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Matthias Abram - Laudatio per Esperanza Martínez Yánez.

10.10.2000, speciale bz1999, euromediterranea 2003
Un uomo solo, Shuclla runacunaca, Maucayashpa liquirinalla, Punchu shinami can, Cutin

Tantanacushca runacunaca
Tacashpa ahuashca ruana shinami,
Mana pipash manchachincachu.


É come un filo:
Se si tira, si rompe, si spezza.
Tutti insieme
Siamo come un poncho,
Si può tirare da tutte le parti
E restiamo uniti,
Siamo forti.

Dolores Caguango





Esperanza Martínez Yánez, equadoregna, biologa, madre di tre figli: Omar, di 20 anni che studia a Città del Messico, Martina, 13 anni, già iniziata alle lotte sociali frequenti a Quito, e Marcos, ragazzino di 13 mesi, presentato a Bolzano durante l´Euromediterranea. Il compagno Adolfo e padre di Marcos è spagnolo, approdato in Ecuador come cooperante.

Sono gli anni ottanta e le lotte sociali in Ecuador si fanno sentire di nuovo. Nel ´79 si era appena ritornati alla democrazia, dopo una serie di dittature militari sui generis.
Nel ´90 gli indios irrompono nella scena politica con uno sciopero generale, paralizzando il paese durante una settimana e presentando una lista di 16 rivendicazioni. Impauriti, i politici organizzano immediatamente delle trattative, con la mediazione della chiesa cattolica.

Le donne hanno un peso decisivo. Viene da Dolores Caguango, indigena del Nord di Quito, la rivendicazione dell'educazione e della scuola per tutti gli indios, anche nella loro lingua, il kichua. Ed è Blanca Chancoso, del popolo degli Otavalos, la leader agguerrita degli indios dell'altopiano, che tratta duramente col governo.

Esperanza sceglie un altro cammino, forse anche per la sua formazione professionale, e sposa la causa dell'ambiente. Esiste una fondazione semiufficiale, chiamata Fundación Natura, che segue una linea ambientale ´soft´, con un potere di convocazione piuttosto alto. Deve però scendere a patti con i governi per arrivare a proteggere l´ambiente.
Acción Ecológica, patria spirituale di Esperanza, sceglie una politica più offensiva e aggressiva. Sotto la sua guida Acción Ecológica si converte nell'organizzazione più attenta allo scempio perpetrato dalle multinazionali del petrolio. E qui Esperanza si incontra con gli indios del bacino amazzonico, abitanti delle terre oggetto di esplorazione e sfruttamento del greggio. Nasce così, in una seconda fase, Oilwatch, che si specializza in questa funzione di osservatorio dell'operato delle multinazionali del petrolio su scala mondiale.
Si tessono delle reti con altri paesi, altre associazioni, altri attori.

Recentemente in Ecuador la situazione si è aggravata. È stato progettato, e in gran parte già costruito, un nuovo oleodotto che attraversa il paese e porta il greggio pesante dall'Amazzonia alla costa pacifica, passando per 500 km attraverso monti e valli, zone protette e parchi nazionali. Acción Ecológica ha avviato una campagna impressionante di protesta/ostruzione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica internazionale e locale.

Un giorno di gennaio di quest'anno mi trovai sul giornale di Quito l'annuncio di un concerto sinfonico. Mi recai nella sala indicata e trovai le porte chiuse e custodite da tanto di guardaspalle e poliziotti, mentre sulla strada un gruppo di giovani portava striscioni, suonava i tamburi e scandiva slogan, invitando gli automobilisti che passavano a suonare i claxon: uno spettacolo infernale. Si trattava, come mi resi conto, del concerto per l'Anno Nuovo, organizzato dal consorzio costruttore dell'oleodotto. Acción Ecológica ed Esperanza non vollero lasciar passare questa occasione per creare conflitto, attirare l'attenzione e denunciare il consorzio.
Ho capito quella sera lo spessore dell'impegno di Esperanza: non basta scrivere degli articoli e presentare delle mozioni; la tutela del patrimonio naturale esige forme di lotta assai più efficaci e nel contempo più esposte.

L´Ecuador è un paese piccolo geograficamente, ma grande nella sua biodiversità e nelle sue ricchezze naturali. Purtroppo la miopia generale vuole arrivare a uno sviluppo rapido, senza proteggere questo patrimonio. Sono più o meno 300.000 barili di greggio che si estraggono giornalmente fin dal 1972, e tutti i governi hanno tentato di aumentare questa quantità. È per questo che continuamente chiamano a concorso, si rilasciano nuove concessioni e si aprono pozzi, costruendo strade di collegamento, aprendo bacini per il greggio inutilizzabile e i residui e cospargendo di oli il territorio, con i danni ben noti. I popoli indigeni vengono minacciati e aggrediti nelle loro terre ancestrali, la caccia e la pesca si esauriscono e gli indios sono costretti a migrare.

Esperanza ha imparato a tessere delle alleanze con gli indios dell'Amazzonia, appoggiando i loro tentativi, non sempre univoci, a negarsi e a ribellarsi. Oggi questo appoggio si fa più difficile, visto che le multinazionali impiegano antropologi ed etnologi per convincere gli indios per le buone.

È una vita fatta di lotte? Non solo. Esperanza proviene da una famiglia in cui tutti hanno assunto degli impegni più o meno chiari. Tralasciando la figura del padre panamegno, generale e scrittore e plurivincitore del Premio della Casa de las Americas, farò solo un accenno a una delle molte donne Martínez – Yánez, e questo ci riporterà a Città di Castello.
La sorella di sua madre, Alicia Yánez Cossío, è la scrittrice più conosciuta e più amata in Ecuador. Uno dei suoi 10 e passa romanzi si chiama "La Virgen Pipona". È la storia di un villaggio in cui si venera una vergine incinta (pipona) e dove gli indios vivono nella miseria, espropriati come furono, da parte del terrateniente, delle loro terre, per non avere in mano i titoli di proprietà e non poter dimostrare il loro antico possesso. Finalmente si scopre che questi documenti, che ridaranno le terre agli indios, erano custoditi sotto il vestito della Madonna, che perciò appariva incinta. Pensando a questa storia, Esperanza è andata a trovare la Madonna del Parto di Piero della Francesca a Monterchi/Sansepolcro.

Sono le lotte, però anche la vita vissuta con gioia, con intenso fervore. Ed è questo amore senza seconda scelta che Esperanza vive con il suo paese, un amore protettivo e combattivo, che è tutt'altra cosa che nazionalismo o campanilismo.
É l'amore per una terra straordinaria che si trova in pericolo per colpa delle ambizioni locali e le insaziabili necessità internazionali di risorse, per l'ignoranza di molti ecuadoregni e per l'acuta povertà di gran parte della popolazione.
È questo amore attivo, organizzato ed efficace che è un esempio per noi tutti, che oggi viene giustamente premiato con il Premio Alexander Langer.

Quando vivevo in Cile nei tempi del governo di Salvador Allende ci eravamo scritti con Alex e ci siamo scambiati le idee sui dettagli di quella utopia concreta. Poi, lavorando in Ecuador, avevo invitato Alex a venire. Ho sempre pensato che vedere l'Europa dal sud del mondo allarga moltissimo l'orizzonte. Alex finalmente non è mai potuto venire.
Mi pare però che altri portano avanti, in modo sorprendente e brillante, alcune delle idee sue più care.
Esperanza, e con lei Acción Ecológica, ci dà una lezione di come difendere il patrimonio naturale e i diritti di chi non ha voce, di come amare la bellezza della terra e trattare con il rispetto dovuto la Paccha Mama, madre di tutto e di tutti, di come lottare contro le forze che sembrano ingenti, anonime e invincibili, chiamandole per nome, suonando i tamburi e scandendo slogan, organizzando comizi, tessendo reti e instaurando alleanze.

Questa piccola grande donna dell'Ecuador, nella tradizione delle lotte indigene e meticcie della metà del mondo, dell'Equatore, non solo riesce a mobilitare l'opinione pubblica e l'opposizione del suo paese, ma con la sua forza ha contagiato molti altri gruppi e movimenti.

Un uomo solo è come un filo
Se si tira, si rompe, si spezza.
Tutti insieme
Siamo come un poncho:
Si può tirare da tutte le parti
E restiamo uniti, siamo forti.

¡Gracias Esperanza y muchas felicitaciones!


(Esperanza Martínez Yánez , premio Alexander Langer 2002, è stata invitata il 20 ottobre 2002 a Città di Castello, nell’ambito della Fiera delle Utopie Concrete. Questa è la laudatio letta in quell’occasione da Matthias Abram).


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