono qui per seguire i workshop del master organizzato dalla fondazione, alcuni per portare sorrisi e allegria (i clown), altri con la "perversione" per i diritti umani (è il caso di Laura, I suppose) per dare un occhio a quest'angolo di mondo così vicino a casa nostra. E' il 31 luglio. E il viaggio, che durerà fino all'8 agosto, inizia da Tuzla.
Si va a flash. Anzi a cazzotti.
Tuzla
"Subito uno dei momenti più toccanti". E' il 25 maggio 1995, la guerra è formalmente finita. Ma non per tutti. "Una granata esplode tra 71 giovani della città. E' stata lanciata dalle colline vicine, pare dalle milizie cetniche di Karadzic e Mladic. Una strage. La guida che ci accompagna, una ragazza come noi, si mette a piangere rievocando quei giorni. Era una ragazza, quelli erano i suoi amici. Ora la strage viene ricordata da un memoriale: cattolici, musulmani, ortodossi. Tutte le tombe sono uguali (come le bombe), solo i nomi, nessun simbolo religioso a distinguere. Loro sono semplicemente i ragazzi di Tuzla".
Sarajevo
Mentre una parte della comitiva frequenta workshop, i clown si allenano nei parchi cittadini. Laura che legge su una panchina, i ragazzi che si avvicinano, due chiacchiere, si attacca subito. "Abbiamo organizzato uno spettacolo al Kino Bosna, un ex teatro trasformato in centro sociale. Le poltroncine vengono dall'Italia, le hanno portate dopo la guerra un gruppo di volontari. Feste, balli fino a tarda notte. A un certo punto ci siamo contati, eravamo di 12 nazionalità diverse". Il sogno della Sarajevo aperta e cosmopolita che rinasce.