Utilizziamo i cookie per rendere il nostro sito Web il più intuitivo possibile. Se continui, supponiamo che tu acconsenta a questo.
Ulteriori informazioni sono disponibili nella informativa sulla privacy.
3.3.1 - La dichiarazione di appartenenza linguistica
L'approvazione del secondo Statuto di Autonomia, del resto, seguì di un solo mese l'effettuazione del censimento del 1971. Ciò permette di ritenere che gli estensori dello Statuto, nell'approvare quell'art. 89 che sancisce la proporzionale etnica per l'accesso al pubblico impiego statale collegandola alle rilevazioni censuarie, (69) pensassero ad un censimento di quel tipo, anonimo, piuttosto che ad una rilevazione individuale di cui non esistevano testimonianze storiche e che lo ritenessero sufficiente a garantire l'applicazione della proporzionale (tramite l'uso di dichiarazioni ad hoc, per esempio). Nonostante la Svp avesse insistito in tal senso fin dal 1957 con un progetto di Statuto speciale, il legislatore costituzionale ha di fatto rigorosamente evitato di inserire nel testo definitivo una norma che determinasse in maniera rigida e permanente l'appartenenza etno-linguistica delle singole persone, rimandandone la disciplina ad eventuali norme di attuazione. Sono difatti le norme di attuazione ad aver reso nominativo il censimento e ad identificarlo in questo modo come lo strumento utile ad un'applicazione della proporzionale che potesse evitare dichiarazioni ad hoc opportunistiche e variabili a seconda delle circostanze.
Quello che viene comunemente chiamato "censimento etnico", in realtà, si sostanzia nella "dichiarazione nominale di appartenenza ad un gruppo linguistico". Il meccanismo di tale dichiarazione è disciplinato dal DPR nr. 752 del 26 luglio 1976, contenente norme di attuazione sul bilinguismo e sull'applicazione della proporzionale negli uffici pubblici. Con questo decreto, all'art. 18, si introduce la "dichiarazione di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici, resa e sottoscritta nel censimento generale della popolazione"; il censimento cessa quindi di essere una semplice indagine statistica, per diventare una vera e propria catalogazione anagrafica e nominativa dell'appartenenza linguistica dei cittadini sudtirolesi. (70) E' questa la specificità del censimento in Sudtirolo: l'obbligo di appartenere ad uno dei tre gruppi linguistici ufficialmente riconosciuti (tedesco, italiano o ladino) o, con la nuova normativa, di "aggregarcisi".
Il Consiglio di Stato, pur senza negare la dimensione volontaristica della scelta tra i gruppi, (71) ha però successivamente affermato che essa debba essere considerata tendente a rilevare la verità oggettiva. A partire da tale sentenza, fu dichiarata inaccettabile l'impossibilità di dichiararsi alloglotti o mistilingui. (72) "Non è concepibile - sostenne il Consiglio di Stato - che l'ordinamento vieti al cittadino di dichiarare la verità e gli imponga di occultare la propria identità culturale e linguistica."
Inoltre: l'articolo 15 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo prevede il diritto di cambiare nazionalità (73) e sarebbe da ritenersi perciò inaccettabile, secondo noi, un censimento individuale obbligatorio che fissa un'appartenenza vincolata, sia pur solo per dieci anni, e che tende inevitabilmente a sancire la preminenza del gruppo sul singolo, definito in termini di appartenenza, ed a contrapporre di conseguenza i diversi gruppi. (74)
Ciò che in definitiva crea i maggiori problemi, in un meccanismo già di per sé lesivo della libertà individuale, è il legame che si è venuto a creare tra dichiarazione di appartenenza linguistica e benefici conseguibili. Oltre a creare discriminazioni su base linguistica, spingere alla polarizzazione e allo scontro etnico, tale legame inficia il censimento anche dal punto di vista statistico, laddove questo dovrebbe essere lo scopo principale di tale rilevazione. La disciplina etnica del Sudtirolo è cioè responsabile delle numerosissime dichiarazioni non-veritiere che viziano il risultato del censimento in questa provincia. Se infatti, come già detto, la dichiarazione di appartenenza si configura giustamente come una dichiarazione di volontà e non come una dichiarazione di scienza, non é possibile alcuna forma di impugnazione di detta dichiarazione fondata su ragioni di mancata corrispondenza a verità, né è possibile contestarla sulla base di elementi contraddittori rispetto al suo contenuto. Ciò permette, evidentemente, dichiarazioni non veritiere ed opportunistiche.