Sono 25 anni che manca Alexander Langer, quindici che leggo i suoi scritti. Mi ha insegnato a saltare fuori dal Sudtirolo, a guardare non solo verso nord e ovest, ma a sud e a est. Con lui ho scoperto l'ambientalismo e la delicata costruzione della pace. Ho capito che urlare non è l'arma politica più persuasiva e vincente, ma non lo sono nemmeno i toni troppo compassati: la creatività nei metodi, la radicalità nelle idee, la ricerca di un dialogo, possono cambiare il mondo (ebbene sì, è possibile). Infine, ho imparato una cosa per me di vitale importanza: dare rappresentanza politica - cioè una voce e una sponda nelle istituzioni finché ci troveremo in questo sistema - alle istanze dei movimenti ambientalisti, femministi, anti-razzisti, per i diritti umani. Senza sostituirli, ma affiancandosi e integrandosi in una lotta comune dove ogni parte è necessaria. Mi viene da legare idealmente Langer all'attivista e politica brasiliana Marielle Franco, uccisa dai vertici dello stato che cercò di cambiare proprio entrando a far parte delle sue istituzioni, per restituirle alle emarginate e agli oppressi della sua città e del suo paese. Per me la politica ha questa missione: sottrarre spazio al cinismo e al fatalismo, agli assetati di potere, agli interessi che tolgono respiro al pianeta su cui viviamo - e perciò a tutt* noi.

Serve coraggio, e a volte ci (e mi) manca, lo so. Ma non siamo soli, in tante e tanti abbiamo raccolto il testimone. Diamoci coraggio, allora, non lasciamo che tutto vada "come deve andare": può andare diversamente, se solo sapremo farci avanti. Facciamolo. È il modo migliore di ricordare Alex. E pure Marielle.

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