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3.3.3 - Appartenenza plurima

Allora io penso che la questione dell'identificazione etnica abbia una caratteristica, in questa forma, assolutamente inaccettabile da un punto di vista delle libertà civili e democratiche perchè pretende un'identificazione che in ben altre forme dovrebbe esprimersi , penso che il tipo di identificazione etnica che il censimento ha finito per imporre nella nostra realtà, sia un tipo di identificazione coattiva e da questo punto di vista in poi è chiaro che allora nasce il casino su quante identità debbano essere ammissibili e tutelate e quali e così via.
mi sembra che persistere nel modello di censimento '81, significa volere che qui esistano una accanto all'altra tre comunità rigidamente distinte, cioè che esistano tre noi, non compatibili tra loro, con l'imposizione di una scelta obbligatoria su a quale dei tre possibili noi si voglia appartenere. (81)

Di fatto è quasi superfluo dedicare uno specifico paragrafo a quanto Langer pensò e scrisse sul censimento e sull'applicazione della proporzionale. Si tratta di un passaggio talmente importante nella vita politica di Langer e, almeno dal suo punto di vista, nella storia recente del Sudtirolo, che paradossalmente "vuole" quasi obbligatoriamente uno spazio proprio, pur essendo più volte filtrato nelle pagine precedenti ed essendo stato, di fatto, proposto e discusso in altre parti di questo capitolo e del capitolo biografico introduttivo. Si rischia, cioè, di limitarsi ad una "rassegna" di frasi e dichiarazioni di Langer riportate in modo organico a completamento di riflessioni già fatte in precedenza. Il censimento rappresenta infatti per Langer "il punto (per ora) più alto di separazione ufficiale tra i gruppi etnici e di contesa sulla forza dei gruppi stessi"; (82) processi, cioè, già più volte considerati.
Le analisi di Langer assumono dimensioni spesso profetiche, che impressionano a posteriori per la loro lucidità e per la puntualità con la quale si sono avverate alcune delle sue previsioni (fortunatamente quelle meno drammatiche), mentre altre volte appaiono un po' esasperate nella coerenza delle conclusioni. Spesso per esempio, ma più per provocazione o per "segnalare" i rischi intrinseci ad una esasperazione delle politiche di segregazione, si leggono, accanto a riflessioni più pacate, dichiarazioni timorose addirittura di possibili guerre civili:

In fondo la sua proposta, prof. Acquaviva, rappresenta la continuazione di certi discorsi che si sentono fare nei paraggi SVP. non vorremmo mai che qualcuno possa - dati del censimento alla mano - procedere ad una qualche spartizione del territorio, oltre che della gente, della società di tutta la vita. Ma lo capisce che con questi ragionamenti non si può che arrivare alla guerra civile, alla guerra etnica riferita - rispettivamente - all'Italia ed a...non si sa bene se l'Austria, la Germania (Baviera?) o chi altro? [Corsivo nostro, N.d.a.]. (83)

bisogna rendersi conto che l'impostazione istituzionalmente corporativa, "per gruppi linguistici", di ogni aspetto della nostra vita autonomistica, rischia di uccidere in poco tempo la legittimazione democratica del così necessario, e così lungamente negato, autogoverno locale, della particolare tutela delle minoranze nazionali tedesca e ladina, della reale e piena parificazione italiana e tedesca nel territorio.
E rischia di rendere definitiva una logica di blocco, di compattazione nazionalistica, di perenne contrapposizione, di contenzioso istituzionalizzato tra popolazioni di diversa lingua. Gli attentati ne sono la conseguenza necessaria, forse neanche la più pericolosa, oggi: ma in fondo essi perseguono, con altri mezzi, questa politica, rendendola forse irreversibile. [Corsivo nostro, N.d.a.]. (84)

L'odio latente ed una certa disponibilità alla "revanche" costituiscono il terreno di coltura degli atti di violenza che da due anni ormai si sono ripresentati sulla scena e dei quali è prevedibile l'ulteriore escalation.
[…] evidente il rischio che i risentimenti comprensibili e giustificati contro certi eccessi si traducano in risentimenti complessivi anche contro l'autonomia e la tutela delle minoranze […] sia attraverso nuove forme legali di organizzazione del "disagio italiano", sia attraverso una escalation di eruzioni illegali e violente.
D'altro canto è anche prevedibile già ora che l'inasprimento già avviato anche da parte tedesca moltiplicherà l'invocazione legale ed illegale dei propri "amici" tedeschi (ed austriaci): pretesto da sempre assai gradito dall'estrema destra di stampo nazista per intervenire.
Non sono rosee le prospettive degli anno Ottanta. E molti preferiscono non vedere, non sentire, non agire. [Ultimo corsivo nostro, N.d.a.]. (85)

Il problema vero, però, sta nei devastanti effetti sociali indotti nella società sudtirolese dai meccanismi della proporzionale e dalle sue modalità di impiego. Langer, nel lanciare il grido di allarme per una società che va a strutturarsi irrimediabilmente in modo corporativo ed antidemocratico, denuncia l'istituzionalizzazione di un ordinamento che fa perno sulla stessa spartizione in tre gruppi linguistici:

Hilfe, aiuto! Non lasciateci soli a combattere, con tenacia ed un po' di ostinazione, per non diventare da minoranza oppressa una minoranza-maggioranza oppressiva e razzista. (86)

Perchè è indubbio, secondo Langer, che:

sul piano generale, un sistema così concepito e sempre più perfezionato suggerisce e incentiva una sempre più rigorosa separazione tra i gruppi etnico-linguistici conviventi e tra i singoli individui, e contiene innegabilmente pericolosi germi di involuzione razzista, avvallata da numerose norme emanate in nome e con l'autorità della repubblica italiana. (87)

Il discorso sulla separazione della società sudtirolese assume forme e denuncie diverse a seconda della situazione e del momento storico. A volte Langer riflette sulla proporzionale, a volte sul censimento, a volte su altri aspetti dello speciale regime di segregazione sudtirolese.
Di fatto la tendenza alla separazione dei gruppi etnici ha caratterizzato la politica sociale del Sudtirolo fin dal primo dopoguerra. Già a partire dagli anni Cinquanta si andavano costruendo strutture parallele in ogni settore della vita dei Sudtirolesi: dalle scuole alle associazioni sportive, dai gruppi culturali e ricreativi, fino persino ad associazioni religiose come l'Azione Cattolica e la Caritas. Lo scopo era chiaramente quello di impedire i contatti tra le due realtà, negando le occasioni di conoscenza reciproca, in modo da alimentare sulla diffidenza e sulla reciproca ignoranza la crescita separata di due comunità autonome e il più possibile autosufficienti. Langer denunciava già negli anni Sessanta, studente liceale e poi universitario, questa situazione di reciproca indifferenza, invitando i propri coetanei a saltare i muri, tradire i propri "blocchi etnici" per costruire una società indivisa, pur nel rispetto delle differenze linguistiche e culturali. (88)
Regimi e forme diverse di proporzionale erano già stati introdotti, nel corso degli anni, in diversi settori, come per esempio nel pubblico impiego regionale e provinciale. Langer appare contraddittorio quando riconosce nella proporzionale un mezzo potenzialmente utile per la riparazione di alcuni torti del passato, mentre in altri momenti sembra identificare tale strumento come il principale responsabile della situazione sudtirolese. In effetti la proporzionale tende di per sé a dividere la società in gruppi a base etnica, riducendo la dialettica sociale al confronto tra i due gruppi linguistici e riconducendo ogni altro confronto (di classe, per esempio) all'interno dei gruppi stessi. La disponibilità economica delle istituzioni regionali e provinciali, e quindi dei dirigenti istituzionali dei due gruppi linguistici, permette inoltre di limitare concretamente ogni forma di conflittualità sociale: ad un operaio tedesco converrà comunque battersi per i diritti dei "Tedeschi" contrapposti a quelli degli "Italiani" e portare poi le proprie rivendicazioni all'interno del proprio gruppo che, compatibilmente con un certo realismo politico-amministrativo, è in grado di soddisfarne le richieste. Si impedisce in questo modo sia la nascita di un'opposizione etnica di sinistra, (89) sia forme di solidarietà inter-etnica e quindi di incontro tra individui di gruppi diversi. Inoltre:

Sommariamente si tende a sviluppare, nel gruppo tedesco e ladino, la seguente caratterizzazione: "ceto medio" - "orientato a destra" (conservatori e reazionari, anti sinistra, organizzazione ed ideologia di tipo corporativo) - complessivamente al potere - "stabili in provincia".
Il gruppo italiano, invece, lo si vorrebbe fissare sulle seguenti caratteristiche almeno nella sua maggioranza): "proletario" - "di sinistra" - "all'opposizione" - "instabili in provincia", offrendo magari un trattamento speciale alla componente "ordinata" e magari assimilabile degli italiani: un'offerta di "collaborazione".
La proporzionale etnica nel pubblico impiego, la rimunerazione del bilinguismo, una serie di misure speciali per settori a prevalente occupazione "tedesca" costituiscono la concreta base materiale di questa politica e favoriscono la spaccatura etnica anche a livello di classe (all'interno della classe).
Una politica sindacale che sapesse reagire a questa tendenza solo con proclami ed appelli all'unità di classe, non avrebbe davanti a sé un lungo respiro. (90)

In questo quadro il censimento etnico non appare il responsabile ultimo del regime segregazionista del Sudtirolo, ma solo il suggello giuridico utile a cristallizzare, ed eventualmente estremizzare, una situazione già data e costruita sull'uso politico e culturale della proporzionale. Secondo Langer gli obiettivi che, nella logica del sistema autonomistico sudtirolese (ovvero con riscontro nello Statuto), si dice di voler soddisfare con il censimento sono essenzialmente due: la garanzia di difesa dell'identità etnica, con l'accertamento della consistenza del gruppo linguistico e la conseguente verifica della capacità del sistema autonomistico di garantire la sopravvivenza dei gruppi linguistici tutelati, e la garanzia della giustizia etnica nella ripartizione di certe risorse. Per Langer si tratta di "due esigenze tutte e due in buona parte nobili e in parte anche ignobili." (91) Ciò che Langer considera ignobile non sono, in realtà i due fini qui detti, che peraltro trovano normazione nello Statuto (art. 15 e 89), ma l'interpretazione estensiva che se ne è fatta e l'aggancio al censimento nelle modalità previste. Per Langer, infatti, sarebbero sufficienti un censimento anonimo che rilevi statisticamente la consistenza dei gruppi, l'accertamento del reale bilinguismo e la dichiarazione ad hoc in quei pochi casi in cui si renda necessaria, per garantire il soddisfacimento delle (giuste) norme statutarie. Il censimento nominativo ha invece lo scopo politico reale di "garantire" l'identità etnica anche del singolo cittadino, con la "fissazione del singolo nel suo status di appartenente ad uno dei tre gruppi" in modo da permettere "che poi anche il singolo utente fruisca della parte per aumentare la quale era andato al fronte, si era iscritto al censimento." (92) Lo scopo cioè di "inquadrare" i cittadini sudtirolesi in caselle predeterminate e reciprocamente incomunicanti. Una volta creato quello che gli oppositori chiamano il "catasto etnico" , (93) risulta facile riferire ai gruppi separati ogni beneficio sociale, politico, economico, culturale ecc. attraverso leggi regionali e provinciali che "interpretino" lo spirito dello Statuto nei termini voluti dal partito dominante. Ecco dunque come il censimento non sia altro che lo strumento utile al congelamento di un "Sudtirolo diviso".
La battaglia contro il censimento etnico appare quindi un tassello - il più urgente - di una più generale battaglia, che è prima di tutto culturale, contro la filosofia del "meglio ci separeremo meglio ci conosceremo". L'impegno contro questa filosofia può quindi svolgersi su diversi piani, e a volte una certa proporzionale e il censimento possono anche appare il male minore:

La nostra preoccupazione deve essere la seguente:

a) trasformare la dialettica puramente etnica in una dialettica sociale, politica, culturale...e non solamente etnica; svincolare quindi l'appartenenza etnica rigidamente definita dai suoi "effetti politici": ecco perchè non è accettabile alcun "proporz" riferito ai seggi del consiglio comunale o provinciale;

b) far vedere come una rigida e legalistica manipolazione delle norme sull'appartenenza etnica finisca nell'assurdo;

c) insistere sul [collegamento della proporzionale al] censimento, anche se riteniamo poi che il censimento - come previsto - non sia accettabile: ma i dati complessivi sulla consistenza dei gruppi linguistici possono essere anche rilevati - come nel 1961 e 1971 è stato fatto - senza che ognuno venga segnato su un catasto etnico.

Non accettare la provocazione di chi (SVP, PCI, SPS, DC...) dice "prima siete contro la proporzionale legata ai seggi, ma poi sarete anche contro il censimento". (94)

Abbiamo già detto della capacità di Langer di unire alle battaglie di principio, se così possiamo considerarla, una forte dose di pragmatismo. Se l'aspetto più pericoloso delle bizantine applicazioni della proporzionale sta nel collegamento tra dichiarazione di appartenenza nominativa e "privilegi etnici" ad essi collegati, può esserne almeno diminuito l'impatto politico, ovvero la polarizzazione etno-partitica ("Italiano vota Italiano, Tedesco vota Tedesco"), ancorando l'applicazione della proporzionale, laddove non fosse derogabile per motivi statutari, ai dati del censimento piuttosto che ad altri metodi di calcolo (per esempio in relazione alla consistenza dei gruppi etnici nei consigli) e combattendo da un lato una battaglia politica (e dove possibile legale) contro la nominatività del censimento e dall'altro una battaglia politico-legale contro ogni altra forma di proporzionale non prevista dallo Statuto stesso. Langer, infatti, non smette mai di puntualizzare come la proporzionale sia prevista dallo Statuto solo in pochi casi limitati, e comunque tutti casi che, anche quando necessitino la conoscenza dell'identità etno-linguistica del singolo cittadino, non "prevedono o implicano certamente che ogni cittadino venga fissato nella sua appartenenza etnico-linguistica, ma richiede semplicemente che si conosca l'entità complessiva di ogni gruppo linguistico." (95)
Se lo Statuto appare dunque intoccabile, il nodo vero sta nel collegamento tra proporzionale, diritti di cittadinanza collegati ed identificazione nominativa di tutti i destinatari di tali diritti attraverso il censimento; nella spinta alla polarizzazione ed al conflitto operata dalla proporzionale e, in particolare, dal suo uso "etno-clientelare" e nella funzione di "blindatura" decennale e di esasperazione etnocentrica svolta dal censimento nominativo.

Se esisteva la possibilità concreta di creare una vera convivenza in Sudtirolo, il censimento rappresenta la pietra tombale su ogni nostra speranza.

Nel settembre 1991, in una sottoscrizione firmata da Langer e da altri oppositori sudtirolesi, i toni sono meno drammatici. Si prende atto che, nonostante lo svolgimento del censimento del 1981 nei termini conosciuti, altri processi hanno limitato ed in parte invertito gli effetti più deleteri impliciti in quel meccanismo. Ragione in più per non ripetere l'esperienza:

Molte cose in Alto Adige sono cambiate in meglio, da quando l'infausta contrapposizione etnica è stata superata grazie ad una migliore conoscenza e comprensione reciproca. Invece che contendersi questa terra centimetro per centimetro, tra blocchi etnici ostili, si è cominciato a capire che il Sudtirolo appartiene a tutti i suoi abitanti e che in pace si convive meglio che nella permanente controversia etnica. C'è posto per più di una lingua, cultura, tradizione identità - ed è giusto che questo lo si avverta e lo si veda nella vita sociale. Il rispetto per le peculiarità e per l'identità di tutte le persone ed i gruppi linguistici conviventi non sono incompatibili con una convivenza solidale e con una comune assunzione di responsabilità per il presente ed il futuro di questa terra. . Chi negli ultimi anni e decenni si è battuto - spesso con grande coraggio e contro corrente - per la comprensione reciproca e la convivenza, oggi potrebbe di per sé tirare un sospiro di sollievo e godersi, insieme a tutti, i frutti degli sforzi delle minoranze che hanno lavorato per la conciliazione. Il Sudtirolo potrebbe, a buon diritto, presentarsi come positivo esempio europeo.
Come si può allora comprendere. (96)

La proporzionale e il suo aggancio alla dichiarazione nominativa, per concludere, creano un altro fondamentale problema, con implicazioni più generali sul senso stesso dell'autonomia territoriale e amministrativa:

Passerebbe così, da molti punti di vista, in second'ordine il criterio territoriale (per cui una vasta autonomia provinciale sarebbe anche lo strumento principale di tutela della minoranza tirolese) per mettere sempre più in rilievo un criterio "personale", di "appartenenza" al gruppo linguistico "etnico", come la Svp preferisce chiamarlo).
Di molti diritti politici, giuridici, ecc.) e di molte opportunità materialmente assai rilevanti (casa, sussidi, posto di lavoro, ecc.) si viene a fruire non in quanto "cittadino dell'autonomia", cioè della provincia autonoma - con opportune "limitazioni di accesso" - ma in quanto "cittadino di un determinato gruppo linguistico. (97)
pro dialog