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1.1 - L'infanzia a Sterzing: più culture fin da bambino

Alexander Langer nasce il 22 febbraio 1946 a Sterzing (Vipiteno in italiano), il primo paese - o meglio città, sin dal medioevo - che si incontra in Italia dopo il confine del Brennero.
Pochi mesi prima, nel maggio del 1945, alcuni esponenti sudtirolesi di lingua tedesca non compromessi con il nazismo, avevano fondato a Bolzano la Südtiroler Volkspartei (Svp). Compito specifico del partito è quello di chiedere ed ottenere l'autodecisione per la popolazione di lingua tedesca e la conseguente annessione all'Austria del Sudtirolo. Primo segretario della Svp è Erich Ammon, oppositore delle opzioni del 1939 e capo partigiano in Val Venosta. Al momento della nascita di Alexander, questa battaglia è già praticamente persa, (4) ma il partito persegue lo stesso una politica che non lasci dubbi sulle compromissioni o le simpatie dei Sudtirolesi di lingua tedesca con il nazismo, e almeno per i primi anni cerca di promuovere le proprie battaglie politiche tramite persone di limpida fede democratica, antifascista ed antinazista.
Elisabeth Kofler, nata nel 1909, cattolica praticante, ma di cultura laica, farmacista di Sterzing, è sicuramente tra le persone più importanti della cittadina. Nel 1939 si era battuta tenacemente contro le opzioni, pagando le conseguenze che in quegli anni pativano gli oppositori. Per alcuni anni sarà consigliere comunale indipendente, rinunciando solo quando "diminuisce" la domanda di antifascisti in seno al partito. E' la mamma di Alexander, primo di tre figli maschi: lui, Martin e Peter.
Il padre Arthur, medico chirurgo all'ospedale di Sterzing, è nato e cresciuto a Vienna prima di trasferirsi a Bolzano. E' di origine ebraica.
Alexander vive fortemente fin da giovane un certo senso di estraneità, dovuto alla particolarità della sua famiglia. In "Minima personalia", (5) breve autobiografia scritta nel 1986, attacca così:

"Perché papà non va mai in chiesa?". Crescendo a Sterzing (950m, 4.500 abitanti), in una famiglia democratica e borghese, che a casa parla in lingua (tedesca) invece che in dialetto (tirolese) e nella quale si respira un clima molto rispettoso e tollerante, mi inquieta molto il fatto che mio padre non vada mai in chiesa. Un giorno, approfittando del mio compleanno, oso chiedere alla mamma il perché. Me ne sento un po' in colpa, anche per il fatto di non parlare in dialetto. Più tardi mia madre mi spiega anche che mio padre è di origine ebraica e che non conta tanto in che cosa si crede, ma come si vive. (6)

Di fatto, il piccolo Alexander si trova già ad essere, inconsciamente, ponte fra più culture: Sudtirolese, ma legato a quella piccola parte dei Sudtirolesi che non accettò (o non condivise) il diktat di Mussolini ed Hitler, rifiutando di tradire la propria Heimat e di sottomettersi al nazismo; austriaco, ma formato a quella parte della cultura austriaca la più distante dal Sudtirolo: la tradizione mitteleuropea della Vienna laica di estrazione ebraica.
La contrapposizione etnica è da subito molto forte in provincia di Bolzano, anche se Sterzing, popolata per i tre quarti da Tedeschi, ne è solo parzialmente toccata. In casa Langer, dove pure si è convinti dell'ingiustizia dell'atto di annessione, si vive con un certo fastidio la tensione palpabile. Ricorda Alexander:

A casa mia non si è mai issata la bandiera tirolese, né alcun'altra bandiera. Nella festa del Sacro Cuore passava qualcuno che si segnava sul taccuino le case con la bandiera. Per conto del partito tirolese. Un altro faceva la stessa cosa, per conto della Questura. (7)

Alexander frequenta l'asilo italiano di Sterzing - i suoi genitori desiderano che impari bene l'italiano - e dal 1951 la scuola elementare di lingua tedesca.
La popolazione italiana di Sterzing era essenzialmente legata alle caserme militari, doganieri e finanzieri in particolare. C'erano la scuola media e superiore in italiano per i figli degli ufficiali, ed era del tutto scontato che non ci fossero quelle tedesche. Chi, come Alexander, vuole frequentare le scuole in lingua tedesca, deve per forza spostarsi a Bolzano, cosa che fa partire dal 1956 frequentando il collegio dei padri Francescani.
Il passaggio da Sterzing a Bolzano è abbastanza traumatico. Sono gli anni in cui cresce la tensione etnica. Anche in casa Langer, dopo i primi attentati, ci sono toni diversi tra la madre, più solidale con le ragioni tirolesi, ed il padre, preoccupato dei possibili rigurgiti nazisti. Il contrasto maggiore rimane tuttavia rispetto al clima fuori casa.
Nel 1956, a Bolzano, Alexander vede i cortei dei fascisti che, sventolando il tricolore, manifestano a sostegno dell'Ungheria invasa dalle truppe del Patto di Varsavia:

Io non capivo perché i fascisti sostenessero l'Ungheria, però mi accorgevo che questi, per sostenere l'Ungheria, passando davanti alla sede del giornale Dolomiten non perdevano comunque l'occasione per dire anche, "sud-tirolesi a morte", o cose del genere.
Ero sconcertato dal constatare che, se questi erano amici dell'Ungheria, certo nostri amici non erano. Eppure io mi sentivo, al contrario, molto simpatizzante dell'Ungheria e non capivo come anche loro potessero sostenerla. (8)

A Bolzano, Alexander conosce la realtà di una città etnicamente divisa, dove anche per lui il senso dell'appartenenza di gruppo si fa molto più vivo di quanto non potesse essere a Sterzing. Le scuole italiane e tedesche sono distanti, anche fisicamente divise, e quindi non c'è la paura dello scontro fisico, ma Alexander abita a casa di parenti, dipendenti della Montecatini, in un quartiere completamente italiano. Sull'autobus per la scuola sono solo due bambini tedeschi: "Lì ho capito cosa voleva dire essere minoranza." (9)

A mia madre chiedo "Perché noi non odiamo gli Italiani?". Mi spiega, tra l'altro, che se è vero che i fascisti hanno licenziato mio padre nel 1938, per via delle leggi razziali, è anche vero che dopo il 1943 sono stati gli Italiani a salvargli la vita E che, viceversa, lei e i suoi genitori, perché contrari all'opzione per la Germania di Hitler, erano stati isolati nel paese. "Né tutti i Tedeschi, né tutti gli Italiani sono buoni o cattivi, bisogna distinguere." (10)

Il giovane Langer sente comunque, in parte, il "fascino della resistenza etnica". (11) Quando una mattina passa in autobus da Waidbruck (Ponte Gardena) e vede che la statua equestre d'alluminio di Mussolini è stata fatta saltare, ne è contento. (12)
Si trova ben presto a vivere un conflitto di lealtà verso la famiglia e verso il gruppo etnico; una famiglia che riceve ospiti italiani in casa, con genitori che vogliono che i figli imparino l'italiano, mentre l'ambiente circostante è ostile agli Italiani. Un giorno si trova a giustificare anticipatamente i comportamenti "strani" della sua famiglia ad un amico invitato a casa: "Non meravigliarti, non devi pensare male, da noi ci si saluta con ciao." (13)
E' dunque in quegli anni che Alexander impara cosa voglia dire l'identità etnica, linguistica, nazionale. Un senso del noi, dell'appartenenza comunitaria e della delimitazione verso gli altri molto forte, che nel caso sudtirolese contempla anche un certo senso di conflitto e di contrapposizione. Accompagnata a questo senso del noi, Langer apprende la positività della propria diversità, in altre parole la volontà di mantenere la propria identità e la propria differenza.
Pur riconoscendo l'importanza di tale senso di appartenenza e di tale diversità, Alexander è fortemente disturbato dal conflitto latente, spesso manifesto, che ne deriva.
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