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Il viaggio di Antonio Marchi nel ricordo di Alex e Mauro Rostagno, verso Trapani e Telfes
21.6.2005, Fondazione
Sembrava finita la grande passione di Antonio Marchi per il ciclismo quando il 12 dicembre 1969 viene investito da un’auto che gli procura una paralisi al braccio sinistro. Ma lui, che si definisce “disabile per forza”, non si arrende e a 54 anni parte solitario per “un piccolo viaggio nel passato prossimo futuro”. Il suo racconto
Ho sempre pensato di andare nei luoghi consumati dal tempo, dimenticati dalla storia, dove il ricordo riporta in vita i morti e il dolore di ieri si fa presente. Mauro Rostagno prima e Alex Langer poi, hanno lasciato questa "valle di lacrime" prima del previsto, e non per loro volontà, assassinati dal loro impegno civile e dalla loro sensibilità politica nei confronti dell'uomo e dell'umanità. Cantori di un'idea immacolata della giustizia e della libertà, trascinatori disincantati di idee e di convivenza, paladini dei diritti calpestati, offesi, meritano il gesto mesto di un pellegrinaggio. Se il tempo trascorso non potrà mai cancellarne le gesta generose di questi "don chisciotte",(fino all'estinzione della nostra memoria), almeno il ricordarli serve a me per ringraziarli.
"Noi" abbiamo il compito di proseguire su "quello che è giusto".
Per questo voglio fare questo viaggio a ritroso nel tempo percorrendo quello spazio geografico - terreno di lotte, sofferenze, conquiste sociali e civili - impegno militante,feste, liberazioni femminili e maschili ecc.che mi lega ai ricordi non solo politici, ma umani e sportivi, con il mezzo più ecologico e pacifico che ci sia: la bicicletta. Lo faccio partendo da quella facoltà di Sociologia che è stata la fucina di quelle idee, per le quali la loro vita è stata data (sacrificata) e nella quale molti altri si sono riconosciuti. La nemesi della nostra storia generazionale fatta di tante buone intenzioni: valori, sogni, grande idealità, furore rivoluzionario e anche avventurismo. Partendo da questo proponimento vorrei, scendendo l'italia, dare un contributo all'idea di "pacificazione" incontrandomi con i Sindaci delle città di tappa. E' assurdo che oggi si ricordino le tragedie del 900 e non si abbia il coraggio di guardare alla nostra storia Italiana, per brutta che sia, è provare, tra vittime e carnefici, a trovare un punto di concordia. Scendendo l'Italia dalla sponda Tirrenica verso Trapani(dove riposa Mauro Rostagno), passando per Pisa,(dove da 9 anni è chiuso ingiustamente dietro le sbarre di una piccola cella Adriano Sofri) per poi risalirla dalla sponda adriatica(con una sosta al cimitero di Cesenatico dove è sepolto Marco Pantani) fino a Telves dove, da 10 anni, riposa accanto ai suoi genitori Alex. Nel ricordo di quello che ci hanno lasciato, per fare quello che è rimasto da fare, resistendo a tutte le tentazioni, la più forte delle quali è l'abbandono ai nostri doveri di uomini.
Da giugno al 3 luglio.
Antonio Marchi
DISABILE, PER FORZA
Uno scampolo di vita che inizia e subito si chiude con un futuro incerto che si costruisce sulle inesattezze dei medici e sul pellegrinaggio da un ospedale all’altro alla ricerca di possibili risposte al danno subito: avrà o no un futuro il mio braccio sinistro? Potrò ancora correre in bicicletta? Pressato dai sogni e dai racconti onirici dell’aldilà non potevo non dirmi che sì, quel futuro era ancora possibile. Cosa che purtroppo non si è mai avverato. Nonostante la speranza e la fermezza, nonostante tante visite, consulti, terapie, pareri di medici, di primari, di preti e di veggenti, ho dovuto constatare che mai il mio braccio sinistro avrebbe potuto riacquistare la sua funzione e dunque la mia parentesi di ciclista finiva li, il 12 giugno 1969 ad Asolo, dolce e ridente cittadina del Trevigiano. Bellissimo e dolce pendio di una collina che sovrasta i resti millenari di una rocca saracena e tanta storia di muse e amori legati ad Eleonora Duse.
Era iniziata pochi anni prima a Villorba (periferia di Treviso) quando bambino venivo folgorato dal passaggio del giro d’Italia alle porte di casa(1964)e dall’amore per questo sport.Con i soldi dei risparmi di chierichetto (L.50.000)all’insaputa di mio padre(accanitamente contrario) mi comperai una bicicletta da corsa (Stella Veneta)e comincia a frequentare l’ambiente del ciclismo giovanile che a Treviso era molto attivo e a conoscere i campioni di allora(Durante Adriano e Guido De Rosso) e con loro iniziare una nuova vita sportiva. La vita allora non era facile:dovevo far fronte agli studi,al lavoro nei campi in aiuto a mio padre e all’attività ciclistica con un supporto calorico più degno di un fachiro che di un giovane in crescita . Sopportato a malapena dalla famiglia, alla quale fortunatamente non chiedevo niente( dati i buoni risultati la mia attività era autofinanziata)ma sostenuto dai risultati sempre più soddisfacenti, e da una grande simpatia tra i paesani e gli zii, pensavo possibile un futuro da ciclista. Dalla categoria giovanile passavo alla gare vere e proprie con la società ciclistica (G.S.F.Coppi Gazzera)e il salto di qualità nella categoria esordienti e allievi. Finita la scuola professionale entravo nella grande industria del mobile con nuovi impegni e nuove responsabilità e una maggiore consapevolezza dell’età che avanza. Infatti già a 16 anni dovevo misurarmi con l’impegno di un adulto: 45 ore di lavoro settimanale, qualche aiuto a casa e tanti chilometri di allenamento. Non era facile, ma l’ottimismo e una grande passione mi facevano superare gli ostacoli della fatica e delle incomprensioni famigliari. I sempre più lusinghieri risultati la convinzione che un domani avrei fatto un unico e più proficuo lavoro. Così non è stato, ma sono qui anche se con un braccio solo, questo è importante.
Certamente per assimilare il colpo subito ho dovuto patire non poche umiliazioni, sopportare non poche persone, bussare a porte e uffici alla ricerca di una sistemazione lavorativa che non avevo più. Ero senza un lavoro, senza un avvenire e anche senza una famiglia. Dovevo ricostruirmi un’identità e per farlo ho dovuto fare ricorso all’esperienza giovanile nel ciclismo. Il rigore di quella vita dura e disciplinata è servita a farmi superare molti ostacoli, a non arrendermi, a pretendere ascolto e lavoro. Certo con un braccio era tutto più complicato, a partire dai lacci delle scarpe,alle faccende domestiche ecc. MA QUANDO QUESTA REALTA’ VIENE CONFRONTATA CON ALTRE, ANCORA PEGGIORI, ALLORA SI SUPERA E SI VA INCONTRO ALLA “NORMALITA’’’. Non ho mai provato disagio, caso mai continua sofferenza fisica per il trauma che rimane parte di me, nei confronti degli altri nella vita sociale come in quella sportiva nella quale, dopo dieci anni di pausa(un periodo di grande fervore ideale, di grandi passioni umane e politiche che come spesso accade non trovano riscontro nella società dai cambiamenti lenti e ragionati), ho voluto rientrare. Avendo alla base tanta esperienza ho così potuto confrontarmi nelle categorie amatoriali del ciclismo, dello sci da fondo, della corsa su strada fino alle maratone e oltre. Riuscirci senza sfigurare è stato lusingante, di più, quando i risultati erano superiori alla norma dei “dotati”. Continuare a dispetto della “sfiga” con dignità rivendicando la diversità non in quando un ostacolo ma una risorsa. Ribellarsi alla sfortuna dell’accaduto con sana determinazione, come fosse un’ingiusta offesa ricevuta, senza per questo farne un dramma perché la vita è indifferente al dolore del prossimo. La vita continua,bellissima, misteriosa,cinica, nella sua infinita e inesauribile bontà di chi la ama, ma anche di chi la odia. Niente è di ostacolo se ci si crede, se si ha fiducia se si affronta con disponibilità le avversità che ti piombano addosso, se si lotta per vincerle, per avere come tutti il diritto di un posto per vivere comunque sia, ma soprattutto se si riconosce che le avversità non ci fanno meno importanti degli altri e neanche tanto meno utili,anzi. E quando la vita continua a sorriderci non c’è fortuna migliore che si possa avere, alla “sfortuna” di quello che si è..
Nell’anno dedicato al disabile,possiamo rendere abile anche la vita del disabile, rendendo normale la nostra vita.