Goffredo Fofi. Langer, l'ecologista che volava leggero
Tornano in libreria gli scritti di Alexander Langer, il militante pacifista che si tolse la vita a Firenze nel 1995, forse la più limpida figura del nostro '68, che non rinunciò mai alla "militanza" ma seppe basarla su profonde convinzioni cristiane e confrontarla, anche con il risultato della sua tragica scelta finale, con le contraddizioni reali del suo tempo. Di certo non praticò e ragionò la militanza con il metro delle rozze e nefaste ideologie di una presunta nuova sinistra che si rivelava incapace di battere strade che non fossero quelle dei fallimenti del passato.
Alcuni di questi scritti riguardano il Sudtirolo in cui Langer era nato e a cui era profondamente attaccato, e da questa origine – cui si aggiungevano radici famigliari cattoliche ma anche ebraiche – gli è certamente venuta l'attenzione per i temi, rivelatisi centrali proprio nel corso della sua vita, del plurilinguismo, della multiculturalità, del conflitto etnico e religioso. Altri riguardano i personaggi che ha incontrato e dai quali ha ricevuto di più, come Ivan Illich – che si rivela sempre di più, io credo, come il pensatore più importante della seconda metà del Novecento –, come don Milani, che frequentò da vicino nel suo periodo di studi fiorentini, come Leonardo Sciascia e come singoli militanti e amici con i quali condivise un pezzo di vita e molte battaglie. Altri riguardano le battaglie ecologiste, la partecipazione ai movimenti "verdi" in Germania e in Italia (come "verde" fu membro del Parlamento europeo in anni cruciali) di cui vide le contraddizioni e giudicò senza remore le tentazioni del compromesso politico. Altri l'apertura indispensabile all'Est, nell'idea di Europa quando ancora si parlava poco di mutazioni globali e delle conseguenti responsabilità o la situazione politica italiana, la distanza crescente dal Pci e dal partitismo o, infine, i nuovi conflitti e in particolare la guerra nell'ex Jugoslavia, quando Langer fu attivissimo nel tentare un'opera di mediazione e di pacificazione.
L'ultimo scritto di questa fondamentale antologia è una lettera a... San Cristoforo. A questo santo, di dubbia esistenza storica, Langer chiede la protezione nella «traversata da una civiltà impregnata della gara per superare i limiti a una civiltà dell'autolimitazione», una traversata che «sembra tanto semplice quanto immane». Dice a San Cristoforo: «Ti hanno fatto diventare il patrono degli automobilisti (dopo essere stato più propriamente il protettore dei facchini): oggi dovresti ispirare chi dall'automobile passa alla bicicletta, al treno o all'uso dei propri piedi! E il fiume da attraversare è quello che separa la sponda della perfezione tecnica sempre più sofisticata da quella dell'autonomia dalle protesi tecnologiche». Invece che superare, rispettare i limiti. Invece che affermare ossessivamente la propria identità, confrontarla con le altre, accettando le altre nel reciproco rispetto e nel comune ripudio della sopraffazione e della violenza, nell'attenzione alla ricerca di ciò che è giusto per tutti.
Su questi due temi fondamentali del nostro presente e del nostro futuro – il rispetto dei limiti e della natura e il rispettoso confronto con l'altro – si gioca la storia di tutti, ed è anche per questo che gli scritti di Langer sono ancora, e oggi più di ieri, così utili a chi vuol capire e non rinuncia ad agire.
Il viaggiatore leggero Alexander Langer a cura di Edi Rabini e Adriano Sofri, Sellerio, Palermo pagg. 410|€ 18,00