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Bilinguismo: perché non pensare alla promozione invece che alle sanzioni?

21.1.1995, da l'Alto Adige
per l'Alto Adige Il dibattito sulla c.d. "legge Ferrari" - ossia l'estensione dell'obbligo del patentino - rischia di produrre un'altra volta effetti contrari a quelli che si potrebbero in buona fede auspicare e che forse lo stesso proponente e coloro che avevano co-firmato e/o votato il suo emendamento avevano in mente.

C'è un primo e nobile argomento a favore: in una società plurilingue è essenziale che tutti i servizi a disposizione del pubblico funzionino senza discriminazione linguistica. Ognuno deve potersi rivolgere con fiducia allo sportello, all'addetto, al centralinista, alla direzione, al bigliettaio, al poliziotto... sapendo che sarà capito nella propria lingua ed avrà risposta adeguata. Ciò dovrebbe essere - a mio avviso - un obiettivo forte, da condividere largamente, che potrà richiedere qualche sforzo ad ognuno, ma che va difeso fermamente. L'alternativa sarebbe una sorta di esclusione linguistica, dovuta a servizi monolingui: una società (e l'abbiamo avuta a lungo!) dove una parte dei cittadini si trova fortemente svantaggiata perchè non riesce a farsi capire o ad essere servita in modo comprensibile, e finirebbe per "sentirsi all'estero", invece che a casa propria. Servizi pubblici monolingui (italiani o tedeschi che siano), darebbero esattamente questa sensazione, agli uni o agli altri, e non è neanche piacevole dovere ad ogni sportello e in ogni ufficio affrontare o una guerra psicologica (per farsi capire e rispondere nella propria lingua), o l'umiliazione di non capire bene o di non esprimersi bene. Soprattutto le persone meno colte, più anziane, socialmente meno difese ne pagherebbero il prezzo più alto. L'altra versione della stessa esclusione linguistica, anch'essa indesiderabile, sarebbe una società a "doppi sportelli": servizi divisi per italiani e tedeschi, dove in nome della semplificazione linguistica (evitare la complicazione del bilinguismo) alla fine ognuno si ritroverebbe nel proprio ghetto etnico, magari rassicurante a prima vista, ma pernicioso nel lungo periodo, perchè indebolirebbe enormemente la lealtà verso una casa comune, senza distinzione di lingua (senza parlare degli ingenti costi aggiuntivi).

Assai meno nobile il secondo argomento, che finisce per essere sostenuto con particolare fervore (vedi la presa di posizione del senatore Ferrari sull'Alto Adige di pochi giorni fa), tanto da cancellare quasi il primo: se costruiamo intorno a noi una barriera di obblighi e divieti, ci metteremo insieme al riparo da concorrenze indesiderate: tedeschi ed italiani insieme... contro "i marocchini", "i terroni", "gli europei" e quant'altri volessero un giorno concorrere da noi ad un posto di lavoro. Tutti uniti in nome dell'egoismo, che da etnico potrebbe diventare territoriale. I sentimenti di esclusione che in tal caso si sollecitano, non riguardano l'altro gruppo linguistico locale, ma il resto del mondo.

In realtà il pluri-linguismo in una società è esattamente il contrario dell'esclusione: è un elemento di fraternità e di ospitalità, di accoglienza e di parità di diritti. Dove non solo una, ma più lingue (culture, religioni...) hanno cittadinanza e non si contendono l'esclusiva, si vive meglio e più pacificamente.

Ecco perchè mi sembra che sia da condividere il primo obiettivo della "legge Ferrari" - l'estensione del bilinguismo reale nella società, soprattutto nei servizi pubblici o aperti al pubblico - mentre non mi convince affatto il secondo. Ed ecco perchè chi critica la "legge Ferrari" prendendosela col bilinguismo, non appare credibile e porta esattamente alla stessa logica di scontro che la difesa della medesima legge talvolta sembra sottendere.

Diversa è la questione, se l'estensione dell'obbligo del patentino sia la strada più giusta ed efficace allo scopo. Ne dubito, e le molte critiche - anche nel mondo di lingua tedesca - testimoniano che il dubbio è diffuso.

Sembra, infatti, che si voglia ulteriormente percorrere la strada della giuridicizazzione e della burocratizzazione. Non è un caso che il segretario SVP Hartmann Gallmetzer nell'occasione rispolveri anche l'idea della targa per contrassegnare i patentati, in modo da renderli riconoscibili ed incoraggiare il contenzioso individuale sul diritto alla risposta nella madrelingua.

Se si guarda alla situazione sociale ed economica altoatesina, si scopre che la migliore diffusione del bilinguismo reale la si ha in quei settori, in cui non l'obbligo di legge (ed il conseguente patentino), ma la forza della società e del mercato hanno fatto breccia: nei quartieri delle città e nei paesi della Bassa Atesina, dove convivenza pluri-lingue e quotidiano vicinato hanno di fatto disseminato una buona conoscenza ed un frequente uso di entrambe le lingue, in entrambi i gruppi linguistici; nel turismo (ristoranti, alberghi, bar...) e nel commercio, nelle banche e bancarelle...; negli ambiti culturali, familiari, giovanili, ecc., dove di fatto cittadini dell'una e dell'altra lingua si incontrano e partecipano alle stesse cose. Insomma, dove non la forza dei decreti e dei paragrafi si impone, ma la vita reale trasforma anche gli animi.

Ecco perchè mi sembrerebbe oggi pericoloso un ulteriore giro di vite sulla strada della formalizzazione e della disputa su norme e codicilli, diritti di veto e obblighi statutari.

Perchè non decidere, invece, insieme di compiere due passi simultanei: sgomberare il campo dalla "legge Ferrari" (senza attendere interminabili controversie giuridiche ed eventuali sentenze o colpi a sorpresa in Parlamento) ed accordarsi per istituire un comune "tavolo per la promozione del bilinguismo" (e forse un "alto commissario" provinciale)? Penso ad un tavolo (ed eventuale "alto commissario") - ancorato presso la Provincia - cui fosse assicurata una qualificata presenza delle amministrazioni provinciali, statali e comunali, dei servizi privati, degli imprenditori e dei sindacati, della scuola (compresa quella professionale) e dell'associazionismo, con il compito di fornire periodici rapporti con segnalazioni e proposte su dove il bilinguismo funziona poco o male, e cosa si dovrebbe fare per migliorarlo ed estenderlo. Suggerimenti pratici e critiche pratiche: individuando i settori dove il bilinguismo non funziona in modo soddisfacente, proponendo modifiche utili (dalla diversa dislocazione del personale a corsi di perfezionamento, sino ad eventuali modifiche normative o contrattuali), sanzionando - se del caso - resistenze ed ostruzionismi contro il bilinguismo, ma soprattutto proponendo misure positive a livello sociale e culturale: chissà se a tal punto la famosa "immersione linguistica" o altre forme di apprendimento precoce della seconda lingua, scambi solastici e familiari, nuovi metodi di apprendimento e soprattutto più frequenti occasioni di inter-azione e conoscenza tra i gruppi linguistici non si rivelerebbero la migliore strada verso una estensione del bilinguismo reale! Senza forzature, senza rinunciare alle garanzie di legge, ma cercando strade di promozione più che di sanzione, ed operando perchè il consenso sociale al bilinguismo cresca invece che indebolirsi o incattivirsi, nell'un senso o nell'altro, come sta avvendendo quando da un lato si spinge verso l'aggravamento dell'obbligo legale, e dall'altro si risponde con una levata di scudi che di fatto mette in discussione e scredita il principio stesso.

Alexander Langer
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