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Petizioni europee

1.3.1991, da Nuova Ecologia, marzo 1991
Tra le attività (ingiustamente) meno note del Parlamento Europeo vi é quella della "Commissione petizioni", presieduta da una democristiana lussemburghese (Viviane Reding), con un verde francese (Gérard Monnier-Besombes) tra i tre vicepresidenti. Nato in principio come magra consolazione agli scarsi poteri del Parlamento stesso, e costruito come una specie di marginale sfogatoio per lamentele non altrimenti indirizzabili, col tempo l'istituto della "petizione al P.E." è diventato un vero e proprio diritto del cittadino comunitario, utilizzabile in tutti quei casi in cui si presume che la legislazione comunitaria sia stata violata o disattesa o comunque occorra un intervento dei poteri della Comunità europea per raddrizzare situazioni in contrasto con gli obiettivi europeistici. Guardando al più recente bilancio delle attività di tale Commissione, si nota subito che - al contrario degli anni passati, quando prevalevano argomenti pensionistici, fiscali, doganali, ecc. - ormai la voce più consistente tra quelle in cui si raggruppano le petizioni, riguarda l'ambiente: su 774 petizioni presentate nel 1989-90, ben 126 concernono lamentele o suggerimenti ambientali (contro 101 riferite a pensioni, 98 a questioni sociali e 91 alla libera circolazione dei beni e delle persone). Per la prima volta la Commissione parlamentare ha inviato un suo membro (il vicepresidente verde) a compiere un sopralluogo (in Italia, autostrada "dei trafori"), e non è raro il caso in cui da una petizione può nascere persino una procedura d'infrazione contro un paese membro (è successo alla Grecia, che aveva lasciato deperire un lago, di cui un cittadino si era fatto carico, rivolgendosi con una petizione al P.E.). Altre questioni possono riguardare diritti di soggiorno, riconoscimento di diplomi conseguiti in altri stati, questioni giuridiche o sociali, e così via. Nel 1989-90 gli stati membri contro i quali erano state sollevate più petizioni, erano la Spagna e la Francia, seguiti da Gran Bretagna, Germania e Italia.

Come funziona una petizione al P.E.? Il cittadino indirizza una sua lettera (possibilmente breve e circostanziata) al Presidente del P.E. in cui espone i fatti di cui si duole o le proposte che vorrebbe portare all'attenzione del Parlamento, senza bisogno di citare direttive o regolamenti comunitari (ma se lo fa, è meglio). Essenziale è che ci sia una competenza comunitaria (per le questioni di diritti umani conviene rivolgersi alla "Commissione europea dei diritti dell'uomo", Strasburgo, che non è un organo del P.E.; per questioni nazionali o locali senza risvolto comunitario bisogna invece interpellare un difensore civico nazionale o regionale, e così via): quindi una petizione al P.E. potrà aiutare quando si tratta di armonizzazione delle norme tra i diversi stati membri della C.E., di diritti o obblighi derivanti da norme comunitarie (standards comunitari..), di trasposizioni nazionali insoddisfacenti di diritto comunitario o di inadempienze di organi comunitari. La Commissione Petizioni, una volta che giudica ricevibile una petizione (421 su 774, nel 1989-90), chiede informazioni o attività alla Commissione esecutiva della C.E., e qualche volta si rivolge tramite il Presidente del P.E. alle autorità nazionali competenti. Quando invece ritiene di non potersene occupare, spesso indica al cittadino petente un'alternativa (comprese le analoghe commissioni dei parlamenti nazionali o gli "ombudsman", dove esistono). In seguito all'intervento delle autorità europee, sollecitate dal P.E., non di rado situazioni prima apparentemente insolubili, arrivano ad essere finalmente affrontate e risolte, anche per non sfigurare davanti alle istanze comunitarie. E qualche volta il Parlamento stesso si basa su una petizione per approvare importanti risoluzioni, come p.es. sull'obiezione di coscienza o sui transsessuali.

Purtroppo le procedure per arrivare in fondo ad una petizione sono abbastanza lente (possono passare anche 2 anni, se le autorità interpellate sono pigre o renitenti), ma è una strada che i cittadini europei - singoli o associati - non dovrebbero trascurare.
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