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Srebrenica I bambini ricordano. 60 racconti raccolti da Ljubica Itebejac. Un libro,

30.6.2005, Una città
Sono stati trasformati in un libro, bilingue bosniaco italiano, i 60 brevi racconti, intensi e delicati, di bambini originari dell’area di Srebrenica, raccolti dalla pedagogista di Tuzlanska amica Ljubica Itebejac. ed. Una città.
Una finestra aperta sull’universo interiore dei piccoli sopravvissuti, che si portano dentro ferite difficili da risanare.
Per ordinazioni: unacitta@unacitta.it tel 0543 21422

Questo uno dei racconti


Mi facevano male le lacrime di mia madre

“Nel mio villaggio sono cadute molte granate”, raccontava la ragazzina.
“All’inizio non avevo tanta paura. Per me la cosa più pesante erano le lacrime di mia madre”.
Mentre parlava, teneva la mano davanti al naso. Nascondeva qualcosa che solo lei sapeva.
“Per me la cosa più pesante erano le lacrime di mia madre”, ha ripetuto.
“Quelle sue lacrime mi pungevano, mi bruciavano”.
“Perché?”.
Per un istante si è interrotta, poi guardandomi stupita ha continuato:
“A casa mia non si parla mai di questo. Quando mi lamento del mal di testa o della sinusite, mia madre inizia subito a piangere di nuovo. E nasconde il suo pianto. Ma io lo so. Lei gira la testa per non farmi vedere che piange. Ma io so tutto. Non si parla mai di questo. Tutti vogliono che io dimentichi. Si parla sempre e solo d’altro. Se non avessi ancora male, talvolta, quasi quasi anch’io mi sarei dimenticata di quello che è successo”.

E’ successo in estate. Era un giorno di sole, bello, tranquillo. Passava per la strada. La strada era quasi vuota. Nessuno da nessuna parte. Camminava piano. Poi è caduta una granata. Le è caduta vicino. La polvere l’ha coperta tutta. Stesa sotto quella polvere si toccava il corpo. Era integro. Non aveva male da nessuna parte. Ma proprio quando pensava di non essere stata ferita, ha sentito qualcosa di caldo sotto il naso. Si è toccata in quel punto. Sulla mano c’era del sangue.

“Sono stata ferita. Però non mi faceva male. Sentivo solo il calore che si allargava sul viso. All’improvviso intorno a me c’erano parecchie persone. Alcune mi hanno preso sotto braccio. Mi sorreggevano. E poi è arrivata anche la mia mamma. Mi guardava con uno sguardo perso nel vuoto. Ho visto la paura nei suoi occhi. Io non capivo nulla, solo mi stavo rendendo conto che qualcosa mi impediva di respirare bene. Poi sono svenuta”.
Da lì con un carro tirato da cavalli l’hanno portata in ospedale. Era un ospedale di guerra.

“Ricordo che i dolori erano cominciati già durante il viaggio. Il sangue si era seccato sotto la benda che mi avevano messo velocemente intorno al viso. I dolori diventavano sempre più forti. Sono svenuta di nuovo. Ricordo, era come guardare oltre la nebbia, quando all’ospedale mi hanno messo su un letto. Mi avevano nuovamente medicato la ferita. Ancora non sapevo cosa mi fosse successo. Mi dicevano solo che dovevo stare tranquilla, e sdraiata. Dentro di me cresceva la paura. Avevo tanta paura. I medici si muovevano velocemente da una parte all’altra. Mi faceva tanto male. Con me c’era solo mia madre. Mi teneva le mani e piangeva, nascondendo le lacrime. Poi è andata via e sono rimasta completamente sola.
Il giorno volgeva al tramonto. Tutto si era quietato. Per un istante mi ero addormentata. Ma qualcosa mi aveva svegliato. Non ho capito subito. Dov’ero? Cosa stava succedendo attorno a me?
Ho sentito delle voci. Voci maschili. Qualcuno gemeva. Le voci erano sempre più forti. A quel punto avevo capito. Era la voce di qualcuno che era stato ferito e che avevano portato all’ospedale, proprio come me”

“I giorni in qualche modo passavano. Ma le notti, le notti erano le più difficili… Tutto era difficile. Ma la cosa più pesante per me erano le lacrime di mia madre. Quando veniva a trovarmi non faceva altro che piangere. Avevo paura del suo pianto. L’unico pensiero che avevo quando piangeva era che sarei morta. Ecco, questa era la cosa più pesante per me”.

“Anche oggi, quando vedo le sue lacrime, sento sul mio viso quel liquido appiccicoso. Mi ritorna la paura di morire”.
La ragazzina fa un lungo sospiro, poi sul suo viso appare un sorriso appena accennato. Come per difendersi:
“Non era poi una cosa così terribile. Ero stata ferita da una piccola scheggia. I medici dicono che ha danneggiato la parte tra il naso e la bocca. Hanno detto che con un piccolo intervento di chirurgia plastica scomparirebbero anche i dolori. Però l’intervento costa tanto. La mia famiglia non ha i soldi per una cosa così”.







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