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1.6 - "Sul mio ponte si transita in entrambe le direzioni"

Dopo la fine del servizio militare, nel settembre del 1973, l'attivismo politico porta Langer lontano dal Sudtirolo per circa cinque anni. E' un periodo nel corso del quale Alexander realizza a pieno il proprio ruolo di ponte e di traduttore.
Ponte è chi congiunge le rive di un fiume immaginario che divide culture diverse, permettendo che gli abitanti delle due sponde si incontrino. Traduttore è quella persona che si mette a metà strada tra le due rive e si adopera affinché gli appartenenti ai due gruppi culturali possano capirsi e scambiarsi informazioni, cultura, esperienza e conoscenze. In definitiva: due facce della stessa medaglia. Langer si sente ponte e si adopera come traduttore, ma il suo sogno è che sia il Sudtirolo ad assumere appieno il ruolo di ponte che gli è storicamente proprio.
Dall'autunno del 1973 all'estate del 1975, Alexander è di nuovo in Germania, dove apre un "osservatorio politico e sociale" di Lotta Continua sui paesi dell'Europa centrosettentrionale:

Diventa sempre più ricco, più fitto e più variegato il reticolo di rapporti, di scambi, di ponti. Nel periodo in cui a nord delle Alpi si guarda con interesse e invidia all'Italia, sono ritenuto "esperto" di cose italiane: nelle conferenze che tengo a Berlino, a Innsbruck, a Berna, a Francoforte, a Colonia, a Utrecht, parlo delle lotte, delle organizzazioni sociali, della particolare spontaneità e autonomia di classe in Italia; a sud delle Alpi, insieme ad altri compagni, cerchiamo di far conoscere la realtà del "proletariato multinazionale europeo".
Più tardi le parti si invertiranno, per qualche tempo, e in Italia scoppierà la voglia di conoscere la Germania, l'Austria, i Verdi, le Bürgerinitiativen. Sul mio ponte si transita in entrambe le direzioni, e sono contento di poter contribuire a far circolare idee e persone. [Corsivo nostro, n.d.a.] (35)

Ho avuto la fortuna di svolgere, nel corso del tempo, attività e mestieri abbastanza diversi, e di non identificarmi con nessuno di essi al punto di assumere il ruolo e di dover pensare di continuarlo per sempre. E sono contento di possedere una carta di riserva che già varie volte mi è tornata utile anche per campare: traduco (volentieri), il che non è altro che un aspetto di quell'attività di ponte tra mondo tedesco e italiano cui non potrò più sfuggire. (36)

La Germania della seconda metà degli anni Settanta è la Germania che vede nascere e poi imporsi come movimento di massa la nuova cultura ecopacifista. I primi vagiti di quello che diventerà uno dei movimenti più importanti della Germania del dopoguerra, si avvertono già nel periodo che Langer passa in quel paese per conto di Lotta Continua. Alcuni anni dopo sarà lo stesso Langer ad "importare" e diffondere in Italia queste nuove sensibilità, ma in quel primo periodo di incubazione, quando Alex gestisce il suo osservatorio e prende contatti con immigrati, operai e sindacalisti, militanti della sinistra radicale e gruppettari vari, si tratta di un movimento che l'estrema sinistra italiana guarda ancora con diffidenza, o addirittura con sufficienza. In un dialogo con Adriano Sofri, nel 1985, un Langer già consapevole ricorda:

Ricordo che nel 1975, allora ero in Germania, a Francoforte, mi consigliarono di andare a Wyhl, vicino a Basilea, a vedere i vignaioli in lotta contro l'installazione di una centrale atomica importante. Ci andai, e in un articolo per "Lotta Continua" razionalizzavo a mio modo la situazione descrivendo la rassicurante presenza di giovani militanti che fornivano alla rabbia dei contadini attaccati solo ai loro vigneti le opportune tattiche sovversive. La conclusione che allora ne tiravo era che una parte della sinistra tedesca, troppo debole per affrontare il nemico di oggi, si attrezzava ad affrontare il nemico di domani. Nell'Italia "avanzata" si poteva agire sul breve periodo, nella Germania integrata si ripiegava sul futuro. Un giudizio analogo lo ripetei ancora nel 1978, quando ormai in Germania le manifestazioni antinucleari erano diventate imponenti. (37)

Una delle cose in cui Langer riusciva meglio, a detta di tutti coloro che lo hanno frequentato, era nel tessere reti tra le persone. Molti lo hanno conosciuto in treno, casualmente o per fargli qualche intervista, durante uno dei suoi tantissimi spostamenti tra un impegno e l'altro, tra una conferenza ed un seminario, tra una riunione di un gruppo di volontariato ed una manifestazione pacifista. La sua disponibilità era addirittura esagerata, rubata ai pochi momenti in cui avrebbe potuto rilassarsi e che invece utilizzava per scrivere o per parlare con chi lo desiderasse. Peter Kammerer - nel saluto portato alla Badia Fiesolana in occasione del funerale - lo ricorda come un uomo leggero, perennemente in viaggio e armato solo di una piccola valigia, ispirando con questa immagine ad Edi Rabini e Adriano Sofri il titolo della raccolta postuma di scritti da loro curata: Il viaggiatore leggero.
Alexander aveva un'agendina, fitta dei nomi di tutte le persone che aveva incontrato, e riusciva sempre a mettere in contatto tra di loro, anche a migliaia di chilometri di distanza, coloro che riteneva "utile" si conoscessero. Anche questo era un modo di fungere da ponte.

Dall'autunno del 1975 Langer è di nuovo in Italia, a Roma. Insegna in un liceo scientifico e collabora a tempo pieno con il quotidiano Lotta Continua, dove svolge il praticantato per diventare giornalista professionista.
Alla fine del 1976, Alexander partecipa al secondo ed ultimo congresso di Lotta Continua a Rimini. E' quello in cui, dopo la trasformazione sostanzialmente fallimentare del movimento in partito, ne viene sancito lo scioglimento sotto l'azione del movimento femminista. (38)
La sinistra italiana nata dal '68 è in crisi generalizzata, disgregata com'è dalle spinte centrifughe di mille gruppetti e dalla nascente lotta armata. Il terrorismo comincia ad insanguinare il paese e molti giovani non vedono alternativa tra la clandestinità e l'apatia politica. Lo scioglimento di Lotta Continua ed il vuoto che questo crea nel panorama politico alternativo, presenta il rischio concreto di foraggiare la lotta armata con nuovi adepti, trasformando il principale movimento degli anni Settanta in un serbatoio di uomini per il terrorismo. Langer percepisce questo pericolo e ritiene, con altri membri del partito, che continuare la pubblicazione del giornale anche senza una forza politica di riferimento possa rappresentare un modo utile di combattere la crisi e, specialmente, le sue possibili conseguenze drammatiche. Nel periodo 1976-77, assume la direzione responsabile del giornale Lotta Continua:

Mentre alcuni dirigenti di primo piano (a partire da Adriano Sofri) si ritirano totalmente, mi sembra di dover contribuire insieme ad altri compagni (tra i quali Paolo Brogi, Franco Travaglini, Enrico Deaglio, Clemente Manenti) all' "atterraggio morbido", proprio per evitare una rovinosa e inconsulta ritirata o una altrettanto rovinosa e inconsulta radicalizzazione dei militanti la cui fiducia - che avverto - mi responsabilizza fortemente. E' un lavoro un po' da epigoni, e varie volte tento di sottrarmene, ma ogni volta una nuova emergenza mi richiama: il movimento del 1977, i morti di Stammheim e l'inverno tedesco, il rapimento Moro Nell'impegno del quotidiano Lotta Continua a sostegno dei referendum radicali (raccolta di firme nel 1977, campagna per il voto nel 1978) vedo un utile sbocco e caldeggio con molta energia questa scelta. Solo nell'estate del 1978 penso di potermi permettere il ritiro graduale dalla redazione e dai residui collegamenti organizzati. (39)

Nello stesso periodo, Alexander riprende l'attività di insegnamento, sua antica e gratificante passione, ma che, costellata di alti e bassi, è spesso anche frustrante:

Svolgo con impegno e passione il compito di insegnante. In due periodi (1969-72, 1975-78) la scuola mi assorbe con particolare intensità. La mia vita nella scuola non è facile, costellata di trasferimenti punitivi, di note di qualifica con "sufficiente" e "buono", con frequenti interventi repressivi di presidi e provveditori. Mai un appunto sulla qualità della mia preparazione o dell'insegnamento, o un richiamo per scorrettezze disciplinari. Mi si rimprovera di "fare politica" e di non rispettare i ruoli prestabiliti.
Il rapporto con gli studenti, invece, è gratificante e durevole. Assai diversa la situazione nel Sudtirolo e a Roma. Mentre a Bolzano e a Merano la scuola è un luogo reale di acquisizione di sapere, decisivo nella formazione intellettuale degli studenti , a Roma si vive tra collettivi, cortei, assemblee e occupazioni. Ma anche lì un passaggio decisivo nella socializzazione degli alunni si compie a scuola.
Con molti di loro il rapporto è ancora vivo.
Di Roma ricordo con piacere l'intensa solidarietà e cooperazione con molti colleghi - compagni, nel quadro di una insolita sezione sindacale CGIL. (40)

Anche il rapporto con gli studenti, in realtà, non è sempre idilliaco, visto che in un articolo firmato Agilulfo su Lotta Continua del 23 luglio 1978 scrive:

Quest'anno ero decisissimo a non fare più il "commissario interno": non ne vedevo alcuna ragione perché il rapporto con gli studenti a scuola era stato largamente insoddisfacente e spesso frustrante.
Disgregazione, individualismo, rifiuto generico di ogni proposta politica o culturale e dell'impegno collettivo in genere sembravano sempre più caratterizzare la vita scolastica. "Ma chi ci crede ancora?" era l'interrogativo ricorrente, e poco importa se veniva riferito "alla scuola" o "alla politica", "alle lotte" o al "tutta la vita deve cambiare". L'assenteismo diffuso e la fiacchezza e sterilità di ogni dibattito mi hanno fatto venire la tentazione di andarmene, di piantare (almeno per qualche tempo) la scuola. Il manifesto disinteresse di gran parte degli studenti subentrato ad una lunga stagione di lotte e di impegno (il cui esito viene sentito come deludente) il loro rifiuto sempre più netto (e fondamentalmente motivato, anche se le ragioni sono il più delle volte inconsapevoli) di incontrarsi sul piano della cultura e del sapere che è possibile proporre a scuola e la crescente stanchezza verso "la politica" - - hanno ridotto la possibilità di scambio e di confronto con loro. (41)
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