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2.2 - "Non si potrà più essere rossi senza essere Verdi"

Ma cosa si imputa alla sinistra tanto da doverne sancire un così radicale distacco culturale?

Nella sostanza, destra e sinistra, conservatori e progressisti, rossi, bianchi e neri hanno concordemente puntato sull'accelerazione di una crescita che ha visto nei grandi consumi energetici o nell'impiego massiccio dei pesticidi in agricoltura il motore universalmente accettato che spingeva in avanti la macchina produttiva e sociale.
Certamente la logica del profitto ha fatto girare in maniera sempre più veloce questo carosello di crescita ed espansione smisurata che ormai è arrivata a minacciare la sopravvivenza delle specie viventi sulla Terra. Ma amici e nemici del profitto sono saliti indiscriminatamente sul carosello medesimo: gli uni in nome del mercato che garantiva benessere, gli altri per ottenere una più equa distribuzione dei benefici e nella speranza di togliere il volano dalle mani dei padroni privati per passarlo a quelle dei pubblici e collettivi. (12)

Ciò che le si imputa, dunque, è l'accettazione della logica industrialista e della crescita economica come presupposto della redistribuzione del reddito e della ricchezza ed una fede cieca nella storia "progressiva" dell'umanità che oggi si mostra non più realistica. Non è sufficiente, per Langer, l'affermazione per la quale dato che si distrugge l'ambiente in nome del profitto, chi combatte il dominio di un'economia fondata sulla ricerca del massimo profitto, cioè la sinistra, è automaticamente il miglior difensore della natura e con essa delle specie viventi e del genere umano. Infatti:

Intanto è assai difficile stabilire cosa voglia dire essere di sinistra oggi, e distinguere la sinistra per le sue opere, non solo per le sue parole.
E poi bisognerà interrogarsi anche sull'utilità pratica di certe classificazioni e trarne delle conseguenze.
In un mondo in cui Deng Xiao Ping chiama ingegneri stranieri per affidare a loro la ristrutturazione efficientista di certe fabbriche; in cui l'economia sommersa entra nell'orizzonte teorico e pratico degli economisti più avanzati della socialdemocrazia austriaca; in cui a Parigi ci si accusa reciprocamente di assistenzialismo tra mitterandiani e chirachiani per la vicenda dei clochards ospitati per qualche giorno nella metropolitana; in cui in Italia a proposito di fame nel mondo da sinistra si difende il ministero degli esteri di Andreotti; in cui intorno al part-time ed alla flessibilità dell'orario di lavoro si sono registrati in pochi anni sensibili correzioni di rotta anche nello stesso mondo sindacale in un mondo così - si converrà - il concetto di sinistra perlomeno non si rivela immediatamente utile per attribuire con chiarezza delle scelte politiche ad un determinato campo sociale ed ideale. Per non parlare di politica estera e militare, dove notoriamente sinistra e destra si comportano in genere come il cacciatore ed il bracconiere: fanno le stesse cose, ma si distinguono per la qualificazione nominale di quel che fanno.
E' di sinistra l'insistenza per lo "sviluppo" (industrialismo, espansione, crescita del prodotto nazionale lordo) e magari di destra la deindustrializzazione? [Corsivi nostri, n.d.a.] (13)

E' pure vero, riconosce Langer in questo e in altri interventi, che la sinistra ha rappresentato in Italia e all'estero il terreno di coltura di molte di quelle forze che si preoccupano di sostituire alla lotta e al trionfo della classe (operaia) la sopravvivenza della specie. Ed è altresì innegabile che la sinistra si sia sforzata negli anni Ottanta di assimilare ed integrare una qualche cultura ambientalista, così come negli anni precedenti aveva cercato di assimilare, e in parte ci era riuscita, il pacifismo, il femminismo ed altri fermenti scaturiti dai movimenti sociali degli anni Settanta. (14) La discriminate anti-sviluppista rimane tuttavia determinante, per un Langer che appare assai pessimista sulle capacità di autoriforma della sinistra. In una riflessione in cui riemerge la vecchia ostilità tutta "altro-sudtirolese" nei confronti dei "blocchi" infatti scrive:

All'interno della sinistra assai spesso si ragiona, in fondo, con una logica dei blocchi non troppo dissimile da quella tra est e ovest: si deve stare da una delle due parti (o a destra o a sinistra; o con i padroni o con la classe operaia, ecc.), tertium non datur, chi vuole sfuggire a questa polarizzazione forzata, in fondo intende fare il gioco di qualcuno ("dell'altro blocco", a seconda del punto di vista). Ma il voler pensare tutta la realtà in termini di blocchi finisce per bloccare la stessa possibilità di pensare. Ci si accontenta di aver individuato una contraddizione ritenuta principale e di raggruppare in riferimento ad essa ogni cosa, selezionando tra ragioni valide e prospettive ingannevoli, tra amici e nemici, tra arretratezza e progresso. Una logica di blocco non favorisce i cambiamenti, le nuove aggregazioni, la possibilità di introdurre nuovi valori e prospettive.
In questo senso ritengo che un ragionamento "verde" sia e debba essere trasversale rispetto alla tradizionale logica della sinistra e possa, anche per questo motivo, incentivare la formazione di nuovi progetti e di nuove alleanze sociali.
Anche se non si può certamente negare che su molti altri valori - di democrazia, di giustizia sociale, di liberazione dallo sfruttamento, ecc. - ci potranno essere terreni comuni. [Corsivo nostro, n.d.a.] (15)

Questa tensione verso il superamento dei blocchi anche in politica e negli schieramenti parlamentari, porterà Langer a contestare anche la tradizionale dicotomia governo/opposizione. (16) Denuncia in questo senso un retaggio di quella cultura extraparlamentare, o comunque estranea al gioco della politica tradizionale, che per i Verdi di Langer doveva tradursi in una sorta di "diluizione" del movimento e della politica stessa nella società. (17) Spesso questa trasversalità dei Verdi poteva essere interpretata come mancanza di coerenza o come una nuova forma di opposizione consociativa; un rischio del quale lo stesso Langer era ben cosciente. Nel 1995, in una delle sue polemiche verso quello che chiama negativamente il "Partito verde", (18) scrive non senza tristezza:

Tutto resta confinato in un imbuto stantio dominato di fatto dal piccolo cabotaggio, e la tanto lodata trasversalità rischia di diventare semplicemente l'arte di arrangiarsi un po' con chiunque, a partire dalla conquista di un posto, piuttosto che a partire dalla forza di una proposta capace di allearsi fruttuosamente con altri. (19)

In questa sua aspirazione, Langer troverà comunque un luogo di lavoro privilegiato nel Parlamento europeo. Nel leggere i suoi resoconti parlamentari ci sembra di rilevare spesso la soddisfazione per la nascita di schieramenti trasversali che, su temi specifici, riuscissero a raccogliere consensi oltre le contrapposizioni strutturate secondo la tradizionale polarizzazione destra/sinistra e ancor più maggioranza/minoranza. Tuttavia questo è probabilmente possibile solo in un'istituzione come il Parlamento europeo, che lo stesso Langer lamenta essere dotato di scarsissimo potere. Il Parlamento europeo, infatti non esprime il Governo dell'Unione, né le sue prerogative sono tali da produrre polarizzazioni di tipo organico maggioranza/minoranza. (20) Ciò può chiaramente rappresentare un vantaggio, ma anche una debolezza nell'efficacia della sua azione.
In conclusione, i rapporti tra sinistra e Verdi vengono riassunti da Langer in alcuni articoli del periodo 1984 - 1986 con una metafora particolarmente efficace. A chi afferma che "non si può essere 'verdi' senza essere 'rossi'" risponde, lasciando intravedere stavolta una speranza nella capacità di conversione della sinistra:

In altra occasione mi è capitato di paragonare il rapporto tra il "verde" e il "rosso" (termini semplificativi, ovviamente) al rapporto che i cristiani vedono tra il Nuovo e l'Antico testamento, tra cristianesimo ed ebraismo. Anche ai primi cristiani, consapevoli di essere portatori di una carica innovativa radicale, qualcuno dalle loro stesse file chiedeva di vestire i panni della legge d'Israele e di rispettare la tradizione dei suoi profeti, e di situare la sua predicazione sostanzialmente all'interno del mondo ebraico, pretendendo dai nuovi adepti (pagani) del vangelo anche la circoncisione e la frequentazione del codice israelitico. "Non si può essere cristiani senza essere ebrei", decretavano questi custodi della tradizione. Se il cristianesimo non avesse superato quell'angusta impostazione, si sarebbe ridotto a diventare uno dei filoni (forse una delle sette) della tradizione israelita e ne avrebbe probabilmente seguito le sorti, compresa la distruzione del tempio e la diaspora.
Accettando invece di operare in campo aperto, tra i gentili, senza pretenderne la conversione all'ebraismo, il cristianesimo - pur non buttando alle ortiche il Vecchio testamento ed i suoi insegnamenti - è diventato quel fermento (positivo o negativo che lo si giudichi) epocale che si sa.
Senza voler forzare le analogie - dato che i paragoni sono spesso ingannevoli - vorrei affermare che 1) intanto non è vero che il "verde" sia il naturale e scontato prolungamento della tradizione politico-culturale e del radicamento sociale dei "rossi"; 2) in ogni caso un affiancamento troppo stretto dei "Verdi" ai "rossi" rischierebbe di sterilizzare una buona parte del potenziale dinamico che l'ecologismo ed il pacifismo può attivare in aree non toccate dalla sinistra o ad essa inaccessibili.
Forse un giorno poi si scoprirà che le fondamentali speranze dei "rossi" dovranno ricollocarsi in una prospettiva "verde" per ritrovare un senso, nelle mutate condizioni storiche e dopo le sperimentazioni rosse messe alla prova per circa un secolo [Corsivo nostro, n.d.a.] (21)
pro dialog