Alexander Langer Alexander Langer Racconti e ricordi

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Giuseppe Pannacci: le Utopie concrete, il "dono" di Langer a Città di Castello

8.2.2006, Archivio Pannacci
Ho conosciuto Alex Langer nel 1987 quando ero sindaco di Città di Castello e guidavo una giunta monocolore PCI che portò alle elezioni anticipate e alla formazione di una giunta PCI-DC nata per ragioni, e in tempi, di “questione morale” con respiro da “questione politica della democrazia italiana.”
Già agli inizi degli anni ’80, con una giunta PSI-PCI - sulla spinta della storica intervista di Berlinguer a “Repubblica” - avevamo affrontato il tema con una ”Assise della Democrazia”: una vera e propria autoanalisi di massa alla quale si sottopose l’amministrazione locale e dalla quale uscirono nuovi istituti di democrazia volti a favorire la partecipazione consapevole, il controllo popolare, la trasparenza, la qualità e l’equità del potere locale.
Ancora prima, negli anni ’70, le istituzioni e le forze politico-culturali tifernati si erano impegnate, in prima fila, nella lotta contro i manicomi e nella riforma dei servizi psichiatrici della Provincia di Perugia.
Per dire, insomma, di una propensione al cambiamento e alle culture alternative che era nel DNA dei cittadini e delle classi dirigenti tifernati che si confermò anche quando, a metà degli anni ’80, i comuni italiani e i sindaci, pervasi dal sacro furore contro le buste di plastica, emettevano ordinanze per vietarne l’uso, senza, peraltro, poter dare risposte alternative (la legge 475 sulla raccolta differenziata sarà del novembre ’88).
In quella circostanza il nostro problema fu, non a caso, quello di ricercare un approccio alla questione ambientale capace di cambiare concretamente la cultura e l’agire politico-amministrativo del Comune.
Rifiutammo allora di metterci l’anima in pace limitandoci a compiere atti formali, tanto clamorosi quanto inconsistenti, pensando di dover invece operare sul piano concreto della salvaguardia dell’ambiente, senza sottovalutare comunque il valore simbolico delle ordinanze sindacali; queste evidenziavano le drammatiche contraddizioni che i Comuni vivevano da impotenti, chiamati soltanto ad intervenire a valle per contenere i danni senza riuscire a prevenirli.
Privi di una cultura ambientalista, i Comuni erano disarmati e non in grado di affrontare, alla loro scala, le contraddizioni tra l’ambiente e lo sviluppo, tra le attività produttive e la natura, tra l’ecosistema naturale e quello artificiale, tra i comportamenti individuali e collettivi di spreco, di “usa e getta”, d’uso esasperato del mezzo di trasporto privato.
Fu quindi l’esigenza di affrontare (non a parole) queste contraddizioni che ci portò a ricercare l’incontro con la cultura ambientalista: una cultura capace di criticità verso il modo di produrre e di consumare esistenti, capace di collegare la cultura della denuncia a quella, più complessa e difficile, della proposta.
Sino ad allora Città di Castello aveva affrontato il problema dell’ambiente con un approccio empirico che aveva riguardato:
- la chiusura del centro storico al traffico automobilistico, dopo lo svolgimento di un referendum consultivo;
- l’istituzione, come alternativa, del servizio pubblico di trasporto urbano;
- la costruzione di parcheggi fuori le mura con sistema meccanizzato di accesso al centro storico;
- la creazione del parco dell’Ansa del Tevere e del laghetto dei cigni di Rignaldello;
- l’installazione del depuratore; ecc.

Tutte risposte che non ricomprendevano compiutamente quelle esigenze più complesse. Coinvolgemmo così Saverio Tutino – scrittore, saggista e frequentatore assiduo dell’Alto Tevere umbro-toscano, inventore della Città del Diario a Pieve Santo Stefano - perché ci mettesse in contatto con i leader del movimento ambientalista.
Tutino c’indicò Alex Langer, che sapevo essere un leader verde (grünen) altoatesino di lingua tedesca; un leader di tipo nuovo, un leader che voleva fare, per stare alla distinzione che Jean Monnet opera “tra coloro che vogliono FARE QUALCOSA e coloro che vogliono ESSERE QUALCUNO”.

Io e l’assessore all’ambiente, Alessandro Bracchini, incontrammo per la prima volta Langer - venuto all’appuntamento fissatoci da Tutino assieme ad Adriano Sofri - e discutemmo, seduti su una panchina del giardino di “piazza di sotto”, su cosa Alex proponeva di fare di concreto e di diverso dalle “giaculatorie verdi”, per affrontare, alla nostra scala, soprattutto nell’agire concreto delle istituzioni, il grande problema dell’ecologia.
Noi, come Comune, ci dichiarammo disposti a fare di Città di Castello una città laboratorio dove il movimento ambientalista, italiano ed europeo, sperimentasse, sul piano politico-culturale ma anche, soprattutto, sul piano dei comportamenti e dell’agire concreto delle istituzioni, le proprie idee sulle questioni dell’ambiente.
Ci impegnammo così a sostenere interamente – sia dal punto di vista finanziario che organizzativo - quanto Langer intendeva proporci, senza porre condizioni particolari al movimento ambientalista che avrebbe dovuto, autonomamente, programmare e realizzare le iniziative.
Le uniche condizioni che ponemmo furono:
a) che l’iniziativa non si limitasse ai convegni e alle conferenze ma che fosse anche una rassegna annuale delle piccole e grandi soluzioni in favore dell’ambiente;
b) che partecipassero, per confrontarsi, mondi che solitamente non comunicano tra loro e che si demonizzano a vicenda: il mondo dell’ambientalismo, il mondo delle istituzioni, quello della produzione e quello dei saperi.
Secondo noi questo confronto corale avrebbe portato ad un livello superiore le contraddizioni tra questi mondi e reso permeabili le loro diverse ragioni, i loro diversi punti di vista.
Queste condizioni per Langer furono sinfonia, essendo lui un uomo di ascolto. Per il resto la Fiera si sarebbe informata al suo pensare ed agire secondo il principio “PENSARE IN GRANDE PER REALIZZARE IN PICCOLO”, con l’obiettivo della “CONVERSIONE ECOLOGICA”.
Langer credette alla nostra sincera volontà di volerci immergere nel variegato mondo ambientalista e di voler aprire le porte delle istituzioni alla cultura alternativa verde perché ci orientasse nell’agire amministrativo. Capì che per noi non si trattava di seguire una moda e tanto meno dell’esigenza di “tingere di verde” la giunta comunale per fare una “operazione cromatica”, come sosteneva in un manifesto ( per motivi di lotta politica locale) Democrazia Proletaria, all’epoca all’opposizione della giunta Pci-Dc costituitasi sulla “questione morale.” (1)
Quando Langer, pochi giorni dopo il nostro incontro, ci inviò il suo progetto, fummo affascinati dalla fervida fantasia, dall’essenzialità e concretezza, dall’assenza della retorica verde, dall’originalità dell’iniziativa, anche nella sua antinomia, “Fiera delle Utopie Concrete”.
Nel suo progetto Langer -dopo averlo contestualizzato alle problematiche ambientali del momento- propose una “FIERA DI PROGETTI” per “promuovere la conversione ecologica: con iniziative permanenti e periodiche”. Propose, inoltre, un primo lungo elenco di personalità da invitare che “rappresentino insieme capacità e conoscenza, progettazione, realizzazione internazionale, prestigio, ecc.” per far parte di un comitato consultivo della fiera, di carattere europeo.
Scriveva Langer: “Un comitato consultivo europeo che rappresenti insieme una capacità di conoscenza, progettazione, realizzazione internazionale, prestigio ecc. […] Persone concrete, non troppo accademiche, non per ragioni di rappresentanza, con una notorietà non talmente olimpica da esser ormai al di sopra del bene e del male, con un concreto sapere ed esperienza, capaci di lavorare insieme…”
Segnalò così, oltre agli italiani Realacci, Zampariolo, Martirani, Damiani, Capecchi, Perna, Binel, ecc. “Karl Ludwig Schibel (docente universitario di Francoforte), Gunter Nenning (giornalista austriaco, esponente di punta dei movimenti ecologisti, ex consigliere di Krieiski), Peter Bunyard (direttore della rivista “The Ecologist”, Gran Bretagna), Wolfgang Sachs (tedesco, già direttore rivista “Development” della Società Internazione Development), Paul Brau (austriaco, fisico, presidente ECOROPA), Ignacy Sachs (sociologo del “nuovo lavoro”, Francia), Willy Bierter (svizzero, esperto di economia a dimensione regionale, conversione), Hubert Pozarnik (professore universitario a Lubiana, molto attento ai movimenti ecologisti dell’est e dell’ovest), Hans Glauber (Dobbiaco / Francoforte, animatore delle attuali “Settimane di Dobbiaco” su problemi analoghi), un esponente di Netzwerk Selbsthilfe (la più grande rete di progetti ecologici ed autogestiti esistente in Germania occidentale), un esponente di “AAM - Terra Nuova” (Agricoltura, Alimentazione, Medicina, rivista ed associazione di simili progetti in Italia)”. Infine segnala se stesso: Alexander Langer.

Della nostra adesione entusiasta alla proposta di Langer se ne hanno vari riscontri. Un ampio servizio dal titolo “Essere fratello dell’acqua” di Valeska von Roques, sulla rivista tedesca “Der Spiegel” del 17 ottobre 1988 in cui si può leggere: «Il nuovo impegno italiano per l’ambiente sta percorrendo in questi giorni interessanti itinerari […] da Città di Castello, una cittadina di 40.000 anime, in cui sta svolgendosi una “Fiera delle utopie concrete”, il tema: “l’acqua come cloaca, risorsa, meraviglia”. L’avvenimento è stato allestito da insoliti compagni di viaggio. L’idea è nata dalla mente del vivacissimo verde sudtirolese Alexander Langer che è riuscito ad entusiasmare al progetto il sindaco di Città di Castello, Giuseppe Pannacci, 63 anni comunista, appartenente, quindi, ad un partito che non apprezza in modo particolare né i verdi né l’ambientalismo.” (2)
La Rivista Airone sottolinea come il logo della Fiera composto dei quattro simboli dell’aria, acqua, terra e fuoco, dal cui intreccio trae origine il cosmo, sia “anche il simbolo della più provocatoria delle iniziative ambientaliste del 1988: la Fiera delle Utopie Concrete, ospitata a Città di Castello. L’utopia è la conversione ecologica.”
La prima fiera - quella su “L’acqua come cloaca, risorsa, meraviglia”- si svolse nel complesso ristrutturato dell’ex manicomio (Centro Le Grazie), assumendo, tra l’altro, un forte contenuto simbolico in quanto testimonianza del successo della nuova psichiatria che aveva liberato uomini e donne dalle istituzioni violente e recuperato spazi e strutture alla vita di uomini liberi. Scrive il citato “Der Spiegel”: “[…] così ora il “Centro” offre un luogo appropriato per ciò che di nuovo deve essere pensato”.
Pur essendo stata una fiera che offriva qualcosa di “concreto” e molto di “utopico”, questa si collocava sul filone del pensiero ambientalista di Langer, che nel 1994 sistematizzò nel suo libro “La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile”.
Nella sezione della “concretezza” alla fiera si esposero , tra le tante piccole e grandi soluzioni riguardanti l’acqua, lavatrici ad energia solare e a limitato consumo d’acqua, soluzioni per apportare ossigeno ai depuratori, prodotti biologici in genere, ecc.
Dalla Germania i grünen portarono il “camion verde” che suscitò grande interesse per le soluzioni concrete che proponeva: collettori solari per fornire acqua calda, modulo solare a comando automatico, un impianto aereoelettrico, un impianto per l’uso dell’acqua piovana, toilette e casalinghi ecologici, ecc..
Per Città di Castello fu presente il tifernate Ing. Cefis che espose una pompa azionata da cellule solari in grado di portare in superficie l’acqua dalla profondità di 150 metri (alcuni esemplari erano già in funzione in Africa).glasnostNella sezione “utopie”, dominava, tra le tante altre prestigiose presenze, quella del guru dell’ecologia Ivan Illich che da Guernavaca in Messico venne, tra l’altro, a presentare alla Fiera il suo libro “H2O- le acque dell’oblìo.”
Illich intervistato disse: “Da questa Fiera, qui a Città di Castello, ho appreso che non bisogna mai parlare dell’Utopia, ma delle Utopie; quindi che non si tratta
di parlare dell’acqua in senso chimico, che è una cosa morta, ma delle acque (del Tevere per l’appunto).
Le acque sono quelle che vanno difese come le tante utopie esistenti nel mondo e che bisogna recuperare”.
Ivan Illich trovò la Fiera “stimolante per il pensiero, come sapore d’acqua viva alla ricerca di quei sensi interni sui quali si può costruire”.
Dall’oriente sovietico vennero quattro scienziati, membri del comitato
sovietico “Ecologia e pace”, con l’utopia concreta della perestroika e della glasnost ecologica .(3)
Nella seconda edizione del 1989 la fiera- dedicata alla “Terra”- affrontò la scottante questione della coltivazione del tabacco, che a Città di Castello e in Umbria rappresentava – e ancora rappresenta, sia pure in fase terminale- “l’oro verde” per l’economia e il benessere delle popolazioni dell’Alto Tevere, mentre per l’ambiente era, ed è, fattore di grave inquinamento, per la necessità di impiegare sempre più concimi e pesticidi, con notevoli danni, oltre che per la terra, anche per la salute della popolazione.
Affrontare il problema del tabacco significava affrontare concretamente la contraddizione della compatibilità dello sviluppo con l’ambiente; veniva cioè toccato il nervo scoperto della questione ambientale di Città di Castello e dell’Alto Tevere (4) .
Si dava così attuazione ad una delle due condizioni poste
dal Comune agli organizzatori della Fiera: quella di realizzare il confronto tra gli ambientalisti e i produttori (quest’ultimi considerati gli “untori” di manzoniana memoria) rappresentando le diverse ragioni e i diversi modi di rapportarsi con l’ambiente. L’incontro venne preparato dal Prof. Schibel, per gli ambientalisti e, per i tabacchicoltori, dal direttore della Fattoria Autonoma Tabacchi di Città di Castello, Dott. Donadoni.
Per la prima volta in Umbria (e forse rara volta in Italia) le due parti in causa si affrontarono - coordinate dall’assessore comunale Marco Conti- con l’ausilio di scienziati: per i tabacchicoltori, l’americano William Collis, studioso del settore e insegnante all’Università della Carolina del nord, grande produttrice di tabacco insieme alla Virginia (chiamato dalla Fattoria Autonoma Tabacchi); per gli ambientalisti, l’olandese Boudevijn van Elzakker, consulente per progetti di agricoltura organica nell’Europa dell’est e in vari paesi tropicali.
I rispettivi “fondamentalismi” non ebbero diritto di cittadinanza e, per un giorno intero, si discusse concretamente su come procedere, gradualmente, alla conversione ecologica del settore del tabacco. Ne sortirono delle prime indicazioni concrete e una reciproca conoscenza delle diverse ragioni e della complessità del problema, derivante, soprattutto, dalle implicazioni economico-sociali che poneva questa conversione ecologica.
Su questo filone della coerenza tra i postulati della Fiera e l’agire delle istituzioni e delle forze produttive locali, Langer, con leggerezza ma anche con forte determinazione, richiamò spesso noi amministratori alla responsabilità di comportamenti coerenti, a dimostrare con i fatti come sia possibile “pensare in grande e realizzare in piccolo”.
Ci chiedeva di presentarci, come Comune, ogni anno con precisi progetti esecutivi di “conversione ecologica”.
Era una richiesta giusta, in quanto Città di Castello, sede della Fiera, doveva
compiere passi “concreti” sulla strada “utopica” della conversione ecologica e dimostrare che, nel potere locale e nella società civile, si stava avviando una rivoluzione “copernicana” che collocava al centro del sistema il rispetto e la promozione dell’ambiente.
Le iniziative intraprese dalla giunta comunale interessarono questioni di importanza strategica per la conversione ecologica della città e del territorio.

Venne perciò istituito il LABORATORIO AMBIENTALE (a dirigerlo fu incaricato il Prof. Karl Ludwig Schibel) a disposizione degli enti locali del Comprensorio dell’Alto Tevere, per tutti i problemi riguardanti l’ambiente.
Il laboratorio avrebbe dovuto attivare, tra l’altro, il CONSUMATORE COLLETTIVO - attraverso l’organizzazione della domanda del settore pubblico - per incentivare consumi e produzioni ecologicamente compatibili.

Contemporaneamente fu redatto, da un’èquipe pluridisciplinare, un Piano Particolareggiato Esecutivo del quartiere Riosecco, a forte contenuto ecologico. Il quartiere di Riosecco avrebbe dovuto svolgere una funzione di esemplificazione per la riorganizzazione ecologica della città costruita e poi delle frazioni.
Il progetto prevedeva, tra l’altro, soluzioni per il risparmio dell’acqua, dell’energia elettrica con l’uso parziale dei pannelli solari nelle abitazioni (era prevista anche una torre solare per l’illuminazione pubblica), un sistema di riscaldamento centralizzato di quartiere, il cablaggio del quartiere, un piccolo lago nella cavità della fornace dismessa, ecc.

Per la mobilità fu previsto, in alternativa all’uso del mezzo di trasporto individuale, un centro di interscambio (ferrovia, auto, trasporto urbano) e – utilizzando la ferrovia - una metropolitana di superficie per collegare, con molte corse interurbane, le popolose frazioni e i quartieri di periferia della città dai quali arrivava un flusso molto consistente di auto.

Purtroppo gli avvenimenti politici locali operarono una profonda cesura con i progetti e le acquisizioni culturali, politiche e amministrative, anche quelle più direttamente indotte dalla Fiera.
Si può affermare - ragionando con il distacco “storico” (tra virgolette), dovuto a più di tre lustri di distanza – che la cultura di riferimento del Comune non è stata più quella “langeriana” del “pensare in grande per realizzare in piccolo” né quella della “qualità”, ma quella della “quantità” che non induce a stili di vita alternativi. Non ha quindi avuto seguito, come “progetto della mobilità”, il centro di interscambio con la metropolitana di superficie, utilizzando i tempi morti della ferrovia; così come la ristrutturazione ecologica della città a partire dal previsto quartiere ecologico di Riosecco.
Purtroppo Città di Castello non ha saputo confermarsi come una città “ad alta intensità di conoscenze” a valere anche -per quanto riguarda l’ambiente- sulle relazioni che Langer tesseva in tutti i continenti, con gli uomini e le donne semplici ma anche della cultura, della scienza, della politica e delle istituzioni che lo vivevano come “portatore di speranza”,“costruttore di ponti” e che lo caricavano di “troppe attese” (5)
Langer chiamava gli amministratori tifernati a Brema e a Graz sul problema degli indiani e della foresta Amazzonica; ad Eppan, in Alto Adige, per la campagna elettorale della lista interetnica; portava la Fiera tifernate a Francoforte per la “Deuscher Umwelttag” nel 1992; invitava alla Fiera, tra gli altri, il gruppo dei verdi del parlamento europeo: Janos Varga del Circolo del Danubio, per la contestata diga; Rudolf Bahro, filosofo dissidente della RDT; Elena Jilina, del Comitato Ecologia e Pace dell’Unione Sovietica; Ivan Illich dal Messico.
Nel 1993 si concluse il primo ciclo della Fiera sui quattro elementi acqua, terra, fuoco e aria e su “i sensi per la conversione ecologica e la convivenza”.
Negli anni successivi Alex Langer venne interamente assorbito dalla tremenda guerra etnica jugoslava, in particolare da Tuzla città non etnica, dove si impegnò interamente e appasionatamente. (6)
Dopo la sua morte, nel 1997, si aprì un ciclo diverso, anche se si trattava di variazioni sul tema.
Ci si spostò così interamente sul piano di un’operazione culturale (forse un po’ troppo sofisticata ed elitaria) che mantenne “l’Utopia” della conversione ecologica (culturale), ma fece venir meno la “Concretezza” del riferimento al territorio, cioè, del pensare in grande per realizzare in piccolo.
Il cambiamento fu tale da far proporre a Wolfgang Sachs di non chiamarla più Fiera delle utopie concrete ma “Festival Eco culturale”.
Oggi, comunque, Città di Castello rimane la sede storica della Fiera sostenuta dalle istituzioni regionali, provinciali e comunali umbre.
Nel 2005, decennale della morte di Langer, il Comitato della Fiera delle Utopie Concrete ha posto al centro “ due immagini del suo pensiero, i ‘costruttori di ponti’ e ‘ ponti per ‘un futuro amico’ “ : dal ponte di Mostar al ponte di Messina; dalla convivenza interetnica allo sviluppo sostenibile.
Dalla sua morte tutte le Fiere si concludono con l’assegnazione, da parte della “Fondazione Alexander Langer” di Bolzano, di un premio internazionale di 10.000 euro. Dal 1997, il primo anno del Premio, sono stati premiati, tra gli altri, l’algerina Khalida Messaoudi Toumi, le ruandesi Jacqueline Mukansonera e Yolande Makugasana, i coniugi cinesi Ding Zilin e Jang Peikun, la kossovara Vjosa Dobruna e la serba Natasa Kandic, il palestinese Sami Adwan e l’israeliano Sami Adwan, l’ambientalista ecuadoregna Esperanza Martinez, l’operaio di Porto Marghera Gabriele Bortolozzo, la fondazione polacca Progranicze e la bosniaca Irfanka Pasagic..

Vorrei concludere questa ricostruzione testimoniando come la cosa che mi colpì fin dai primi incontri - prima ancora degli aspetti più riconducibili alle politiche ambientalistiche - fu l’idea che Langer aveva della politica e dei partiti, anche quelli verdi. (7)
Un’idea che mi fa accomunare Langer a Capitini, il filosofo pedagogista “libero religioso” umbro, di cui Norberto Bobbio scrisse che “pur non condannando i partiti la sua utopia è lo stato senza i partiti, l’OMNICRAZIA […] Al partito egli contrappone il ‘centro’ che è non societario ma comunitario, non si schiera contro altri partiti, ma si tiene aperto all’iniziativa di tutti, non impone dogmi ma discute problemi, non conosce privilegi di tessera né poteri di funzionari” (8)

Personalmente devo dire che nella mia lunga vita di politico e di amministratore (di comunista e post comunista italiano), tre uomini mi hanno “acceso passioni”, illuminato percorsi da compiere concretamente, fatto immaginare un mondo giusto per tutti gli uomini, per tutti i popoli, per la natura. Questi uomini sono stati l’indimenticabile e preveggente Berlinguer della “questione morale” e della “austerità”, Franco Basaglia, che ha chiuso manicomi e liberato gli uomini e Alex Langer, una persona meravigliosa che non esiste in natura. Ha scritto Marco Boato: “Parlare di lui come di un ecologista, di un ambientalista, di un pacifista, corrisponde al vero ma è anche troppo riduttivo. Alex era molto di più e di diverso da tutto questo: era una sorta di testimone e di profeta del nostro tempo. E, come tutti i profeti, ha indicato la direzione verso il futuro, lo ha addirittura anticipato in molte sue idee e in molte sue scelte, ma ha dovuto (e voluto ahimè) fermarsi sulla soglia senza poter vedere e raggiungere ‘ la terra promessa’ (o per chi crede, l’ha effettivamente raggiunta in un'altra dimensione).”
L’ultimo contatto con Langer l'ho avuto a natale del 1994 attraverso una lettera/circolare che inviò a qualche centinaia di suoi amici, con la quale donava un abbonamento ad una rivista di approfondimento politico-culturale, “Una città”, e dove manifestava riflessioni critiche e sforzo di individualizzazione di nuove vie. Scriveva Langer : “…il bisogno di trovare una nuova sponda per un impegno sociale e politico che continuo a ritenere di grande (ma non esagerata) importanza, resta più che mai aperto e non conosce né scorciatoie ‘progressiste’ né rassicuranti giaculatorie verdi. Probabilmente occorre un forte progetto etico, politico e culturale senza integralismi ed egemonie, con la costruzione di un programma e di una ‘leadership’ a partire dal territorio e dai cittadini impegnati, non dai salotti televisivi o dalle stanze dei partiti. Bisogna far intravedere l’alternativa di una società più equa e più sobria, compatibile con i limiti della biosfera e con la giustizia (anche tra i popoli). Da molte parti si trovano oggi riserve etiche da mobilitare che non devono restare confinate nelle <chiese> e tanto meno nelle <sacrestie> di schieramenti ed ideologie.”
Ritengo opportuno concludere con il pensiero di un altro uomo “sempre fedele a se stesso”, Luigi Pintor, che più volte nel suo giornale, “Il Manifesto”, ha ospitato Langer. Pintor – comunista e quindi con una storia e una cultura diversa da quella di Langer - scrive, con il suo “pessimismo della ragione”, delle passioni, delle utopie e degli ideali che hanno alimentato le idee e l’azione di uomini e di donne, di grandi uomini come Langer:
“In verità la ruota della storia gira benissimo all’indietro e su se stessa come una trottola. Ne concluderò che le tenaci passioni, i nobili ideali, le generose intenzioni, le fatiche e gli errori sono una favola folle? No di certo, sono in ogni tempo il sale della terra e così è stato anche in questi decenni. Ma basta una pioggia a lavare la terra e il sale si scioglie in acqua.” (9)

Note
1. Su questa polemica intervenne Langer con una sofferta lettera aperta , dove scriveva tra l’altro:
“La fiera delle utopie concrete è una inedita opportunità ( per la società civile, n.d.r.)- mi permetto di dire un po’ immodestamente- un DONO, per muovere davvero qualche passo in direzione di qualche conversione…
Non sono, ovviamente, in grado di entrare nel vivo delle vicende locali che possono opporre voi, o tanti altri, all’amministrazione comunale […] per mia fortuna la collaborazione intorno al progetto della “Fiera delle utopie concrete” è nata da un rapporto completamente libero e spontaneo […] non ho alcun interesse politico locale, non ho, insomma, ragioni e motivi che possano distorcere o inquinare una cooperazione che è nata quasi per caso e mi sembra abbia dato finora frutti interessanti e disinteressati.
[…] Personalmente sono stato contento di incontrare – in chi regge il comune, e nell’incontro pubblico con la cittadinanza, e nei periodici locali e nel Comitato locale, numerosi segni di buona volontà ecologica, e un notevole coraggio di sperimentazione, anche senza rete. […] nessuno dei partecipanti che insieme sperimentano solidarietà intorno a questo obiettivo possa poi – nella vita di tutti i giorni- far finta di niente”.

2. Alla giornalista germanica era sfuggito che il PCI di Berlinguer aveva lanciato “l’austerità” già nel lontano 13 gennaio 1977, nel convegno dell’Eliseo (tra l’indifferenza e l’ironia di ampi settori di destra e di sinistra). A quel convegno Berlinguer, parlando dei paesi del terzo mondo, disse: “[…] aprirsi ad una piena comprensione delle ragioni di sviluppo e di giustizia di questi paesi e instaurare con essi una politica di cooperazioni su basi di uguaglianza; abbandonare l’illusione che sia possibile perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario. Ecco perché una politica di AUSTERITÁ, di rigore, di guerra allo spreco è divenuta una necessità irrecusabile da parte di tutti.”
Nel libro “Entro il limite. La resistenza mite in Alex Langer” -Edizioni La Meridiana, 2000- c’è sintonia con il pensiero di Berlinguer. Scrive Langer: “Bisogna dunque riscoprire e praticare dei limiti: rallentare (i ritmi di crescita e sfruttamento) abbassare (i tassi di inquinamento, di produzione, di consumo) attenuare (la nostra pressione verso la biosfera, ogni forma di violenza). Un vero regresso rispetto al “più veloce, più alto, più forte. Difficile da accettare, difficile da dare, difficile persino a dirsi”.

3. Natalie Jurina – ecologa dell’Accademia delle Scienze- dichiarò che: “ In moltissimi interventi Michail Gorbaciov afferma che i problemi ecologici sono gravi e ha posto l’accento specie negli attentati all’ambiente naturale in alcuni dei territori dell’ URSS: perestroika e glasnost aiutano l’ecologia perché danno la spinta per discutere tali problematiche a livello dell’opinione pubblica come nel caso della deviazione dei fiumi del nord che per decenni era stata discussa solo a livello amministrativo e che da tre anni a questa parte viene dibattuta anche dagli scienziati. Il popolo ha bisogno della perestroika che ci darà, speriamo anche, l’ecologia.”

4. Dal citato “Der Spiegel”: “Gli organizzatori sanno bene che questa prima Fiera (quella su l’acqua, n.d.r.) potrebbe sembrare un po’ troppo slegata dai problemi urgenti. Ma il sindaco Pannacci guarda decisamente al futuro. La seconda “Fiera delle utopie concrete”, programmata per il prossimo anno, si occuperà della terra. <Allora sì che si dovrà parlare della coltivazione del tabacco della nostra regione> - dice Pannacci - <e qualcuno si arrabbierà>.

5. ….tra le tante fortune che mi sono state date in sorte, considero i rapporti con tante e diverse persone che ho potuto incontrare e conoscere. […] Così mi è concesso, fino ad oggi, di conoscere persone di indole, posizione e cultura assai differente, e di stabilire scambi ed amicizie sui diversi piani e in tante direzioni. E se può essere emozionante conoscere da vicino Kreiski o Pertini o Gheddafi o Ingrao o Sofri o Illich, non è certo meno gratificante e fonte di arricchimento interiore coltivare amicizie e scambiarsi idee ed affetto con chi non scriverà mai sui giornali né vi troverà mai stampato il proprio nome. Posso dire che rifuggendo drasticamente dai salotti e dalle persone che mi cercano in funzione di qualche mio ruolo, vivo come una delle mie maggiori ricchezze gli incontri -già familiari o nuovi che siano- che la vita mi dona. Vorrei continuare ad apprezzare gli altri ed essere apprezzato senza secondi fini.Forse anche per questo converrà tenersi lontani da ogni esercizio di potere.” (A. Langer, estratto da Minima Personalia, “Belfagor”, 1986).

6. Langer, con manifesta sofferenza, scrive “L’Europa muore o nasce a Serajevo” - Tuzla 1995: “Esattamente un mese prima era stata bombardata la città di Tuzla: di una generazione si è fatta strage, oltre 70 giovani ammazzati durante il passeggio, centinaia di
altri giovani feriti. […] Il giorno dopo il cannoneggiamento della sua città, Beslagic (sindaco socialdemocratico di Tuzla, città interetnica, n.d.r.) mi ha inviato per fax copia del suo messaggio al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, con la preghiera di diffonderlo al Parlamento europeo: <Voi state a guardare e non fate niente, mentre un nuovo fascismo ci sta bombardando; se non intervenite per fermarli, voi che potete, siete complici, è impossibile che non vi rendiate conto.> Langer, nel sostenere che soluzioni facili non esistono, scrive: “guardarsi indietro serve a poco: non si troverà convergenza tra chi (come il sottoscritto) è convinto che L’Europa abbia fatto malissimo a favorire la disintegrazione della vecchia Jugoslavia e chi invece aveva accolto con entusiasmo le proclamazioni di nuove indipendenze (anche da sinistra il vocabolo magico ‘autodeterminazione nazionale’ aveva un forte corso legale in molti ambienti democratici di sinistra).”

7. Dopo le elezioni del Bundestag della Germania unificata (2.12.1990), che videro la sonora sconfitta dei verdi, Alex scrisse un articolo (credo per ”Il Manifesto”) di cui mi dette copia dattiloscritta, dal titolo I verdi dopo i Grünen.
Scrive Langer: “Ma la domanda di fondo che questa sconfitta pone a tutto il movimento verde in Europa sembra essere soprattutto questa: è ancora vero che ad una politica di risanamento ambientale e di conversione ecologica fa bene avere nel sistema politico-parlamentare quel ‘ braccio secolare’ che i verdi – proprio a partire dai Grünen tedeschi- avevano cominciato ad essere, con importanti effetti di proliferazione, di moltiplicazione, di contaminazione, di osmosi, di apertura di conflitti, di progettazione di soluzioni? O non si sono trasformati, magari, i verdi ’politici’ in una sorta di boomerang che rischia di isolare e banalizzare, ghettizzare e minimizzare le istanze che essi vogliono rappresentare, offrendone al sistema una conta al ribasso ed un comodo pretesto di marginalizzazione? Sono (o possono essere) i verdi ancora quello strumento che fa entrare in politica, nella cultura, nel dibattito sociale, la presa di coscienza ecologica, o corrono il pericolo di rappresentare il loculo minoritario e sterile? Insomma, riescono i verdi a rafforzare, estendere e rendere più credibile l’opzione ecologista o ne rappresentano piuttosto – per una serie di errori politici e forse per la stessa difficile traducibilità politico-democratica di una fondamentale istanza di auto-contenimento e di auto-limitazione della società affluente- una rappresentazione marginalizzante e riduttiva? Qualora ci si convincesse di questa ipotesi, sarebbe meglio lasciar perdere e cercare altri modi per perseguire e raggiungere gli obiettivi ‘verdi’. Ed è questa la domanda cui i ‘ Grünen’ – forse di nuovo per primi in Europa- non sfuggiranno.”
Si consideri che quando Langer scriveva questo articolo era deputato verde al Parlamento europeo.

8. N. Bobbio, Maestri e compagni, Passigli Editore, Firenze 1984.

9. Luigi Pintor ‘Servabo - Memoria di fine secolo’ – Bollati e Boringhieri, aprile 1991.






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