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Modalità per l'esercizio del diritto d'inchiesta del P.E.
1.3.1995, pe - relazione
COMMISSIONE per il REGOLAMENTO, la VERIFICA POTERI e le immunità, PE 210.750, 1. L'accordo interistituzionale del 1994 sulle commissioni d'inchiesta non permanentiIn data 20.12.1994 è stato firmato un accordo interistituzionale tra Parlamento, Consiglio e Commissione relativa alle modalità per l'esercizio del diritto di inchiesta del Parlamento europeo, ai sensi dell'art.138 C del Trattato (vedi la relazione al P.E. di Bourlanges e De Giovanni, nr.A4-0003/95). Il Parlamento europeo ha approvato l'accordo nella sua risoluzione del 18 gennaio 1995. L'art.138 C del Trattato CE recita così: "(1) Nell'ambito delle sue fuznioni, il Parlamento europeo, su richiesta di un quarto dei suoi membri, può costituire una commissione temporanea d'inchiesta incaricata di esaminare, fatti salvi i poteri conferiti dal presente trattato ad altre istituzioni o ad altri organi, le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell'applicazione del diritto comunitario, salvo quando i fatti di cui trattasi siano pendenti dinanzi ad una giurisdizione e fino all'espletamento della procedura giudiziaria. (2) La commissione temporanea d'inchiesta cessa di esistere con il deposito della relazione. (3) Le modalità per l'esercizio del diritto d'inchiesta sono fissate di comune accordo dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione."
Il P.E. aveva definito già con una sua risoluzione del 17.12.1992 la propria posizione negoziale.#
La novità dell'accordo ora intervenuto - il cui testo si trova riportato come allegato alla risoluzione del 18.1.1995 - consiste principalmente nel fatto che adesso esiste uno strumento, concordato ed accettato tra le parti, che permette al P.E. di svolgere delle vere e proprie indagini su presunti abusi e violazioni del diritto comunitario, e che le altre istituzioni e gli Stati membri sono obbligate a cooperare a tali indagini, mettendo a disposizioni documentazioni e testimonianze. Restano una serie di limitazioni e riserve (vedi la possibilità di vedersi opporre a certe condizioni il segreto o il rifiuto di testimonianze; l'esclusione di inchieste su vicende già all'esame della magistratura nazionale o comunitaria; i limiti di tempo..), che ancora restringono la portata dell'intervento del Parlamento europeo in nome sia della sovranità nazionale, sia della separazione dei poteri. Ma si può dire che l'istituzione di vere commissioni d'inchiesta costituisce un significativo passo in avanti sulla strada del riconoscimento del P.E. come autentica rappresentanza democratica dei cittadini europei (indipendente dalle autorità nazionali e, se necessario, anche in conflitto con esse) e di poteri parlamentari via via più consoni alle tradizioni parlamentari liberaldemocratiche.
2. Uno sguardo al regolamento esistente (a proposito di commissioni)
Al Parlamento europeo spetta ora fissare, nel quadro delle previsioni dell'accordo interistituzionale del 20.12.1994, le sue regole per l'attuazione del suo potere d'inchiesta, affinchè esso possa essere esercitato nel modo più pieno e più trasparente.
Vediamo dunque la situazione regolamentare oggi esistente:
Il regolamento del P.E., nella versione attualmente in vigore, prevede due distinti tipi di commissioni temporanee, dopo aver menzionato all'art.135/1 le commissioni permanenti, le cui attribuzioni sono fissate nell'appendice del regolamento:
1) il PE può costituire in qualsiasi momento commissioni temporanee (art.135/2; nel precedente testo del regolamento art.109/2), il cui mandato e composizione vengono fissate al momento della loro istituzione, e con una durata non superiore ai 12 mesi, salvo proroga. In questo caso non esiste la possibilità di modifica successiva delle attribuzioni, ai sensi dell'interpretazione canonica del regolamento (vedi il relativo corsivo riportato in calce all'articolo). Per capire meglio, conviene ricordare alcuni esempi di simili commissioni già istituite dal P.E.: sulle politiche per l'occupazione, attualmente in corso (relatore Coates); sul "pacchetto Delors II" (1992, "dall'atto unico al dopo-Maastricht", relatore von der Vring); la commissione "per la riuscita dell'atto unico", (relatori Baron Crespo e Wogau, 1987); sulle misure comunitarie da prendere in relazione all'unificazione della Germania (1990): si tratta, in sostanza, di organi che concorrono a fornire al Parlamento europeo conoscenze e proposte ai fini di formarne la volontà politica;
2) inoltre il regolamento prevede già l'esistenza di commissioni temporanee d'inchiesta, all'art.136, che tuttavia in mancanza dell'accordo interistituzionale di cui si parla, non ha sinora trovato l'attuazione che ora diventa possibile. Su richiesta di 1/4 dei suoi membri, il P.E. può costituire questo tipo di commissione per esaminare denunce di infrazione o inconvenienti nell'applicazione del diritto comunitario. Il P.E. deve indicarne la composizione ed il termine dei suoi lavori (al massimo 9 mesi, ed al massimo 15 membri, senza diritto di voto ai sostituti occasionali). Non sono previste, alla conclusione dei lavori, proposte di risoluzione al P.E., mentre è statuita la possibilità di una o più relazioni di minoranza. Tale tipo di commissione è ora oggetto di accordo interistituzionale tra Parlamento, Consiglio e Commissione. E' prevista la possibilità di conferire all'interno della commissione d'inchiesta incarichi e missioni specifiche, con poteri particolari all'ufficio di presidenza che deve anche garantire la confidenzialità di alcune informazioni; poi è - a termini del regolamento vigente - il Presidente del P.E. che prende le disposizioni necessarie per sollecitare la concreta applicazione delle conclusioni.
Nella versione precedente del regolamento la disposizione corrispondente era il terzo comma dell'art.109, che parlava di "commissione di inchiesta", con disposizioni e limitazioni sostanzialmente analoghe a quelle dell'art.136 attuale.
3. Bisogna enucleare il ruolo specifico di una vera commissione d'inchiesta
La prima conclusione che se ne può trarre, è che in materia di commissioni il P.E. si dota fondamentalmente di due tipi di organi: da un lato di commissioni che istruiscono e preparano le sue deliberazioni sulle politiche da adottare nei più diversi settori (in modo permanente ed ordinario, o in via temporanea e dunque eccezionale), dall'altro di commissioni che svolgono una funzione di indagine e di accertamento di fatti contestabili o contestati, in relazione a violazioni o abusi pretesi, dove si tratta essenzialmente di definire e sanzionare politicamente delle responsabilità. Il secondo tipo di commissioni risulta più affine ad organi di tipo giurisdizionale (ed in particolare alla funzione di un giudice istruttore), pur senza - ovviamente - averne i requisiti, i poteri e la natura.
Se si guarda all'esperienza sin qui accumulata dal P.E., le idee tendono piuttosto a confondersi che a chiarirsi. I precedenti, infatti - cioè l'esperienza delle varie commissioni temporanee definite "commissioni di inchiesta" - sono di interpretazione non univoca: si mescolano e si sovrappongono commissioni su particolari emergenze (o considerate tali), quali la situazione delle donne (più volte), il razzismo, il fascismo e la xenofobia (più volte), su settori suscettibili di abusi comunitari (giacenze agricole; qualità della carne; manutenzione e trasporto di materiale nucleare nell'affaire Transnuclear; trattamento di sostanze tossiche e pericolose da parte della Comunità europea e dei suoi Stati membri, in conseguenza della catastrofe tossica di Seveso ed in particolare sulla destinazione dei bidoni), su settori di politiche particolarmente discusse e controverse (droga, e criminalità organizzata legata al traffico di droga, due volte). Probabilmente solo una o due volte il P.E. - nell'ambito dei suoi poteri di allora - fece uso di un qualche reale strumento di inchiesta: a proposito dell'affaire Transnuclear e dei contenitori di Seveso. Ma una vera e propria inchiesta con caratteristiche analoghe a certe grandi inchieste parlamentari nazionali (per individuare responsabilità precise di persone ed istituzioni) non si è finora mai svolta. La richiesta - presentata nel 1992 # - di istituire una commissione d'inchiesta sull'applicazione del diritto ambientale comunitario (che avrebbe potuto portare ad individuare responsabilità politiche ed amministrative precise) non ha avuto seguito.
4. La lettera del Presidente del Parlamento europeo
Ora, in previsione dell'accordo inter-istituzionale, il Presidente del P.E. Klaus Hänsch si è rivolto con lettera del 21 ottobre 1994 (documento nr.PE 210.750) alla Commissione per il regolamento e ritiene di suggerire quanto segue:
- che l'art.136 regol. debba essere adattato alla nuova situazione dell'accordo inter-istituzionale (firmato poi nel dicembre 1994);
- che si dovrebbe istituire, distinguendola dalla commisione di inchiesta propriamente detta, anche la figura di una "commissione d'inchiesta" - Enquête-Kommission - (forse si potrebbe chiamarla "commissione d'indagine politica" o qualcosa del genere), analogamente alla Enquête-Kommission del Bundestag tedesco, suggerendo in tal caso una soglia magari meno favorevole alle minoranze, ritenendo questo strumento non direttamente riferibile a diritti e tutele tipiche delle minoranze;
- che si dovrebbe adeguare l'allegato VII - febbr.1989 - sulla procedura per l'esame di documenti confidenziali;
- che bisognerebbe eventualmente prevedere ulteriori disposizioni sulle garanzie per i testimoni.
Ma anche indipendentemente dall'autorevolissima lettera del Presidente del Parlamento europeo, ci troviamo di fronte ad una situazione in cui l'accordo interistituzionale garantisce (e delimita) l'istituto della "commissione temporanea di inchiesta" e ci obbliga, di conseguenza, ad:
a) adeguare il nostro regolamento per recepire in pieno e sfruttare al meglio le possibilità offerte dall'accordo;
b) ripensare le differenti funzioni e la stessa tipologia delle commissioni temporanee nel nostro assetto parlamentare e forse ridefinirle nel regolamento.
5. De iure condendo, a proposito di differenti commissioni d'inchiesta
Parrebbe, confortato dall'autorevole parere del Presidente Hänsch, di poter immaginare tre istituti differenti:
1) la commissione temporanea, per affrontare un tema delimitato nel tempo, trasversale per materia, che porti ad elaborare rapporti e proposte di risoluzione che affrontino - orizzontalmente - diverse problematiche che in un determinato tempo si manifestano con particolare urgenza e richiedono risposte ad-hoc (esempio: Germania, occupazione, droga....) - pensiamo, a puro titolo di esempio, a problemi come potrebbero essere la bioetica, il decentramento regionale, il razzismo, i senza-tetto, le emergenze della povertà.... A tale proposito può essere importante riunire insieme membri che normalmente appartengono a diverse commissioni parlamentari, che in un caso specifico lavorano intorno ad un tema comune.
Questo istituto - coperto dall'art.135/2 in modo soddisfacente e quindi non bisognoso di riforma - appare contraddistinto da un carattere di attualità e temporaneità, con possibilità di fornire indagini e suggerimenti tempestivi, riferiti ad una particolare urgenza politica, dove il P.E. intende prendere un'iniziativa, e non soltanto reagire. E' uno strumento che risponde ad una volontà di maggioranza, e che integra il novero delle commissioni permanenti. Questo tipo di commissione si esprime alla fine dei suoi lavori attraverso una relazione ed una proposta di risoluzione (ovviamente emendabile), in cui suggerisce quali conseguenze si debbano trarre dal suo lavoro. Magari si potrebbe pensare di limitarne per regolamento (o per accordo fra i gruppi) il numero, in modo da non averne più di 1 o al massimo 2 alla volta, per non moltiplicare le strutture e non sminuire il ruolo delle commissioni permanenti;
2) la commissione di inchiesta di tipo investigativo, che a norma dell'accordo interistituzionale dobbiamo chiamare "commissione temporanea di inchiesta" (in inglese: Inquiry Committee) ed il cui compito precipuo appare essere l'accertamento di fatti e di responsabilità, a partire da pretesi abusi o denunce. Questa commissione che ascolta anche testimoni, esamina documenti riservati, interroga funzionari, ecc. non propone risoluzioni, ma accerta, e ne informa il P.E.: elabora una relazione (che il P.E. deciderà se rendere pubblica o meno), eventuali relazioni di minoranza, e poi comunica i risultati (accertamenti, raccomandazioni) a chi ritiene. Bisognerà discutere e stabilire in che modo il Parlamento ne prende conoscenza e ne dibatte, e se esso debba decidere in proposito con un voto, (p.es. se prendere atto della relazione oppure respingerla o se invece debba semplicemente prenderne conoscenza senza alcun voto). Le linee ed i limiti fondamentali di questo istituto discendono dall'accordo interistituzionale, ma c'è parecchio spazio perchè il Parlamento configuri questo strumento nel migliore dei modi.
Bisogna ricordare e sottolineare che questa commissione è di fondo uno strumento di minoranza: viene istituita a richiesta di un quarto dei membri. Ed è uno strumento in certa misura cogente di cui il PE dispone (può convocare ed interrogare testimoni e periti, esaminare documenti ecc. - pur con la possibilità di vedersi opporre il segreto o un rifiuto, ma in tal caso può sanzionare politicamente l'autorità che rifiuta). Si tratta di uno strumento innovativo che, benchè formalmente presente nel vecchio e nel nuovo regolamento, in realtà non è stato ancora mai usato nel senso di cui qui parliamo e che ora ne costituirà la sostanza.
Vedremo poi quali proposte concrete si possono fare in ordine all'istituzione, alla composizione, al metodo di lavoro, ai diritti e doveri, alle garanzie ed ai risultati di questo tipo di commissione;
3) infine si può immaginare - anche con riferimento alla lettera del presidente Hänsch ed alle esperienze del passato - una sorta di commissione (temporanea) di indagine politica, "Enquête-Kommission" (in inglese: Select Committee), che in certo senso è a mezza strada: da un lato si occupa di preparare per il Parlamento le basi per scelte politiche su temi controversi e con implicazioni che potrebbero anche riguardare abusi (esempio: le frodi in generale, il traffico di armi, traffico ed abuso di bambini, di organi umani, concentrazione di mezzi d'informazione, riciclaggio di soldi sporchi e ruolo delle banche, la criminalità organizzata,.. per menzionare solo alcuni temi che sono stati sollevati in tempi recenti nel P.E.). Una simile commissione potrebbe denunciare responsabilità politiche, proporre misure, indicare linee di azione per il P.E., senza partire tuttavia da precisi sospetti o denunce e senza incolpare in modo diretto i presunti responsabili, o degli organi o funzionari comunitari o nazionali: essa dovrebbe concludere i suoi lavori con una relazione e proposta di risoluzione (quindi da emendare e votare), non con un semplice accertamento.
Bisogna ora chiarire se il P.E. voglia davvero, come il suo Presidente immagina, istituire e definire questo tipo di strumento; qualora ci fossero dubbi o non lo volesse, questa terza ipotesi rientrerebbe comunque piuttosto nel primo caso (commissione temporanea) che non nel secondo (commissione investigativa). Si potrebbe, se la si vuole e sempre in accordo con un suggerimento del Presidente Hänsch, prevedere per la sua istituzione una soglia un po' più altra (p.es. un terzo invece che un quarto dei membri del P.E.), e nel metodo essa sarebbe più simile alla commissione temporanea ex art.135/2, a meno che non si voglia esplorare la possibilità di utilizzare le previsioni dell'accordo inter-istituzionale anche ai fini dell'Enquête-Kommission. Si tratterebbe comunque di una commissione a carattere più politico che dovrebbe lavorare con audizioni di esperti e protagonisti, non tanto di testimoni o addirittura di indiziati di abusi individuali.
6. Possibili spazi regolamentari sulla commissione d'inchiesta
Vediamo ora di quali spazi si potrebbe occupare il regolamento del P.E. a proposito della commissione d'inchiesta ai sensi dell'accordo interistituzionale, e senza ritenersi automaticamente vincolati all'attuale dizione dell'art.136:
a) istituzione: oltre alla richiesta di 1/4 dei membri, come si decide di istituirla? Dovrebbe essere previsto in larga misura una sorta di automatismo, una volta che sussistano i requisiti, il necessario sostegno e la precisa individuazione dell'obiettivo dell'indagine. Tutto ciò potrebbe essere constatato ad opera del Presidente del Parlamento, che potrà consultare - se lo ritiene, e comunque a suo insindacabile giudizio - i Presidenti dei gruppi politici;
b) composizione: la commissione d'inchiesta dovrà avere una dimensione non troppo ampia (forse vanno bene gli attuali 15 membri previsti dall'art.136), per poter efficacemente lavorare e non dovrebbe essere turbata da sostituzioni occasionali; si dovrà però comunque garantire la presenza di tutti i gruppi politici e di almeno un rappresentante dei non-iscritti;
c) ufficio di presidenza e deleghe interne: bisognerà prevederne composizione, elezione e poteri del presidente e dell'ufficio di presidenza, probabilmente con una certa facoltà di agire anche negli intervalli tra una riunione ed altra per compiti d'urgenza; bisogna riflettere quanto l'ufficio di presidenza debba funzionare come orano collegiale, o quanti poteri debbano spettare al presidente in quanto tale; forse bisognerebbe considerare per la funzione di presidente qualche requisito particolare, p.es. essere in possesso dei requisiti per l'ammissione alla magistratura o avvocatura o altra professione legale; precisare la possibilità di specializzare o delegare degli incarichi e delle missioni all'interno della commissione, con l'obbligo di riferire;
d) norme sulla speditezza e riservatezza dei lavori: tempi brevi, quindi eventualmente norme di semplificazione (cfr. p.es. alcune previsioni regolamentari che già ora consentono procedure più snelle, con un più elevato ricorso all'oralità, ad una certa indulgenza - salvo proteste - nell'uso delle lingue, ecc., in omaggio al carattere investigativo ed urgente dei lavori; garanzie sulla riservatezza dei lavori e magari sanzioni verso i deputati che tale riservatezza non rispettino; la questione della pubblicità o della riservatezza delle sedute (compresa una garanzia sugli interpreti, che magari dovrebbero essere funzionari e non free-lance; la questione dei rapporti con la stampa; la verbalizzazione; la consultazione di documenti riservati (bisogna garantire tempo e agio per la consultazione, ed al tempo stesso impedire la proliferazione di copie; forse una stanza attrezzata per la consultazione riservata?);
e) poteri di inchiesta: forse un allegato che recepisca i contenuti dell'accordo interistituzionale e fissi, in particolare, norme sull'ascolto di testimoni e periti, l'accesso ai documenti, ecc. (si potrebbe considerare la possibilità di chiedere, in mancanza di giuramento, il rilascio di un atto notorio o di una dichiarazione giurata davanti ad un notaio del proprio paese);
f) procedura da applicare: visto il carattere para-giudiziario di certi aspetti dell'inchiesta (escussione di testimoni, valutazione di prove, ecc.), bisognerebbe forse fare riferimento ad un codice o norme di procedura; visto che non esiste - come nel caso dei parlamenti nazionale - alcuna analogia con questo o quel codice nazionale, si potrebbe pensare al ricorso analogico alla procedura penale stabilita - ad esempio - dal Tribunale penale internazionale delle Nazioni Unite all'Aja;
g) i limiti temporanei e di mandato, la eventuale proroga: vedi l'accordo interistituzionale; occorre stabilire le modalità con cui opera il Parlamento a questi propositi;
h) cooperazione con altri organismi (comunitari, nazionali, ecc.): convocazioni, rimborsi (a cura di chi?), sanzioni politiche in caso di rifiuti opposti al P.E. (il Presidente del P.E. potrebbe - ad esempio - comunicare in aula e far pubblicare sulla Gazzetta ufficiale i rifiuti che sono stati opposti)
i) relazione finale, relazione/i di minoranza: nomina del relatore o dei relatori; discussione ed approvazione della relazione in commissione d'inchiesta
j) trasmissione della relazione al P.E.: presa d'atto, dibattito, non voto? oppure un voto su "prende atto e ringrazia la Commissione" oppure "respinge la relazione"? automatico scioglimento della commissione d'inchiesta, una volta che gli atti siano stati passati al P.E.
k) seguito da dare da parte del P.E.: prevedere che vi provveda il Presidente del P.E.?
l) revisione dopo una legislatura: resta inteso che avverrà una sperimentazione durante una legislatura, che potrà portare alla revisione dell'accordo interistituzionale.
7. Opportunità di prevedere anche l'istituto dell'Enquête-Kommission?
Quanto detto fin qui, nell'ottica precisa di dare sostanza all'accordo inter-istituzionale sull'esercizio del diritto di inchiesta, non copre di per sè l'altro istituto preso in considerazione, cioè la commissione temporanea incaricata di svolgere una specifica indagine politica. Mentre sarebbe assai chiara la sua differenza rispetto alla vera e propria commissione d'inchiesta, risulta meno agevole fissarne i confini riguardo alla commissione temporanea ex art.135/2. Tuttavia si può immaginare, ispirandosi anche a qualche esempio nei parlamenti nazionali, come è il caso dell'Enquête-Kommission tedesca, un tipo di commissione che abbia compiti di inchiesta politica, con la possibilità di ricorrere ampiamente all'audizione di esperti ed alla convocazione di testimoni privilegiati, di riunire parlamentari particolarmente impegnati su singoli temi, di elaborare per il Parlamento un rapporto e delle proposte circostanziate, straordinarie e tempestive, al fine di consentirgli di procedere a deliberazioni straordinarie e tempestive.
In tal caso si dovrebbe configurare un diritto di iniziativa che potrebbe forse appartenere ad un terzo (invece che ad un quarto) dei deputati, ed una procedura più simile a quella dell'art.135 che dell'art.136 attualmente vigenti.
Ma prima di immaginare tutto un ventaglio di norme, bisognerebbe capire quale potrà essere la volontà della commissione per il regolamento, a nome della quale il relatore dovrà elaborare e mettere a disposizioni proposte ed esperienze.