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Francesco Clementi: Langer, la lezione di Milano

16.12.2018, editoriale Corriere Alto Adige

Che sia per la tappa altoatesina della grande prosa nazionale, o per la recita scolastica dei nostri figli, in questi giorni prenatalizi a molti bolzanini capita di entrare in uno dei teatri del capoluogo. Rispetto ad altre città simili alla nostra, abbiamo strutture invidiabili. Per citare le più importanti, il Teatro comunale di piazza Verdi, l’Auditorium di via Dante, l’altro comunale di piazza Gries. Giusto l’altra sera, davanti all’insegna di quest’ultimo teatro, Lucia (una lettrice) mi faceva notare un aspetto di cui mi ero completamente scordato: “Ma tu guarda, abbiamo tre teatri uno più bello dell’altro e nessuno di questi ha un’intitolazione”. La vicenda è nota: il principale teatro della città (a differenza del vecchio Civico di piazza Stazione, sulle cui ceneri è rinato) non può portare il nome di Giuseppe Verdi perché “troppo italiano”. Per una sorta di rappresaglia, nemmeno l’Auditorium può fregiarsi ufficialmente del nome del compositore austriaco Franz Josef Haydn. Non proprio il massimo, in una città che ambiva a diventare capitale europea della cultura. E così, nell’anno di grazia 2018, gli unici nomi digeribili sono quelli “neutrali” come Cristallo. Ma non è solo un affare di teatri. Un paio di giorni fa la città di Milano ha deciso di intitolare un ponte sulla Darsena al politico e pacifista bolzanino Alexander Langer. A dire il vero anche qui ci sarebbe una passerella che porta il suo nome: quella di legno, pedonale e coperta, che passa sopra l’Isarco a pochi metri da ponte Roma. Ma l’intitolazione ufficiale, a 40 anni dall’ingresso in consiglio provinciale di Alex e a 23 dalla scomparsa, ancora non c’è: la sua radicale critica della proporzionale etnica e delle “piccole patrie” evidentemente è ancora indigesta. “A forza di usare comunemente l’espressione “ponte Langer”, l’ufficializzazione maturerà in modo naturale” assicurava tempo fa l’ex sindaco Luigi Spagnolli. Sarà, ma intanto il mondo della scuola ha sorpassato quello della politica dedicando all’europarlamentare la scuola di Firmian. Come si sente dire dagli psicologi, “nominare” le cose è il primo passo per affrontare i problemi. E alle porte ci sono altre questioni delicate che riguardano i nomi, come la legge sulla toponomastica: nel recente passato le più illuminate idee elaborate dai giuristi per chiudere una volta per tutte la pratica si erano infrante (non solo, ma anche) sugli elenchi con i nomi da “sbianchettare” in allegato. Effettivamente, un passaggio imbarazzante nell’epoca in cui “aggiungere” è generalmente preferibile a “togliere”.

Per fortuna non mancano motivi di speranza: il sindaco Renzo Caramaschi, per esempio, ha dato un bel segnale sull’importanza di coltivare la memoria dei nomi con la Collina dei Giusti a Firmian. Figure come Franz Thaler e Josef Mayr Musser, a lungo percepite quasi come disertori, sono entrate a pieno diritto nel pantheon altoatesino per la loro opposizione al totalitarismo. In attesa che gli ultimi tabù cadano, piace pensare che, da qualche parte, Langer stia parlando di sogni europei con un ragazzo volato lassù troppo presto: Antonio Megalizzi, uno di quelli che, parafrasando Franz Thaler, non dovremo “dimenticare mai”.

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