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Desaparecidos: I figli d'argentina e la memoria ostinata

8.9.2006, fondaz
I figli dei desaparecidos - un libro di Bendetta Calandra

L'associazione H.I.J.O.S (Hijos por la identidad y la justicia, contra el olvido y
el silencio) nasce in Argentina nel 1995 e si colloca lungo una linea di continuità con quelle delle madri (Madres de Plaza de Mayo) e delle nonne (Abuelas) che l'hanno preceduta, ma ha caratteri propri e si differenzia anche negli scopi e nelle attività. È formata dai figli ( hijos) di genitori desaparecidos. Tra loro ci sono anche coloro, che a a causa dell’esilio dei genitori, sono cresciuti all’estero.

Sono due le funzioni principali dell'associazione, composto da giovani con un’etá media di trent’anni:

1. la ricerca di una propria identità in giovani, che non solo sono stati privati di uno o di entrambi i genitori,ma che hanno appreso spesso solo da adolescenti il perché dell'assenza dei loro padri e delle loro madri;
2. La realizzazione di azioni di protesta contro i colpevoli delle violazioni dei diritti umani che non hanno “pagato” il loro crimine, a causa di una legislazione che li ha resi non perseguibili sul piano giuridico.

Il lavoro di Benedetta Calandra rispecchia il punto di vista di coloro che vivono un trauma che non hanno vissuto direttamente ma che viene loro trasmesso da altre generazioni.

Benedetta Calandra,
LA MEMORIA OSTINATA H.I.J.O.S I FIGLI DEI DESAPARECIDOS, Carocci, Roma, 2004, p.221.



Le donne d’Argentina

Le donne in Argentina hanno svolto un compito fondamentale nel porre in primo piano il discorso politico dei diritti umani, della memoria storica, della giustizia e della riconciliazione. Per esempio, il movimento della Madri della Plaza de Mayo, che ha iniziato a riunirsi nell’omonima piazza a Buenos Aires in seguito al colpo di stato militare e che prevedeva inizialmente solo la denuncia delle sparizioni, ha visto gradualmente aumentare la portata del proprio peso politico. Queste madri, definite inizialmente ‘Les Locas’ (le pazze) dal regime militare, sono invece riuscite a incarnare il sentimento di democraticità e giustizia. Attraverso il loro lungo lavoro, in cui hanno rischiato la vita e alcune di loro la hanno persa, le donne argentine hanno preso coscienza di sé, del proprio ruolo e dell’importanza di costituire una memoria storica collettiva. La loro causa è diventata non solo un’accusa al regime, ma il più fertile terreno per costruire la crescente democrazia argentina. Il movimento si è ufficialmente sciolto nell’aprile 2006. Le marce in Argentina sono finite, ma la spinta internazionale del movimento ha creato associazioni simili in Bosnia, Palestina ecc. Infine, il movimento ci aiuta a comprendere come le donne detengano una relazione particolare con la violenza e la guerra, ma anche con il suo superamento. (fr)


Norma Berti La memoria produttiva
Dunque come donne questo vi creava un sacco di difficoltà in più.Quello nostro fu un fenomeno generazionale globale. Tutte le ragazze di ogni formazione e ceto sociale vi parteciparono. Noi, studentesse, contadine o operaie, formavamo un tutto generazionale, come esperienza ed emancipazione dovuta al fatto che vivevamo da sole da giovani. Siamo state un po’ ragazze di avanguardia. Fummo anche le prime a fare cose da uomini, anche nell’organizzazione di resistenza armata.Ha approfondito queste riflessioni nella tesi?Ovviamente, e ho ripensato a tutto ciò. Ho amato molto la gente che ha condiviso con me quest’esperienza, ed ho sentito il dovere di parlare. Perché devono spiegarci l’accaduto gli psicologi o i politologi? Perché non abbiamo avuto il coraggio di dire chiaro e forte chi siamo? E’ vero che ci hanno perseguitate, sequestrate, torturate e che molte sono tornate a casa con la coda fra le gambe, ma non per questo è giusto che siano altri a raccontare. Noi, con la stessa autonomia che avevamo avuto allora, dovevamo parlare, per riscattare la nostra memoria e riprodurre le nostre idee.Qual è il tuo pensiero sulla memoria? Penso che la memoria debba essere produttiva La memoria deve generare opportunità. Non quella falsa riconciliazione con la rimozione del problema che tentano di fare tutti i governi, di tutti i settori. Ma la memoria per rivendicare noi stessi, per provare che abbiamo noi la capacità di valorizzare quello che eravamo, per asserire una volta per tutte che eravamo persone che avevano idee molto chiare. C’è poi la riflessione sulla forza che ci spinge oggi a dare le nostre testimonianze e quella che allora ci sostenne. E vengono spesso fatti paragoni con Primo Levi o con Massimo Mila. Dovevamo uscire integri, con tutta la nostra dignità umana intatta. Non sono riusciti a schiacciarci del tutto. Così siamo sopravvissuti. Questo è il nostro obiettivo, uscire con la nostra dignità, la nostra identità, psicologica personale e politica, integrale per poter poi testimoniare.

Estratto dall’intervista a Norma Berti “Due Metri Per Uno”In Il Silenzio Infranto. Il Dramma dei Desaparecidos Italiani in Argentina, a cura di Carla Tallone, Vera Vigevani Jarach - Silvio Zamorani Editore, Torino, 2005


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