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5.1. Incontro con la pedagogia di Don Lorenzo Milani

Da Minima Personalia:

Firenze.
(...) L'incontro più profondo è con Don Milani e la sua scuola di Barbiana, per la quale insieme ad una vecchia ebrea austro-boema, Marianne Andre, tradurrò in tedesco Lettera a una professoressa (pubblicato nel 1970). Come farò a non diventare "maestro" anch'io.


Quest'opera, realizzata in scrittura collettiva, diventerà sempre più attuale, tanto da acquistare <<il valore come di una immensa e mirabile metafora del tempo nuovo>>1.
Essa non è un modello, è un messaggio, e il messaggio non si limita mai, è sempre un appello a nuovi creazioni2.
La gentilezza di Langer si scontra felicemente con al rudezza di Don Milani, il cui fondamentale messaggio riguarda il valore della parola, in quanto mezzo di accesso al sociale e capace effettivamente di liberare i poveri dall'emarginazione.
Rimane per sempre affascinato dalla scuola di Barbiana: "scuola di formazione umana e civile", e dove le tecniche didattiche mirano prevalentemente all'acquisizione della "capacità critica", privilegiando il rispetto della verità e l'amore concreto per le persone, povere prima di tutto della "parola".
Un altro messaggio, che lo avvince, riguarda la definizione di "obbedienza":

Ovviamente il "caso Don Milani" e la sua presa di posizione sull'obbedienza che non era più una virtù mi colpivano profondamente ed esprimevano una posizione morale ed esistenziale in cui anch'io mi riconsocevo3.

E' solo di recente che la disobbedienza costituisce un campo di interesse per la pedagogia, che invita - già in età scolare - ad essere critici. E Don Milani, da priore ribelle, insegna con il suo stile di vita, quanto afferma.
Due anni prima della Lettera ai giudici (datata 18 ottobre 1965), in cui Don Milani scriveva che <<L'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni>>, Fromm aveva pubblicato il saggio "La Disobbedienza come problema psicologico e morale", che dimostra l'evoluzione dell'uomo mediante atti di disobbedienza.
Anche a livello stilistico Langer ci richiama don Milani, in particolare nella critica al rimprovero mossa ad entrambi sul piano educativo:

La mia vita nella scuola non è facile, costellata di trasferimenti punitivi, di note di qualifica con "sufficiente" e "buono", con frequenti interventi repressivi di presidi e provveditori. Mai un appunto sulla qualità della mia preparazione o dell'insegnamento, o un richiamo per scorrettezze disciplinari.
Mi si rimprovera di "fare politica" e di non rispettare i ruoli prestabiliti.
Il rapporto con gli alunni, invece, è gratificante e durevole.
(Da Minima personalia, "L'insegnamento", vp.5. La vocazione educativa (...).)

La grandissima maggioranza del giovani ha frequentato la nostra Scuola popolare. Comunisti e democristiani han seduto per sei anni negli stessi banchi sotto l'influsso profondo di un prete che non ha fatto nulla per vincerli ma solo per convincerli. Così è per molti caduto il muro della divisione, per quasi tutti l'idolatria dei partiti e dei giornali, in tutti è cresciuta la stima per l'oggettività inattaccabile di quel prete. Mi si accusa di non avere in classe il crocifisso e che in classe non parlo mai ex-professor di religione. Prima di trovarci a che ridire bisognava esaminare con serenità gli scopi e i risultati4.


1 In G. Pecorini, Don Milani! Chi era costui, Milano, Baldini & Castoldi, 1996, Citazione di E. Balducci (dopo 25 anni dalla nascita di "Lettera ad una professoressa"), pg. 73.
2 E, Balducci, "Attualità inattuale di Lorenzo Milani", <<Testimonianze>>, n.196-197, agosto-settembre 1977.
3 In Il viaggiatore leggero, cit., p. 70.
4 In Pecorini, op. cit., p.65 (promemoria al cardinale Elia Dallacosta).
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