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Non più crediti (involontari) di guerra, ma dividendi di pace

1.10.1991, Introduzione libro "solidarietà"
Facciamo finalmente un uso sano dei nostri risparmi: il circuito del credito eco-sociale.
Cresce la consapevolezza tra la gente che tutti ci troviamo in tanti modi coinvolti in un sistema che inquina, minaccia, distrugge, degrada, produce ingiustizie e guerre. Siamo complici, spesso involontari, di violazioni di diritti umani, deforestazioni, sfruttamento, dittature, commerci ingiusti, saccheggi ambientali, produzione, vendita ed impiego di armi ed altro ancora. La guerra del Golfo, la fame in Africa, gli allarmi sulle foreste tropicali, le previsioni sull'"effetto serra", la crisi del debito del terzo mondo - non è possibile continuare a chiudere gli occhi, denunciando magari gli effetti e non affrontando le cause, comprese quelle che ci rendono direttamente corresponsabili. Siamo complici involontari, ma non pi— ignari o innocenti. Sono troppo noti gli effetti che il "way of life" dei nostri paesi industrializzati e ricchi scarica sull'intero pianeta e sulla maggioranza povera dei suoi abitanti.Nessuno potrà dire che non sapeva, che non esistevano alternative, che doveva obbedire a ordini costrittive se qualcuno dicesse "sò, sapevo di essere parte di un sistema che sfrutta, inquina e distrugge, ma mi ci sono rassegnato perché nessuno mi ha mai parlato di possibili alternative", non potrà essere davvero creduto o scusato: anche se i mass-media spesso sono forti solo nella denuncia e nascondono poi le possibili risposte ed alternative, ormai tutti vivono a contatto con potenziali fonti di informazione diversa, costruttiva, per agire, non solo per denunciare. La presente pubblicazione ne è un prezioso esempio.


Tra gli aspetti più anonimi e più universalmente penetranti della nostra complicità con un sistema di inquinamento e di sfruttamento miope ed irrispettoso delle persone e di tutta la biosfera dobbiamo considerare l'impiego dei nostri soldi.Non solo di quelli che spendiamo per acquistare beni e servizi spesso inutili o nocivi (a noi o ad altri) e per finanziare con le nostre tasse scelte politiche gravide di conseguenze negative, ma anche dei soldi che mettiamo da parte per futuri impieghi o come riserva per impreviste necessità.Il denaro che affidiamo alle banche, che investiamo in titoli di Stato o in borsa o in altri modi simili, è denaro che finanzia attività pericolose e dannose per gli uomini e per la natura.E non è che ce ne vengano chissà quali vantaggi! In pi— si tratta di denaro che manca invece a chi si impegna in concrete scelte di risanamento sociale ed ambientale. Gli stessi tra noi che protestano magari contro le mega-dighe che minacciano popoli indigeni e foreste pluviali o contro le esportazioni di armamenti, rischiano di prestare a loro insaputa denaro per finanziare simili imprese. Al tempo stesso l'agricoltura ecologica o un commercio più equo e solidale con il terzo mondo o progetti che potrebbero creare nuova occupazione non trovano i necessari crediti per decollare.Ed il fatto che i clienti delle banche - come dimostra questa ricerca - siano pi— informati, più attivi, più dinamici, più ricchi e socialmente più affermati della media statistica della popolazione, non fa che aggravare le loro (anzi, le nostre, visto che ci siamo dentro tutti!) responsabilità.


Ecco perché oggi cresce il numero delle persone - nelle più diverse categorie sociali e con differenti motivazioni etiche - che ormai vedono giunto il momento di revocare i loro "crediti involontari di guerra" per puntare invece su sostanziosi "dividendi di pace" (tra gli uomini e con la natura).


Come fanno? Come possono realizzare questo loro intento? Lo spiega questa pubblicazione. Sottraggono i loro risparmi, in tutto o in parte, al sistema bancario e finanziario per investirli invece in "banche" più solidali, più verdi, più trasparenti, più democratiche.

 

Esistono ormai, in parecchie forme, circuiti alternativi ed affidabili per raccogliere ed investire denaro pulito per scopi puliti: dalle MAG (le mutue autogestite) in Italia, al mondo della cooperazione sociale, ecologica, nord-sud, dall'ECDS (Ecumenical Development Cooperative Society, ormai anche in Italia) ad alcune esperienze di eco-banche o istituti di finanziamento esistenti, per ora, in altri paesi europei.


Dopo aver sentito (e forse creduto e persino predicato) per anni che l'economia ha le sue leggi, insensibili alle scelte morali e politiche, e che "il sistema si abbatte e non si cambia" (o al massimo ci si tira fuori con una nobile obiezione: preziosa testimonianza, non sempre efficace strumento di cambiamento), cresce il numero di coloro che pensano che l'etica possa essere più forte dell'automatismo economico e della sete di profitto. Perchè, in fondo, ritenere la gente cosí passiva e cosí stupida da seguire semplicemente i dettami della pubblicità e quel "pilota automatico" inserito nei nostri cervelli che dovrebbe essere la ricerca del maggior vantaggio materiale o finanziario? Perchè‚ non credere anche gli altri capaci di ciò che crediamo valga per noi stessi, che cioè vogliamo riconquistare sovranità sui nostri atti anche nella vita quotidiana, indirizzarli nel modo più giusto possibile, conferire loro un potere di orientamento e di cambiamento pratico?


Nell'Europa dell'Est, durante tutto il periodo del totalitarismo, molta gente doveva "votare con i piedi", visto che altro non era consentito. O con le candele accese nelle processioni, o con semplici gesti della mano. Oggi tocca a noi occidentali "votare" con mani, piedi e portafoglio, se vogliamo imprimere una dinamica diversa ad una civiltà che tutti a parole riconosciamo dissipativa, ingiusta ed autolesionista e che poi continuiamo non solo a sopportare, ma a finanziare giorno per giorno, in mille modi consapevoli e non, volontari e non.


L'esempio di chi ha boicottato - ben prima che gli Stati lo decidessero - agrumi provenienti dal Sudafrica per non sostenere l'apartheid o imballaggi di plastica in nome dell'integrità dell'ambiente, scegliendo altri prodotti ed imballaggi, è a testimoniare che non esiste solo il bieco istinto del tornaconto immediato a guidare i nostri comportamenti "economicamente rilevanti", ma che altre logiche possono essere più forti di quelle monetarie o del mercato.


Passare, come questa pubblicazione suggerisce e documenta, dalla semplice obiezione (cioè dal "no" a scelte ingiuste) ad una seria politica civile delle opzioni positive, significa "votare" in modo efficace ed esemplare, e promuovere dei cambiamenti concreti.


Sul piano dell'uso dei propri soldi e risparmi, ciò può voler dire, forse, qualche volta un rendimento finanziario magari un po' pi— modesto. Ma per chi non cerca utili speculativi e ha bisogno dei propri risparmi soprattutto come riserva per futuri bisogni, magari imprevisti, e quindi non ne deve disporre immediatamente o quotidianamente, può essere una scelta convincente. Soprattutto perché garantisce una maggiore tranquillità sulle ripercussioni sociali ed ambientali dell'impiego del denaro. Non si tratta, tuttavia, di beneficenza o donazioni, ma di un vero e proprio investimento dei propri risparmi: più sano, più utile, più giusto, più consapevole. Ed i cui dividendi non si misurano in oscillazioni di borsa o di tassi di interesse, ma piuttosto in una equa remunerazione del risparmio, da un lato, e nella qualità umana, sociale ed ecologica delle imprese che ricorreranno a questi crediti, dall'altro.

Questa, come ogni altra nuova idea, ha bisogno di sperimentazione e sostegno. Non si parte da zero, l'esperienza (in Italia ed all'estero) di banche e cooperative a forte connotazione eco-sociale è già collaudata, ma tuttora piuttosto ristretta. L'Italia nel suo insieme appare indietro rispetto ad altri paesi europei più evoluti sul piano della sensibilità ecologica e pacifista, ed in Italia per ora vi è impegnata un'area piuttosto ristretta: si tratta ancora di una piccola "nicchia". Per incidere in maniera pi— consistente sia in favore dei progetti positivi da sostenere, sia contro le politiche bancarie inaccettabili, bisogna che cresca, si espanda per numero, qualità ed aree geografiche coinvolte, ed aumenti il ventaglio delle opzioni "pulite" che è in grado di offrire. Ciò dipende dal concreto sostegno di donne e uomini che dalle parole decidono di passare ai fatti. Come questa pubblicazione dimostra, la scelta dell'"investimento etico" dei risparmi si trova in linea con la migliore tradizione del movimento cooperativo: anche un secolo fa si cercava di sottrarre alla logica del profitto e dell'ulteriore arricchimento dei ricchi l'uso del denaro dei poveri, favorendo l'autonomia e un uso decisamente "altro" del prezioso denaro di chi ne ha poco.

Il circuito del "risparmio etico" si viene ad affiancare in modo creativo a numerose altre esperienze ed opzioni positive, che liberano via via pezzi di vita quotidiana dalla sudditanza a logiche e strutture inquinanti, distruttive e rapaci: nuovi comportamenti (ed associazioni) sorgono e si diffondono nel campo dei trasporti (a ridotto impatto ambientale), dell'uso (risparmioso) dell'energia (rinnovabile), della riduzione e gestione più ecologica dei rifiuti, dell'alimentazione sana, dell'edificazione più consona all'ambiente naturale, dell'agricoltura ecologica, del commercio equo e solidale, della cooperazione internazionale (ambientalmente e socialmente sostenibile)... unite dal comune sforzo di indicare e praticare vie più rispettose della giustizia tra persone e con la natura, e dal comune bisogno di trovare degli interlocutori affidabili anche sul piano finanziario: ogni scelta di risanamento è un investimento, spesso a lungo termine, ed è impensabile dover dipendere dal sistema bancario degli inquinatori per finanziare tali investimenti a condizioni accettabili. Lo sviluppo di un circuito di risparmio/investimento ecologico, solidale, socialmente ed eticamente motivato è ormai una condizione-base per lo sviluppo di tutti gli altri movimenti di vita alternativa.

Oggi che in tanti ci si rende conto che giustizia, pace ed integrità… della biosfera non esigono solo grandi cambiamenti socio-politici, ma anche profonde modifiche dei comportamenti quotidiani, ù venuto il momento di diventare esigenti rispetto all'uso dei nostri risparmi. Basta crediti di guerra, vogliamo dividendi di pace.


 

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