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Sergio Sinigaglia: In viaggio con Alex

12.7.2007, Carta

“I pesi mi sono diventati davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti, anche per questa mia dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi. “Venite a me voi che siete stanchi ed oberati”. Anche nell'accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.

Con queste parole Alex Langer, il 3 luglio del 1995, decideva di lasciarci. Un albicocco e una robusta corda da montagna furono i suoi ultimi compagni di viaggio.

Ai lettori più giovani di Carta, forse, il nome di Langer non dice molto. Oppure ne possono aver sentito parlare occasionalmente. Invece proprio per chi legge questo settimanale, fare conoscenza con il suo pensiero, le sue riflessioni, la sua vita, sarebbe cosa opportuna.

In questi anni sono usciti numerosi libri su Alex, così come raccolte di suoi scritti.

L'ultimo contributo ce lo offre Fabio Levi, docente di Storia contemporanea all'Università di Torino, amico e compagno di militanza, durante gli anni settanta, di Langer.

“In viaggio con Alex” è il titolo della biografia pubblicata dalla Feltrinelli, con un sottotitolo eloquente: “La vita e gli incontri di Alexander Langer (1946-1995)”. E le 220 pagine che Levi ci offre ci raccontano il lungo viaggio di una figura tra le più originali, ricche (umanamente e politicamente) e generose che la sinistra nata negli anni sessanta ha regalato alla sfera pubblica.

Un viaggio che inizia nell'autunno del 1956 su un treno locale che da Vipiteno, sua città natale, porta a Bolzano dove frequenta la scuola media dei francescani. Il papà di Langer è un ebreo viennese, approdato nella Bolzano austriaca durante la Prima guerra mondiale. Diventa primario nell'ospedale di Vipiteno nel 1934. La mamma nata nel paese locale, sarà farmacista per qualche anno, ma lascerà poi la professione per dedicarsi alla famiglia che dopo Alex vedrà la nascita di Martin e Peter.

Alex nasce in una terra difficile, dove i veleni della due guerre mondiali producono conflitti etnici, tensioni nazionaliste, lacerando il tessuto sociale. Ma la precocità intellettuale del giovane Langer si manifesta subito, sin dall'adolescenza. Appena quindicenne si presenta al prefetto della scuola per sottoporgli diciannove punti dove è illustrato un progetto di riforma didattica dell'istituto. Per il resto non si fa intimorire dagli steccati etnici della regione e, inforcata la bicicletta o acceso il ciclomotore, gira in lungo e in largo, dall'Engadina al Nordtirolo, dal lago di Garda alla Pianura padana.

Il contatto con l'ambiente religioso,scelto dalla famiglia non per fede ma per la serietà degli studi, porta Alex Langer, dopo la maturità classica, a chiedere ai genitori di potersi fare frate, ma per la prima volta il padre pronuncia un no che non ammette repliche.

Ma l'interesse verso il prossimo troverà presto possibilità di svilupparsi in senso decisamente più laico.

La svolta avviene a Firenze dove si iscrive a Giurisprudenza. Qui gli incontri decisivi con Padre Balducci e la collaborazione con il periodico “Testimonianze”, e soprattutto con Don Milani, ancora prima che la “Lettera ad una professoressa” lo renda “famoso”, purtroppo dopo la sua morte.

Sempre in quel periodo si confronta con Don Mazzi e la comunità dell'Isolotto, un'esperienza,

quest'ultima, che lo porta a distinguere, negli scritti di allora, tra la chiesa come istituzione e la chiesa come comunità di base. E sempre Firenze si dimostra una tappa fondamentale perché conosce Valeria a cui si legherà per tutta la vita.

Come non pochi della sua generazione, Alex incontra l'impegno civico e sociale ben prima del '68, ma naturalmente è con il biennio rosso, che unisce università e fabbriche nella più grande rivoluzione dell'Europa postbellica, che la sua militanza si dispiega a tutto tondo. Nel 1969, dopo ,la laurea, inizia l'insegnamento nel liceo di Bolzano. Poco dopo, con la nascita dei gruppi, extraparlamentari, aderisce a Lotta Continua. Lo convince l'impostazione antidogmatica e molto libertaria dell'organizzazione. E il viaggio di Alex conoscerà altre tappe importanti. La militanza nel movimento dei soldati durante il servizio di leva, nel 1972 , l'esperienza in Germania per confrontarsi con il movimento tedesco e fare lavoro politico tra gli immigrati. Fino a Roma dove collabora attivamente con il quotidiano dell'organizzazione, pur rifiutando di fare il funzionario, scegliendo, emblematicamente, di insegnare in una scuola della Capitale. Poi la crisi della sinistra extraparlamentare, lo scioglimento di Lotta Continua, la breve quanto intensa esperienza del movimento nel '77, nei confronti del quale Alex si dimostra ottimista, per essere poi, purtroppo, smentito dalla spirale di violenza che s'impadronisce del Paese. Langer guarda con profonda preoccupazione alla deriva terroristica avendo vissuto in Sudtirolo la tragedia degli attentati indipendentisti. Fabio Levi conclude il racconto di questa importante fase, ricordando, giustamente, una foto simbolo, comparsa allora sui maggiori organi di informazione. Vi si ritrae Alex, inviato del quotidiano Lotta Continua, vicino ad un poliziotto ferito durante uno scontro tra studenti e forze dell'ordine, durante una manifestazione, dove si era sparato e anche due giovani manifestanti erano stati gravemente colpiti.


La fine del decennio per molti fu il ritorno a casa sotto la spinta del riflusso e della restaurazione conservatrice. Ma per Alex è completamente diverso e inizia per lui una fase nuova che , con quella passata, ha in comune l'impegno militante che lo prosciugherà fino a portarlo alla scelta di dire basta. E' sicuramente la parte più interessante della biografia di Fabio Levi e ci consegna un Langer fondatore di quel movimento ecopacifista che anticiperà, per molti versi, contenuti, riflessioni e analisi che alla fine degli anni novanta verranno fatti propri dai nuovo movimenti globali.

E' impressionante constatare come con estrema lucidità Alex Langer abbia fatto da vero e proprio battistrada a tanti temi oggi all'ordine del giorno. In primis la necessità di affermare un modello sociale ed economico basato sulla sobrietà, stili di vita virtuosi, la lotta alla società dello spreco e alla “inarrestabile coazione allo sviluppo”. Così come alla necessità fondamentale di un giusto riequilibrio nel rapporto tra uomo e natura. Un vero e proprio “profeta verde”, che in quegli anni incontrerà e si confronterà con teorici della società conviviale come Ivan Illich e tanti successivi protagonisti del lotta al neoliberismo come Wolfang Sachs, Vandana Shiva, per citarne alcuni.

Un impegno tra autonomismo municipale e visione globale, per costruire ponti tra culture diverse, contro le piccole patrie e i furori nazionalisti. Sul piano locale promuovendo in Sudtirolo prima la lista della Nuova Sinistra poi, con la nascita dei Verdi, liste ecologiste, con un impegno diretto in consiglio provinciale. Un attenzione per il territorio che lo porta a scontrarsi duramente con la stragrande maggioranza del mondo politico regionale (PCI compreso) in occasione del censimento etnico della popolazione (1981) che lo vede sostenere fino in fondo il rifiuto dello sciagurato provvedimento, rivendicando l'importanza del bilinguismo, per superare steccati e incomunicabilità.

Sul piano internazionale il suo peregrinare lo conduce, anche dopo l'elezione nel Parlamento europeo con i Verdi, dall'Ammazzonia al Medioriente, dalla ex Jugoslavia lacerata dalle guerra e dalle pulizie etniche ai paesi dell'Est dopo il crollo del Muro.

In mezzo una lucida critica ai rischi di degenerazione da parte del partito verde (poi puntualmente verificatosi) che lo porta a chiedersi dopo i primi, clamorosi, successi nelle tornate elettorali nazionali se non sia il caso di sciogliersi e tornare a fare politica nella società. L'espressione che usa esplicitamente è proprio “tornarle nella società”. Un “fare società” antelitteram.

Una militanza totale che gli succhia energie, che gli procura anche dolorose lacerazioni, come quando di fronte alle stragi di civili nella ex Jugoslavia e allo strazio di Sarajevo, pur sottolineando la necessità di continuare a praticare le opzioni pacifiste e criticando chi addebita ai soli serbi le responsabilità del conflitto, prende posizione a favore di un intervento militare “mirato non prendere posizione a favore dei contendenti, ma per dare il segnale che “l'aggressione non paga” e liberare i civili dalle pulizie etniche.

Scelta che gli procurerà forti critiche di tante persone a lui legate profondamente.

Un impegno senza sosta che qualche tempo prima, nel settembre del 1993 lo aveva convinto a scrivere una lettera in cui comunicava la decisione di “prendere congedo dall'attività politica che svolgo con convinzione da decenni...”. Purtroppo una lettera riposta nel cassetto. Alex continuerà ancora fino a quel 3 luglio 1995, quando il suo lungo, estenuante, viaggio arriverà al capolinea.

 



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