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Schedatura etnica? no, grazie...

1.10.1991, omnibus
Nonostante un certo progresso nella distensione etnica e promesse apparentemente serie di riforma, anche nell'ottobre 1991 si è ripetuto un censimento-schedatura, per obbligare i cittadini residenti in Alto Adige a dichiararsi appartenenti (o comunque aggregati) ad uno dei tre gruppi linguistici ammessi (italiano, ladino, tedesco).

Contro tale imposizione è stato pubblicato un appello, appoggiato da molte persone della vita pubblica, avente per primi firmatari, tra altri, Alexander Langer e Reinhold Messner; l'appello - che qui viene riprodotto - ha ricevuto anche il sostegno di numerosi parlamentari europei, di diversi gruppi politici.

Al momento di andare in stampa, non si conoscevano ancora i dati del censimento etnico 1991.

Schedatura etnica? no. grazie...

Molte cose in Alto Adige sono cambiate in meglio, da quando l'infausta contrapposizione etnica è stata superata grazie ad una migliore conoscenza e comprensione reciproca. Invece che contendersi questa terra, centimetro per centimetro, tra blocchi etnici ostili, si è cominciato a capire che il Sudtirolo appartiene a tutti i suoi abitanti e che in pace si convive meglio che nella permanente controversia etnica. C'è posto per più di una lingua, cultura, tradizione, identità - ed è giusto che questo lo si avverta e lo si veda nella vita sociale. Il rispetto per le peculiarità e per l'identità di tutte le persone ed i gruppi linguistici conviventi non sono incompatibili con una convivenza solidale e con una comune assunzione di responsabilità per il presente ed il futuro di questa terra. Nessuno deve più temere di vedersi contestato il proprio diritto ad essere di casa o minacciato nei suoi diritti umani e civili. Chi negli ultimi anni e decenni si è battuto - spesso con grande coraggio e contro corrente - per la comprensione reciproca e per la convivenza, oggi potrebbe di per sè tirare un sospiro di sollievo e godersi, insieme a tutti, i frutti degli sforzi delle minoranze che hanno lavorato per la conciliazione. Il Sudtirolo potrebbe, a buon diritto, presentarsi come positivo esempio europeo.

Come si può allora comprendere che le forze di governo a livello provinciale e nazionale vogliano riutilizzare il censimento generale 1991 per una schedatura etnica nomintativa di tutti i residenti in Alto Adige? Come è potuto succedere che - dopo tanti segni distensivi - si rimuove la brutta lezione del censimento etnico del 1981, limitandosi a piccoli miglioramenti, senza rinunciare però all'obiettivo di fondo? Come è possibile che un'altra volta si vogliano obbligare tutte le persone residenti in provincia di Bolzano - compresi, questa volta, gli adolescenti tra i 14 ed i 18 anni - a firmare una propria dichiarazione nominativa di appartenenza o di aggregazione ad uno dei tre gruppi linguistici riconosciuti (e senza alcuna garanzia di limitare l'uso di tale certificato ai soli scopi previsti nell'art.89 dello statuto)?

Noi che firmiamo la presente dichiarazione, non comprendiamo e tanto meno condividiamo questa decisione delle autorità. Alcuni di noi dovranno sottostare, volenti o nolenti, alla coercizione, per non rischiare la perdita di importanti diritti. Altri prefereriranno assumersi questo rischio, pur di non far inserire il loro nome nel "catasto etnico sudtirolese" e per sottrarsi alla prova di forza, al vero e proprio tiro alla fune, tra i gruppi etnici. A tutti però è comune la preoccupazione che questo nuovo obbligo - che cala dall'alto e che a nostro giudizio supera di gran lunga la regola statutaria che prevede l'accertamento della consistenza dei tre gruppi linguistici - contenga pericolose tensioni e conseguenze, anche per il futuro. Ecco perché, per quanto ci concerne, non ci riconosciamo in questa soluzione e nei risultati che produrrà.

Trotz bestimmter Klimaverbesserungen in den Beziehungen zwischen Volksgruppen in Südtirol, ließen es sich die Landes- und Staatsbehörden nicht nehmen, im Oktober 1991 wieder ihre ethnische Aufschreibung zu veranstalten. Anläßlich der Volkszählung wurden wieder alle in Südtirol ansässigen Bürger gezwungen, sich einer der drei offiziell vorgesehenen Sprachgruppen zugehörig (oder "zugeordnet") zu erklären. Gegen diesen Zwang wendet sich nachfolgende Erklärung, zu deren Erstunterzeichnern - neben zahlreichen anderen Menschen aus dem öffentlichen Leben Südtirols - auch Alexander Langer und Reinhold Messner gehörten. Bei Drucklegung dieser Schrift waren die Ergebnisse der Zählung noch nicht bekannt.

Ethnische Aufschreibung? nein, danke...

Vieles hat sich in Südtirol zum besseren gewendet, seit die unselige Frontsituation zwischen den Volksgruppen einem besseren gegenseitigen Kennen und Verstehen Platz gemacht hat. Statt sich dieses Land Zoll um Zoll zwischen den ethnischen Blöcken streitig zu machen, hat man langsam gelernt, daß Südtirol allen seinen Bewohnern gehört und daß es sich friedlich besser leben läßt als im ständigen Volkstumskampf. Es ist Platz für mehr als eine Sprache, Kultur, Tradition und Identität, und das soll man im gesellschaftlichen Leben auch sehen und merken. Respekt vor der Eigenart und dem Selbstverständnis der Menschen und Volksgruppen Südtirols und vor der historischen Wahrheit stehen nicht im Gegensatz zu einem solidarischen Zusammenleben und der gemeinsamen Gestaltung der Gegenwart und Zukunft in diesem Land. Niemand mehr braucht sich in seinem bleibenden Heimatrecht oder in seinen Menschen- und Bürgerrechten bedroht fühlen. Wer sich in den letzten Jahren und Jahrzehnten oft mit großem Mut und gegen den Strom für Verständnis und Zusammenleben eingesetzt hat, könnte heute aufatmen und gemeinsam mit allen die Früchte der Anstrengungen versöhnlicher Minderheiten mit Befriedigung genießen, und Südtirol könnte zu einem positiven europäischen Beispiel werden.

Wie ist es da zu verstehen, daß die Regierungskräfte im Lande und im Staat ausgerechnet die Volkszählung 1991 wieder zur namentlichen ethnischen Aufschreibung aller Bürger Südtirols mißbrauchen wollen? Wie konnte es geschehen, daß man - nach zahlreichen positiven Zeichen im Sinne der Entspannung - aus der Lektion der Volksgruppenfeststellung von 1981 so wenig gelernt hat und nur so geringfügige Verbesserungen gewagt hat? Wie ist es möglich, daß man nochmals alle Menschen in Südtirol - diesmal sogar die heranwachsende Jugend über 14 und unter 18 Jahren -

zwingen will, sich namentlich zu einer der drei anerkannten Volksgruppen zu bekennen oder anzuschließen, noch dazu ohne ausreichende Garantien gegen Verwendungen dieser Erklärung, die auch über den Rahmen des Art.89 des Autonomiestatuts hinausgehen?

Wir, die Unterzeichnerinnen und Unterzeichner der vorliegenden Erklärung, können diese Entscheidung der Behörden nicht verstehen und in keiner Weise teilen. Manche von uns werden sich wohl oder übel dem Zwang fügen müssen, um nicht den Verlust wichtiger Rechte zu riskieren. Andere werden es vorziehen, dieses Wagnis auf sich zu nehmen, um ihren Namen nicht in Südtirols ethnischen Kataster eintragen zu lassen und sich nicht am großen Tauziehen und ethnischen Kräftemessen zwischen den Volksgruppen zu beteiligen. Allen ist aber die Sorge gemeinsam, daß dieser neuerliche Zwang, der nach unserem Empfinden die Regel des Autonomiestatuts über die Volksgruppenzählung zwecks Feststellung des Bestandes der drei Sprachgruppen weit übersteigt, nur ungute Spannungen und Gefahren auch für die Zukunft in sich birgt. Deswegen können wir dieser Zwangsregelung und den Ergebnissen, zu denen sie führen wird, nicht zustimmen.
pro dialog