Alexander Langer Alexander Langer Racconti e ricordi

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Gad Lerner: Alex Langer dieci anni dopo. Perché gli sarò grato per tutta la vita

13.10.2005, La repubblica 13-10-05 - da 'Tu sei un bastardo" Feltrinelli
Arrivando alla stazione di Bolzano dove tante volte lui era venuto ad accogliermi con i suoi baci umidi, davvero
affettuosi, ho provato fortissima la sensazione che Alexander Langer fosse di nuovo lì, sorridente, a trascinarmi con sé nel vortice del suo attivismo.

Con Alex, fratello maggiore, sarà stato il 1977, ho conosciuto in una povera casa della periferia parigina Leonid Pliusc, il dissidente russo che ci testimoniava l' orrore del totalitarismo comunista. In un
affollato auditorium di Amburgo l' ho visto recitare la più magistrale delle sue innumerevoli traduzioni: di fianco a Dario Fo, volgeva in tedesco Mistero buffo. A Berlino ha voluto che prendessimo la metropolitana
perché vedessi anch' io in faccia i vopos, le guardie comuniste che presidiavano il sottosuolo di Alexanderplatz. Ma ricordo pure il suo sdegno a Norimberga, una decina d' anni dopo - credo fosse già deputato europeo dei Verdi - quando a un congresso della Spd, di sera, i portaborse della delegazione del Psi si rivolsero a lui per reclutare donne a pagamento. Naturalmente Alexander Langer non c' era, quella domenica d' inizio luglio 2005, alla stazione di Bolzano. Si era impiccato il 3 luglio 1995 a un albero di albicocche, sulle colline di Firenze. E adesso, nel decennale, ci riunivamo per commemorarlo con altri amici del tempo andato come Edi Rabini, Franco Bolis, Guido Viale, Franco Travaglini, Gianni Sofri. Assente giustificato suo fratello Adriano, detenuto. Anche quando ero povero in canna, le rare volte che li avevo in tasca ho sempre amato sperperare quattrini in buoni ristoranti e, più di rado, in buoni alberghi. Alex invece riteneva doveroso condurre vita spartana. Ricordo la volta in cui, per assenza d' alternativa, dovette ospitarmi a casa di sua madre. Cominciò per tempo a chiedere scusa - «scusami, scusami, scusami» - , mortificato, e io non capivo il perché. Finché arrivammo a una bella villa nel quartiere borghese di Bolzano: si vergognava di approfittare per una volta di quel benessere familiare. Al contrario, tanto più adesso che dispongo di un' ottima carta di credito, io ho prenotato il migliore albergo della città e mi sono avviato a piedi verso
piazza Walter, nella trasparenza di una incantevole giornata di sole. Alex non c' era, ma c' era la luce delle nostre passeggiate e così, come talvolta mi capita in sogno, immaginavo di chiacchierare con lui. Quanto
era cambiata Bolzano dall' ultima volta che l' aveva vista, dieci anni prima? Le prime donne da me incontrate scendendo dal treno portavano il velo: madre e figlia islamiche; e accanto a loro un gruppo di suore.
Poi i soliti grembiuli blu da lavoro portati dagli anziani della minoranza tedesca, di fianco alla pelle scura dei senegalesi e agli ombelichi scoperti delle ragazze italiane. Una città ancor più interetnica di quella in cui Alex aveva avuto la fortuna di affinare da ragazzo quella sua preziosa esperienza di testimone e di frequentatore delle diversità. Trent' anni fa avevo incontrato quel volto da coniglio trafelato nella sede nazionale di Lotta continua, in via Dandolo a Roma. All' epoca l' urgenza del progetto politico comune ci imponeva di contenere le nostre identità. Del resto ci veniva naturale: poco o nulla importava, dal punto di vista del sogno rivoluzionario che ci univa, l' essere appartenuti a una fede religiosa o a una minoranza etnica. Il movimento doveva essere comunione, fusione, superamento delle identità precedenti (a Comunione e liberazione invidio il nome bellissimo). Poco importava, ad esempio, che io volessi bene a Israele. Ricordo con vergogna di avere disciplinatamente scritto sul nostro giornale un articolo anonimo di elogio alla mozione dell' Onu che equiparava il sionismo al razzismo. Me ne restavo timido e trattenuto al cospetto di dirigenti ancora giovani, ma che percepivo molto più vissuti di me. Alex era fra i più autorevoli, eppure veniva a cercarmi e per primo mi invitava a fare i conti con la molteplicità delle mie appartenenze. Gliene sarò grato per tutta la vita.


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