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2.1 - La conversione ecologica

Abbiamo già accennato nel capitolo precedente all'intuizione che Langer ebbe nell'intravedere nella questione ambientale un grande tema "trasversale" capace di rappresentare concretamente un ponte tra gruppi linguistici diversi in Sudtirolo. La casa comune, il Sudtirolo indiviso di cui sempre parla la Nuova Sinistra, può essere quell'ambiente alpino che è interesse comune di ogni sudtirolese tutelare. L'ambientalismo, quindi, diventa presto un elemento caratterizzante la Lista alternativa per l'altro Sudtirolo e dal 1988, naturalmente, i Verdi alternativi, anche se Langer tende forse a sopravvalutare la forza aggregatrice dell'impegno ambientale. Le analisi dei flussi elettorali, infatti, sembrano dimostrare che la tutela dell'ambiente è più sentita nel gruppo linguistico tedesco che non dagli Italiani, (3) probabilmente ancora troppo legati a quella cultura industrialista che negli anni Venti e Trenta li aveva portati in Sudtirolo e specialmente a Bolzano.
Sarebbe per altro riduttiva un'interpretazione puramente strumentale della "svolta" ambientale di Langer e della nuova sinistra sudtirolese. Di fatto quella che Langer elabora nel corso dei primi anni Ottanta, dopo aver per molto tempo osservato - anche in modo critico e spesso attraverso la lente deformante dell'estremismo di sinistra (4) - il nascente movimento verde e i Grünen tedeschi, è una vera e propria conversione ecologica.
Quella di conversione è una nozione di origine cristiana che Langer usa per indicare non un semplice cambiamento di politica ambientale (depuratori, filtri, valutazioni di impatto ambientale), che pure deve essere presente nei programmi di una forza politica moderna e dichiaratamente ambientalista, ma che assume caratteristiche di ordine salvifico, quantomeno in termini culturali e soggettivi. Essa porta infatti con sé una sorta di fervore rivoluzionario, di presa di coscienza individuale e di autocritica di cui Langer sarà il più coerente promotore. Emerge così, tra le altre cose, una delle caratteristiche primarie dell'esperienza ecopacifista e cioè la rivalutazione, rispetto alla tradizione classica della maggior parte sinistra, dell'individuo e delle sue potenzialità soggettive. Questa si svilupperà in una sorta di "culto della diversità" (che in Langer è particolarmente sentito anche in relazione alla propria esperienza di sudtirolese e quindi alla sensibilità verso la tutela delle minoranze) e nell'affermazione del "fai da te" in contrapposizione alle tradizionali aspettative assistenzialistiche nei confronti dello Stato. (5)

Provenendo, in massima parte, dal campo della sinistra, che dell'accelerazione (anche giacobina) della storia e dell'avvento (anche coercitivo) del progresso aveva fatto la sua ragion d'essere, questi movimenti [i primi movimenti eco-pacifisti, n.d.a.] avevano in sé qualcosa del fervore dei ravveduti, dei dissociati da una corsa alla modernizzazione che via via svelava molti dei suoi orrori, accanto agli indubbi vantaggi immediati. (6)

Secondo Adriano Sofri, che nel 1985 intrattiene un dialogo con Langer sulle pagine di Fine Secolo, elemento caratterizzante di una conversione ecologica è quella che chiama una "coscienza pentita": nuovo strumento gnoseologico che si contrappone alla coscienza ingenuamente suicida del progressismo. (7)

Ridotto altrove a merce di scambio giudiziario o fatto fruttare da piagnoni e professionisti del senso di colpa, il "pentitismo" è invece in questo senso una fondamentale condizione di conoscenza. Fra l'altro, questo permette di uscire dall'alternativa fra non essere più qualche cosa o esserlo ancora, e fa di quello che si è stati una premessa necessaria e feconda di quello che si può e si vuole essere. Può non essere importante dichiararsi "di sinistra", ma è molto rilevante esserlo stati, e come lo si è stati. (8)

Si introduce qui uno dei temi più o meno latente a tutti gli scritti di Langer nella prima metà degli anni Ottanta, cioè la polemica verso il progressismo e il tentativo di superare, almeno teoricamente, la polarizzazione destra/sinistra.
Si può scegliere quasi a caso tra i numerosi scritti di Langer che all'inizio dello scorso decennio si occupano di definire l'identità politica ecologista, per capire quale sia la carica innovativa della concezione di langeriana della militanza verde. In un articolo per i Quaderni piacentini del settembre 1984, scrive:

Una proposta "verde" rispecchia un mutamento di giudizio sulla civiltà tecnologica, industriale, espansiva nel suo insieme, ed una scelta contro il modello di sviluppo - universalmente dominante nel mondo industrializzato o in via di industrializzazione - basato sulla crescita quantitativa del prodotto, del mercato, del reddito, del dominio, del controllo sociale, degli armamenti, dello sfruttamento delle risorse, della mercificazione e burocratizzazione di ogni settore della vita, in tutte le latitudini della terra, ed oltre.
Si genera qui non tanto la rivendicazione di un governo diverso delle ricchezze tra le classi sociali all'interno delle società sviluppate, bensì una critica ed autocritica radicale che coinvolge le stesse idee di progresso e sviluppo. (9)

La rottura con le impostazioni economicistiche più tipiche della sinistra sembra qui radicale. Lo stesso Langer vive in modo molto appassionato tale dissociazione e si preoccupa per molti anni di elaborare non una pratica di riforma della sinistra stessa, dalla quale pure la stragrande maggioranza dei militanti verdi proviene e nella quale ancora si collocano la generalità dei movimenti e dei partiti verdi europei, ma una costruzione teorica e pratica che differenziandosi dalla sinistra tradizionale possa andare a rappresentare un autonomo "terzo polo" a-ideologico che, affermando l'autonomia intellettuale del soggetto, sia in grado di dialogare su molti temi anche con parti dello schieramento "conservatore" e specialmente con grossa parte del suo elettorato. (10) Tale operazione riuscirà solo in parte, ai Verdi e allo stesso Langer, che pur nella propria vocazione a lanciare ponti non riesce sempre a superare in modo coerente la propria formazione culturale di tipo dialettico e conflittualista. (11)
pro dialog