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Khalida Messaoudi a Bolzano per l'assegnazione del premio

4.7.1997, di Khalida Messaoudi
Detesto le prigioni materiali e le prigioni mentali

Cari amici, sono contenta di essere qui e ringrazio l'associazione PRO EUROPA per avermi invitato e per aver deciso di assegnarmi il premio Alexander Langer.
Io rispetto molto le persone in genere, e soprattutto quelle che lottano per la verità. E voglio dirvi quale è stato il mio sentimento, la mia reazione quando ho saputo di essere stata scelta per ricevere questo premio.
Il primo sentimento é stata la paura. Mi sono chiesta perché proprio io? Perché io, mentre ci sono in Algeria tante persone che lottano nello stesso modo? Perché? Me lo merito forse più di tutte quelle ragazze che ogni giorno vanno a scuola sfidando i diktat islamisti, che vorrebbero impedir loro di andare a scuola? Forse lo merito più io di tutti quei liceali che continuano ad andare a scuola per preparare il loro esame di maturità anche nei quartieri più colpiti di Algeri? Ragazzi che possono essere vittime di un attentato, come quello recente a Bab El Oued un quartiere di Algeri, mentre accompagnavano i loro compagni al cimitero e il giorno dopo sono di nuovo lì a scuola. Forse me lo merito più di loro? Più di quelle ragazze che si mettono - anche loro - in pericolo di vita tutti i giorni? Forse me lo merito di più di tutti i giornalisti algerini che continuano a lavorare, nonostante che 65 di loro siano stati assassinati, neppure per quello che avevano scritto, ma solo perché erano quello che erano? E nonostante questo, nonostante l'oppressione, le minacce di morte quotidiane, tutti i giorni continuano ad andare al loro lavoro e continuano a fare il giornale, e a lottare non solo contro queste minacce degli integralisti ma anche contro le censure e l'oppressione intollerabile di un potere che non accetta, che non sopporta la libertà di espressione. Forse io merito più di loro?
Mi chiedo anche se me lo merito più di tutte le mie concittadine, di tutte le donne algerine, che vivono fra l'incudine e il martello: da una parte sono minacciate dai gruppi islamisti che hanno fatto del cosiddetto matrimonio di piacere, cioè dello stupro e della violenza - che può arrivare fino all'assassinio - strumenti di guerra e di oppressione, e dall'altra devono subire quotidianamente l'ingiustizia, altrettanto insopportabile, organizzata dallo Stato attraverso l'infame codice della famiglia, di essere considerate sotto-cittadine. Anche loro, nonostante questa doppia pressione continuano a lottare tutti i giorni.
Nel ricevere questo premio ho quindi timore nei confronti di tutte le donne e tutti gli uomini del mio paese, che con la loro lotta quotidiana fanno sì che l'Algeria sia ancora in piedi. Persone per cui la parola libertà ha ancora un senso e per le quali vivere significa essere degni, avere una dignità.
E poi soprattutto ho avuto paura nel raccogliere "la sfida" che mi avete lanciato nel nome di Alexander Langer. Ho avuto paura di non essere all'altezza di proseguire questa lotta, che lui ha così degnamente combattuto per tutta la vita.
Ho capito che Alex, nonostante la morte, in qualche modo è ancora vivo. Il fatto che mi sia stato assegnato questo premio ne è la prova. Anch'io, così come voi, detesto tutte le prigioni, le gabbie, non solo quelle fisiche, ma soprattutto quelle mentali, contro cui Alex ha combattuto tutta la vita.
Sono molto felice di ricevere questo premio perché ciò significa che ci sono, al di fuori dell'Algeria, tante persone che riconoscono che la lotta delle donne e degli uomini democratici algerini appartiene in realtà a tutti gli uomini e donne democratici del mondo. Consegnare a me, Khalida Messaoudi, il premio Alexander Langer vuol dire riconoscere a me, algerina, cioè africana, musulmana, berbera, araba, mediterranea, lo statuto dell'universalità. Vi ringrazio davvero molto.
Spero di vivere a lungo, perché esserci è importante. Spero di continuare ad avere la forza di battermi e di essere ancora nel mio paese il giorno in cui potrò ricordare, pubblicamente e alla luce del sole, nello stesso tempo Averroè e Sant'Agostino. Per chi non lo sapesse, Sant'Agostino è algerino. Anche lui oggi è in prigione, perché il potere lo nega, nega agli algerini uno dei loro padri. Io sogno di poterlo riconoscere, così come Santa Monica, anche lei algerina. Sogno una scuola, in cui i bambini possano essere fieri di quella che è forse la nostra madre fondatrice, La Kahina (Dihya), un'antica condottiera, una regina che combatté contro gli invasori arabi.
Sogno anche che i nostri bambini possano andare fieri di Sukhina, un'altra donna, una delle pronipoti del Profeta, che già allora si pronunciò pubblicamente contro la poligamia.
Oggi so già chi mi prenderà per mano nel futuro: Mouloud Mammeri, un grande scrittore e antropologo studioso della Khabilyia; Tahar Djaout, il primo giornalista assassinato in Algeria; e da oggi anche Alexander Langer. Vi sono davvero molto grata di avermi dato un "padre spirituale" in più.

(Intervento tenuto a Bolzano il 4 luglio 1997)

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