Utilizziamo i cookie per rendere il nostro sito Web il più intuitivo possibile. Se continui, supponiamo che tu acconsenta a questo.
Ulteriori informazioni sono disponibili nella informativa sulla privacy.
4.1. Convivenza interetnica
Una buona conoscenza della lingua - e quindi della cultura - dell'altro costituisce la base della comprensione, senza la quale non è possibile una buona convivenza3.
Lingua e cultura non sono separabili, ma vivono in simbiosi: formano un'unità facendo parte dalla persona, come elementi fondanti della comunicazione.
Inoltre, la conoscenza della propria cultura e la padronanza della madre lingua sono indispensabili per una proficua apertura all'altro: paura e diffidenza vengono superate da sicurezza e padronanza di sé.
L'insicurezza isola l'uomo, lo allontana dalla sua comunità, lo distoglie da un progetto comune, dalla solidarietà.
<<Il chiudersi è di identità deboli (come può essere una minoranza)>>; nasce così l'importanza della cultura popolare e delle tradizioni alla ricerca delle proprie radici.
L'incontro con l'altro, "fonte di reciproco arricchimento", è solo possibile attraverso il dialogo.
Impareremo a conoscerci meglio, ci arricchiremo a vicenda (l'ho sperimentato io stesso), comprenderemo meglio il carattere dell'altro e lo aiuteremo a vedere il nostro mondo nel modo giusto, a capirlo, e soprattutto contribuiremo a regalare alla nostra terra una maggiore comunicazione4.
Mediante questa "esperienza preziosa" si abbattono "i pregiudizi", che ostacolano l'obiettività.
Langer, nella realizzazione di una società nuove, è alla ricerca di "segni" con "grandi speranze per l'umanità" (il mestiere di essere uomini):
Solo chi è in grado di leggere ed interpretare i "segni dei tempi" è anche capace di comprenderes e stesso, i suoi simili, il mondo in cui viviamo, e di intervenire su di essi in modo efficace e al passo con i tempi5.
Considera la convivenza un'arte - estremamente difficile e complessa - ma soprattutto "un mestiere" che richiede, quindi, qualità artigianali oltre che intuizione, fantasia e creatività.
E come la pace, essa deve essere costruita giorno per giorno, anche se comporta il superamento di ostacoli:
La diversità, l'ignoto, l'estraneo complica la vita, puÒ fare paura, può diventare oggetto di diffidenza e di odio, può suscitare competizione sino all'estremo del mors tua, vita mea6.
Attento osservatore della realtà, cerca di fare esperienze dirette: quanto asserisce è frutto di maturata convinzione, convinzione non legata ad ideologie o alla fissità di dogmi, ma all'apertura del cambiamento. La sua vita gravita sulla conoscenza del pianeta terra e del "pianeta uomo". Questa oculata e profonda conoscenza gli permette un orizzonte chiaro : la capacità di differenziare è la premessa contro ogni pregiudizio, contro gli stereotipi caratterizzati da superficialità del pensiero che diventa passivo e, quindi, statico.
Aperto e tollerante, nemico di preconcetti e dogmatismi, è un vero ricercatore della verità e - come lui stesso si definisce - un portatore di speranza che cerca la coerenza tra le parole, le idee e l'azione e che, adoperandosi per cambiare la realtà auspica un mondo migliore.
Apre un discorso nuovo su collaborazione e convivenza tra persone
e gruppi di lingua diversa, diventando l'ispiratore di un "altro Sudtirolo", quello interetnico-verde-alternativo, in alternativa alla separazione etnica. Del resto, l'altro Sudtirolo non è qualcosa di nuovo, essendovi già state esperienze di convivenza negli ultimi duecento anni.
La convivenza pluri-etnica, pluri-culturale, pluri-religiosa, pluri-lingue, pluri-nazionale appartiene dunque e sempre più apparterrà alla normalità, mai all'eccezione. Ciò non vuol dire però, che sia facile o scontata, anzi7.
Essa, infatti, può venir sentita come arricchimento e come nuova occasione, ma anche come stato negativo a cui ci si sente condannati8.
Per ovviare a ciò, propone esperienze e progetti positivi che promuovono una cultura della convivenza (dove le identità vengono non solo riconosciute ma consolidate) in contrasto ai tentativi di forzata assimilazione nel periodo fascista e all'attuale rigida divisione dei gruppi.
Allo slogan (politico-culturale)"più ci separiamo, meglio ci capiamo" risponde: <<più abbiamo a che fare gli uni con gli altri, meglio ci intenderemo>>.
Nelle nostre città anche un altra conversione sembrerebbe importante: la conversione alla convivenza. Ai vecchi abitanti di Ninive se ne sono aggiunti tanti nuovi, la città è ancora troppo divisa e contrapposta, mancano spazi comuni, occasioni comuni di incontro e di azione tra persone di diversa provenienza9.
La coesione interetnica è, però solo possibile bandendo ogni forma di violenza.
All'interno della convivenza menziona i cosiddetti gruppi misti che definisce le "piante pioniere della cultura e della convivenza" e che possono servire da "coraggioso laboratorio" per l'arte e la cultura della convivenza, individuando così la via, complessa ma durevole, del vero dialogo interetnico.
La sua formazione culturale, come risulta dagli elementi biografici, è illuminante: asilo in lingua italiana, scuole fino alla maturità in lingua tedesca, università in lingua italiana e post-università in lingua tedesca.
Questa esperienza di lingue e culture diverse ha reso possibile la comunicazione, che - come dice Emmanuel Mounier - <<è meno frequente della felicità, più fragile della bellezza: basta un nulla a fermarla o a spezzarla fra due soggetti>>10.
Inoltre, educazione familiare basata su principi democratici di tolleranza e giustizia, ha costituito ciò che egli definisce "i privilegi di una situazione un po' atipica"11.
1 Langer, "Comprendersi", <<Bi-Zeta 58><, dicembre 1964 (periodico della gioventù studentesca di lingua italiana che ospita per la prima volta articoli di collaboratori di lingua tedesca), in Il viaggiatore leggero, Cit., p. 25.
2 Langer, "Cultura diversa", op. cit., p.27.
3 da <<Mosaico di pace>>, aprile 1993: la reciproca consocenza, la diffusione della conoscenza delle lingue ( più diffuso bilinguismo o tri-linguismo) possono essere assai più fruttuose che non la rivendicazione dello status o sulla precedenza tra le lingue, o addirittura la pretesa di eliminare l'uso di questa o di quella lingua nelle aree storicamente pluri-lingui.
4 Langer, "Cari studenti tedeschi: qualcuno ci chiamerà perfino traditori", Op. cit., pg 30. (pubblicato in lingua tedesca, trad. di D. Trevisan).
5 Langer, "Segni dei temi", <<die brücke>>, November 1967, Op. cit, p.38.
6 Langer, "Dieci punti per la convivenza inter-etnica", in La scelta della convivenza, cit., p. 33.
7 Ibidem.
8 Langer, Zehn Punkte fürs Zusammenleben zwischen Volksgruppen, Konfessionen, Ethnien...", <<Kommune>> Nr.8, 1995, in Aufsätze zu Südtirol/Scritti sul Sudtirolo, cit., p.235.
9 Langer, " proposito di Giona", in Il viaggiatore leggero, cit., p. 323.
10 E. Mounier, Il personalismo, Roma, Ave, 1974, cit., p.54, in L.Pati, Pedagogia della comunicazione educativa, cit, pp.79-80.
11 Langer, "Il gioco del noi e loro", Dal Sudtirolo all'Europa, intrevento presso il Centro Studi e Documentazione La Porta di Bergamo, 18.06.1980, <<I quaderni della Porta n.65>>, 1966.