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Conclusioni

I messaggi di Alexander Langer sono tanti, ma hanno tutti come denominatore comune la pace che, mai così in pericolo come ora, va curata e conquistata al pari della libertà.
Egli rinvia a una pedagogia della pace, che riguarda il singolo nel rapporto con la comunità secondo il principio di sussidiarietà e tolleranza.
Questo obbiettivo, in cui tutti devono sentirsi responsabili, costituisce la base per la convivenza interetnica in una società multiculturale, che viene valorizzata dall'aspetto dinamico di scambio reciproco.
L'attenzione è rivolta al mondo circostante ("Umwelt"), comprendente "Lebenswelt" (mondo della vita) e "Lebenwesen" (essere viventi) nella loro interdipendenza.
Tale pedagogia richiede L'interdisciplinarietà, mediante la quale è possibile la trasmissione di un sapere globale (creativo) e non settoriale (ripetitivo).
Nella ricchezza e profondità dei suoi messaggi è sempre presente questo filo conduttore, e dall'analisi conduce alla sintesi ("solve et coagula"). Mette in risalto la valorizzazione delle differenze, le sole capaci di superare il pericolo della standardizzazione e omologazione, dove i giudizi sono preconfezionati.
Nelle differenze coglie le qualità senza formulare giudizio alcuno su carenze o assenze culturali.
Nell'attuale "caos dei segni" (Jean Baudrillard), un messaggio semplice, simbolico e metaforico - come quello di Langer - viene molto spesso non solo frainteso ma anche sommerso da una pletora di messaggi di segno diverso (v. il caso Bosnia). Da qui l'equivoco su Langer "non capito" e la formulazione di ipotesi azzardate sulle cause della sua morte.
Langer - come don Milani - ci ricorda "le tante Barbiane del mondo": accettare e condividere le sue idee risulta duro e difficile, così come il suo messaggio d'amore verso l'umanità intera, che include la "smitizzazione del nemico".
Con questo itinerario - come si evince dall'introduzione - mi pare di aver ricostruito dagli scritti e dalle pratiche di Langer la sua "implicita pedagogia".
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