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Bijan Zarmandili: tutti gli uomini del khomeinismoI

15.6.2009, Repubblica - 15.6.2009
Siamo rimasti lei e io, insieme a pochi vecchi amici. Attendo dalla vostra eminenza la soluzione delle odierne difficoltà, la rimozione dei pericolosi complotti in corsoe il tentativo per spegnere quel terribile incendio che già ha sparso il suo fumo nello spazio di questo paese". Sono le ultime frasi di una drammatica lettera inviata sabato da Aliakbar Hashemi Rafsanjani alla guida della rivoluzione iraniana, l' Ayatollah Ali Khamenei. LA VECCHIA eminenza grigia del regime fa appello ai sentimenti, all' antica militanza comune, alla comune appartenenza alla aristocrazia del clero sciita, per denunciare - ma anche per prevenire - i «complotti» e l' incendio della Repubblica islamica: ciò che puntualmente si sta verificando nel paese in seguito alla vittoria elettorale di Mahmud Ahmadinejad. Ma quelle accorate parole scritte da Rafsanjani a Ali Khamenei rivelano anche la profonda frattura in seno del regime e la forte contrapposizione che scuote le diverse anime dell' odierno khomeinismo. Chi sono i nuovi protagonisti dell' Iran post-elettorale? Quale è lo stato di salute della Repubblica islamica e quale potrà essere il percorso che attende il Paese? La capacità di mobilitazione della base elettorale che Ahmadinejad ha dimostrato di poter mettere in atto nel corso di queste elezioni ha spaventato, non solo la società civile, gli intellettuali, la borghesia e le parti illuminate del Paese, ma ha creato panico soprattutto nella vecchia guardia della Repubblica islamica sia quella riformista che quella tradizionalista e conservatrice. La teocrazia al potere sa che ci sono state manipolazioni del voto a favore di Ahmadinejad, ma conosce anche la capillare attività di quel partito invisibile e virtuale che da un anno ha fatto ogni sforzo per garantire al presidente uscente il suo secondo mandato. Quel partito invisibile, noto in Iran come "Partito Padegani", ha mobilitato centinaia di migliaia, forse alcuni milioni, dei suoi attivisti, militanti e simpatizzanti tra le fila dei volontari Basiji e tra i Pasdaran per creare con mezzi leciti e illeciti una ampia base elettorale per la rielezione di Ahmadinejad. A tenere la situazione sotto controllo e a proporre nuovi piani politici, rinnovate strategie saranno proprio i vertici di Basiji e i Pasdaran. Sono infatti il generale Mohammad Ali Jafari (capo dei Pasdaran), Hojattol-islam Taeb (alla testa dei Basiji), oppure Atatollah Mesbah Yazdi (principale mentore di Ahmadinejad) gli uomini forti del regime su cui conta il presidente. Jafari ricorda ad ogni occasione che «i Pasdaran hanno il dovere di appoggiare tutte le iniziative rivoluzionarie», Taeb vanta di comandare 13 milioni e 639 mila nuovi Basiji e Yazdi è la guida spirituale delle numerose corporazioni che i Basiji hanno creato in seno a quasi tutte le categorie professionali e sociali ed è l' anima della antica setta politico-religiosa degli Hojjatieh e degli Hezbollah iraniani che agiscono come avanguardia della nuova destra religiosa. Buona parte di questi uomini non hanno particolare simpatia per Velayat-e - Faghih, per il governo del sommo ayatollah. Ecco il sintomo di una possibile frattura tra i vincitori e la guida della rivoluzione. Ali Khamenei non ha il carisma dell' ayatollah Khomeini, ma ha imparato a mediare tra forze contrapposte, anche se questa volta la sua autorità potrà essere messa a dura prova. L' ascesa di Ahmadinejad e dei militaristi ha però determinato anche la divisione dei conservatori almeno in tre tronconi. Gli uomini di Ahmadinejad si scontrano con i tecnocrati e burocrati di alto livello educati nella scuola alla conservatori e con alcuni uomini fidati e assai vicini all' ayatollah Khamenei, quali l' ex mediatore per la questione nucleare Ali Ardeshir Larijani, l' ex ministro degli Esteri e consigliere diplomatico di Khamenei, Ali Akbar Velayati, lo stesso sindaco di Teheran Mohammad Bagher Qalibaf e l' ex comandante dei Pasdaran Mohsen Rezai. Infine c' è l' ultimo esponente della vecchia guardia, il pragmatico Rafsanjani, il conservatore centrista e fautore del ritorno di Mir Hussein Moussavi sulla scena politica. I vinti sarebbero, quindi, soprattutto le ultime due fazioni dei conservatori, Velayati, Larijani, Qalibaf, Rezai e principalmente Rafsanjani. Questo ultimo divide la sconfitta con Moussavi e con l' insieme dell' ala riformista del regime che sin dai tempi dell' ex presidente Mohammad Khatami non è riuscita a proporre al paese una strategia politica in grado di reggere all' offensiva degli ultraconservatori e dei militaristi. Gli otto anni della presidenza di Khatami hanno mutato in profondità la società iraniana, la stessa classe politica del pae se, ma non sono stati sufficienti per cambiare il regime e rendere più democratiche le sue istituzioni. La comparsa di Moussavi ha acceso di nuovo le speranze di cambiamento, ma ancora una volta il riformismo, pur mitigato e reso più politico dal pragmatismo di Rafsanjani, non ha retto l' urto della nuova destra. E questo è anche il dramma con cui deve fare i conti lo straordinario movimento dei giovani e delle donne che in queste ore nelle piazze iraniane si batte per la democrazia, pretendendo un capo, un leader, un progetto politico. - BIJAN ZARMANDILI
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