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Gasana Ndoba: Il genocidio, la verità, la giustizia

1.10.1998, Città Castello 10.98
La resistenza delle vittime è lo sforzo di resistere di fronte a fatti innominabili ed a cose inaccettabili. Nel caso del Ruanda, rendere giustizia significa fare tre cose essenziali. La prima cosa è respingere l'impunità; dire no al fatto che qualcuno possa decidere di sterminare un gruppo etnico, nazionale e religioso e rimanere impunito. La seconda cosa è dire no alla vendetta personale e agli atti personali degli agenti dello Stato, che potrebbero commettere delle rappresaglie di tipo extragiudiziario. La terza cosa consiste nel prevenire la ripetizione del genocidio e in questo modo aprire un avvenire ai sopravvissuti e agli altri membri della popolazione. Mi soffermerò sulla questione della prevenzione, perché è importante, altrimenti, dopo un genocidio, non resta altro da fare che suicidarsi. Siccome il suicidio è inaccettabile per un'intera popolazione, come può la giustizia aiutarci a prevenire la ripetizione del genocidio e aprire l'avvenire e il futuro ? Ci sono tre tappe da seguire per rendere possibile l'avvenire, per dare una speranza alle persone che vivono in una società dove è avvenuto un genocidio. Il primo passo consiste nel fare piena luce sui fatti e rendere il fenomeno pienamente intelligibile, mostrando pubblicamente in che modo è avvenuto il genocidio, quali sono state le circostanze, quali sono stati gli attori e quali sono state le responsabilità. Insisto sul fatto che tutto ciò debba farsi pubblicamente, a livello nazionale e internazionale. Il secondo passo consiste nella punizione dei colpevoli. Una volta che si è stabilita la verità e si sa chi è colpevole e responsabile, bisogna realmente eseguire la pena. Quali sono gli obiettivi della punizione dopo un genocidio? Il primo obiettivo consiste nel delegittimare coloro che hanno commesso e, soprattutto, coloro che hanno ordito e comandato il genocidio. Il secondo nel dire che il genocidio è un crimine che è stato commesso da persone che erano ai vertici dello stato; il genocidio non è stato commesso da persone comuni, ma da persone che controllavano le leve dello stato. In questo senso il genocidio è stato un crimine di stato, da non confondere con un crimine senza responsabili. I responsabili controllavano i vertici delle istituzioni e per la gente essi rappresentavano un punto di riferimento nella società, in quanto incarnavano la norma.
Punire i responsabili permette alla società di riaffermare delle norme, dei riferimenti morali, che queste persone hanno calpestato e distrutto. Costruire delle nuove norme e dei nuovi valori che non sono quelli che esistevano prima del genocidio, rende possibile la coesistenza tra i cittadini. Terza tappa, è il fatto che la giustizia consente di risarcire i danni subiti dalle vittime.
Mi preme sottolineare che, a prescindere dal risarcimento in termini quantitativi, il semplice riconoscimento del danno subito, permette alla vittima di riacquistare la sua dignità. Infatti il genocidio è in genere accompagnato dalla distruzione dei beni che appartengono alla vittima.
Le vittime hanno diritto alla restituzione completa o almeno parziale di quanto è stato loro tolto. Dopo aver stabilito la verità, punito i colpevoli e risarcito le vittime si ha una possibilità d'impedire la ripetizione del genocidio. Ogni tanto mi viene rivolta una domanda: possono le vittime essere giudici? Godono di una legittimità per giudicare gli autori del genocidio ? La prima risposta è che, sicuramente, i boia non hanno la legittimità per giudicare; la loro legittimità l'hanno persa; il boia non può in alcun modo giudicare, e su questo penso che siano tutti d'accordo. Secondo punto è che il gruppo delle vittime è sicuramente quello che ha maggior interesse a che si faccia veramente giustizia. E' il gruppo che ha bisogno che il genocidio non si ripeta mai più. Terzo punto, le vittime non possono farsi giustizia individualmente, altrimenti sarebbe la vendetta. Però, le vittime organizzate collettivamente, possono trovare, all'interno di uno stato di diritto, la legittimità per giudicare i colpevoli. Ciò nonostante, poiché si tratta di un crimine contro l'umanità, le vittime, seppur organizzate collettivamente, dovrebbero beneficiare dell'appoggio, dei consigli, delle critiche di tutta la comunità internazionale, perché è tutta l'umanità ad essere stata colpita.

(Gasana Ndoba, è attualmente inviato ONU per il rispetto dei diritti umani in Rwanda. Estratto dall'intervento tenuto il 18.10.1998 a Città di Castello)
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