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NATASA KANDIC, La confessione della colpa.

UNA CITTÀ n. 113 / Maggio/Giugno 2003
L’inizio di un confronto col passato.

L’Humanitarian Law Center considera le confessioni rilasciate davanti al Tribunale dell’Aja da due ufficiali d’alto rango dell’Armata serbo bosniaca, Momir Nikolic e Dragan Obrenovic, riguardo il loro ruolo nel massacro di Srebrenica, un contributo importante per stabilire la verità riguardo Srebrenica, con un chiaro messaggio a Serbia e Repubblica Serba di Bosnia (Republika Srpska) sulla necessità di venire a patti col passato.
Con la loro confessione, Nikolic e Obrenovic hanno offerto un grande aiuto alla loro nazione affinché si confronti con la verità e ponga fine ad anni in cui si è preteso di far credere, sia in Serbia che nella Republika Srpska, che i fatti di Srebrenica non siano mai accaduti, o che 7000 musulmani si siano uccisi tra di loro in una disputa per decidere se arrendersi o meno. Alla Serbia e alla Republika Srpska è stata così offerta una chance per riconciliarsi con il pesante lascito del loro passato, accettando la responsabilità di restituire dignità alle vittime di quell’orribile crimine contro l’umanità che si chiama Srebrenica.
L’accordo raggiunto tra Nikolic, Obrenovic e l’ufficio del Pubblico Ministero, in sostanza il ritiro dell’accusa di genocidio e una più leggera pena carceraria in cambio della confessione, non diminuisce la loro responsabilità nell’aver incondizionatamente accettato e partecipato a quell’ “impresa criminale congiunta”; anche se non esaudisce la domanda di giustizia auspicata dalle vittime. In questo e in altri casi di ammissione di colpa, la verità esce comunque vittoriosa sulla negazione del crimine. …
Al di là delle loro confessioni, Nikolic e Obrenovic hanno accettato di collaborare con l’ufficio del Pubblico Ministero e di fornire tutte le informazioni che verranno loro richieste. Questo include anche l’impegno a testimoniare nei procedimenti contro i loro co-imputati, come pure in qualsiasi altro processo, udienza o causa legale, avviati dal Tribunale dell’Aja. Nikolic e Obrenovic hanno ammesso che c’è stato un pesante attacco contro la popolazione civile di Srebrenica, il cui risultato è stata la morte di oltre 7000 musulmani bosniaci, tra cui donne, bambini e anziani. Hanno anche confessato che la loro condotta al tempo degli episodi incriminati era fondata su motivi politici, razziali e religiosi, con un chiaro intento discriminatorio.

Le confessioni
Nella sua confessione, Momir Nikolic ha affermato che l’esercito della Republika Srpska aveva un piano preciso: durante l’attacco di Srebrenica, l’intera popolazione musulmana sarebbe stata deportata con la forza, dall’enclave al territorio sotto controllo musulmano. Ha ammesso che dopo l’attacco e la caduta di Srebrenica, l’11 luglio, era stato ufficialmente informato del piano di deportare le donne e i bambini in territorio sotto controllo musulmano, mentre gli uomini sarebbero stati separati e poi assassinati. Dalla sua confessione risulta che il capo della sicurezza del Corpo Drina, il Tenente Colonnello Vujadin Popovic, lo aveva informato, il 12 luglio, a Bratunac, alla presenza del capo dell’intelligence, il Colonnello Kosoric, che tutte le donne e i bambini raccolti a Potocari sarebbero stati trasferiti in territorio musulmano nei pressi di Kladanj, mentre gli uomini in condizione di prestare servizio militare sarebbero stati trattenuti e poi uccisi. A Nikolic era stato assegnato il ruolo di coordinare e organizzare l’operazione; gli erano anche stati assegnati i luoghi in cui detenere gli uomini musulmani: la vecchia scuola elementare Vuk Karadijc, la scuola superiore Djuro Pucar Stari, e un hangar (a 50 metri dalla scuola superiore). Nikolic aveva poi individuato le due sedi in cui assassinare gli uomini: l’impresa statale “Ciglane” e la miniera “Sase”.
Nikolic ha trascorso quasi l’intera giornata del 12 luglio a Potocari, coordinando e facendo la supervisione del trasferimento di donne e bambini a Kladanj, e trattenendo gli uomini in condizione di prestare servizio militare. Ha portato a termine l’operazione con l’aiuto del comandante delle forze speciali di polizia, degli ufficiali della polizia militare del Corpo Drina, sotto il comando del Maggiore Petrovic, di membri della milizia “Lupi Drina”, di parte del Decimo Distaccamento Guastatori, di elementi dell’unità di polizia del 65° Reggimento di Difesa, del 2° e 3° Battaglione di Fanteria della Brigata Bratunac, della polizia militare della Brigata Bratunac, e della polizia civile con i pastori tedeschi. La sera di quello stesso giorno ha fatto rapporto al suo comandante, il Colonnello Vidoje Blagojevic, sul trasferimento di donne e bambini e sull’esecuzione degli uomini. Blagojevic gli ha detto di proseguire nell’operazione avviata.
Il 13 luglio Nikolic ha guidato le unità presenti a Potocari nell’organizzazione dei trasferimenti e nella separazione degli uomini. Quello stesso giorno ha fatto rapporto al generale Ratko Mladic presso Konjevic Polje sull’andamento dell’operazione. Era presente quando i prigionieri musulmani hanno chiesto al generale Mladic cosa ne sarebbe stato di loro, ed è stato loro risposto di non preoccuparsi, che sarebbero semplicemente stati trasferiti altrove. Più tardi, quel giorno, Nikolic, il comandante del plotone di polizia militare di Bratunac, Mirko Jankovic, e l’ufficiale di polizia, Mile Petrovic, hanno percorso la strada che collega Bratunac e Konjevic Polje in un mezzo di trasporto prigionieri delle truppe olandesi, intimando ai musulmani di arrendersi.
La sera Nikolic, seguendo gli ordini del Colonnello Beara, si è recato a Zvornik per informare Drago Nikolic, l’ufficiale di sicurezza della Brigata Zvornik, che diverse migliaia di prigionieri musulmani stavano per essere trasferiti da Bratunac a Zvornik, dove sarebbero stati uccisi. Sulla via del ritorno verso Bratunac ha incrociato diversi autobus pieni di prigionieri diretti a Zvornik. Quella stessa sera è stato informato che nel frattempo dagli 80 ai 100 prigionieri erano stati uccisi nell’hangar vicino alla scuola di Bratunac.
Nikolic ha dichiarato che, dal 14 luglio fino all’ottobre 1995, membri della Brigata Bratunac, in collaborazione col Ministero dell’Interno e altre forze dell’esercito della Republika Srpska, hanno continuato a catturare e uccidere i prigionieri musulmani che tentavano di fuggire dalle zone di Srebrenica e Zepa. Secondo la versione di Nikolic, nei mesi di settembre e ottobre 1995, la Brigata Bratunac, con la cooperazione delle autorità civili, ha disseppellito i corpi da una fossa comune a Glogova, ma anche altrove, per spostare i cadaveri in singole fosse nall’area di Srebrenica. L’operazione è stata coordinata dallo stesso Nikolic, secondo gli ordini del Luogotenente Colonnello Vujadin Popovic, capo della sicurezza dei Corpi d’armata Drina.
Momir Nikolic ha confessato che, nel maggio 1996, prima di lasciare il suo posto al Ministero per i Rifugiati e gli Sfollati a Bratunac, ha distrutto tutta la documentazione che incriminava la Brigata Bratunac, lui incluso, per aver partecipato al massacro di Srebrenica. Questo è stato fatto in presenza di una commissione costituita da Rade Pajic, capo della sicurezza per i Corpi d’Armata Drina, il Capitano Lazar Ostojic, e altri due ufficiali dei Corpi Drina.

Nella sua dichiarazione, Dragan Obrenovic ha disegnato un quadro preciso del massacro di Srebrenica. La sera del 13 luglio Obrenovic è stato informato da Drago Nikolic che quella notte e il giorno successivo i prigionieri sarebbero stati trasferiti nei pressi di Zvornik, dove sarebbero stati uccisi. Allo stesso tempo, Drago Nikolic lo ha informato che quest’ordine arrivava direttamente dal Generale Mladic, e che l’intero comando ne era a conoscenza, incluso Vinko Pandurevic, il comandante di Obrenovic. Obrenovic ha confessato che, informato del piano riguardante l’esecuzione dei prigionieri, in assenza di Pandurevic, ne ha assunto la responsabilità, e ha fornito l’assistenza necessaria per portarlo a termine.
Il 14 luglio Obrenovic ha dato la sua approvazione affinché due autisti lasciassero il fronte con il loro mezzo per aiutare Drago Nikolic e Mirko Popovic a seppellire i corpi dei musulmani uccisi.
Il 15 luglio Obrenovic ha incontrato Dragan Jokic, che lo ha informato degli enormi problemi incontrati nel cercare di seppellire i corpi dei prigionieri, e nel far la guardia a quelli che ancora non erano stati uccisi. Obrenovic è stato anche informato che Beara, Popovic e Drago Nikolic stavano trasferendo i prigionieri dovunque gli passasse per la testa; gli era infatti arrivato l’ordine di Popovic di non tenere alcun rapporto, o documentazione, né di dire nulla alla radio riguardo queste esecuzioni. A un incontro con Vasic e Stupar del Ministero degli Interni, si era intanto discusso della colonna dei prigionieri e sul potenziale rischio che rappresentava per la sicurezza di Zvornik. Per aprire un corridoio e far passare la colonna occorreva un accordo con gli alti comandi. Obrenovic si è allora messo in contatto con lo staff del Generale e ha parlato con lo stesso Generale Miletic, che però ha rigettato la proposta: la colonna dei prigionieri andava bloccata e liquidata, come aveva ordinato. Obrenovic a quel punto ha chiamato il nuovo comandante dei Corpi d’armata Drina, Radislav Krstic, che gli ha spiegato che non c’era ragione di preoccuparsi della sicurezza della città, dato che Pandurevic, il Capitano Jolovic e i suoi uomini, i “Lupi Drina ” stavano arrivando a Zvornik. Poco dopo Obrenovic ha informato il suo comandante, Vinko Pandurevic, sulle esecuzioni sommarie condotte da Beara e Popovic.
Pandurevic ha chiesto perché i corpi civili non stessero scavando le fosse, come era stato loro ordinato; e perché la colonna dei prigionieri non era stata fermata. … Dopo la sua conversazione con Pandurevic, Obrenovic ha discusso con Lazar Ristic ai quartieri generali del 4° Battaglione della situazione a Orahovac, dove c’era stata un’esecuzione di massa dei prigionieri. Obrenovic è venuto così a sapere che lo stesso Drago Nikolic aveva preso parte alle uccisioni.
Obrenovic ha fornito informazioni anche rispetto al fatto che membri del Decimo Distaccamento Guastatori di Vlasenica avevano partecipato all’esecuzione di prigionieri a Petkovci, mentre i convogli e il personale impiegato per trasportare i cadaveri veniva dal 6° Battaglione della Brigata Zvornik. Il Decimo Distaccamento Guastatori del plotone di Bijeljina aveva partecipato all’uccisione dei prigionieri internati in una fabbrica militare a Branjevo; lo stesso avevano fatto soldati scelti arrivati da Bratunac.
Obrenovic ha dichiarato che il 18 luglio, in seguito alla morte di un soldato serbo durante la cattura di alcuni prigionieri musulmani, il suo comandante, Vinko Pandurevic, aveva emanato un nuovo ordine, per cui i prigionieri non sarebbero più stati arrestati, ma immediatamente uccisi. Quest’ordine è rimasto in vigore tre giorni, dopodiché, il 21 luglio, Pandurevic ha emanato un nuovo ordine, che stabiliva che tutti i prigionieri dovevano essere arrestati e processati secondo le modalità usuali.
Obrenovic ha anche ammesso di aver saputo che, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre 1995, Vujadin Popovic e membri della polizia militare del Corpo d’Armata Drina stavano lavorando per spostare e riseppellire i corpi dei prigionieri musulmani massacrati nel luglio 1995.

Nelle loro confessioni, Nikolic e Obrenovic hanno fornito una descrizione dettagliata dei singoli episodi e il nome degli ufficiali dell’esercito e del Ministero dell’Interno della Republika Srpska che portano responsabilità individuali e di comando per il massacro di Srebrenica. E’ in questo che le confessioni di Momir Nikolic e Dragan Obrenovic si distinguono da quelle di Biljana Plavcic (Presidente della Republika Srpska dal 1996 al 1997, Ndt).
Natasa Kandic
Humanitarian Law Center, Belgrado

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