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Pfusch e vita amministrata

1.7.1991, Da "IDEE"
Il prestigio sociale dello scambio presso gli animi gentili e meno venali è oggi piuttosto basso. Colpa della sua accelerazione e della sua mercificazione, direi. Dal voto di scambio (che puzza di favori e clientele) al più elegante scambio politico (il cui profumo però non è molto diverso), dal volume di scambi commerciali sino allo scambio dei partners sembra tutta un'orgia del "do ut des", nel quale il valore di scambio ha di gran lunga soppiantato il più modesto e complicato valore d'uso. Si fa misurare preferibilmente col parametro del denaro o del potere, e diventa normalmente scopo a se stesso.

Scambiare sembra diventata un'attività frenetica, senza sosta, dove la velocizzazione dei passaggi e la conseguente velocizzazione della circolazione del denaro e la massimizzazione dell'accrescimento del potere e del profitto impediscono sempre di più che ci si soffermi sulla qualità intrinseca di ciò che si scambia e sulle qualità sociali dello scambio medesimo. Il piacere di ciò che si dà o si riceve, e di come lo si dia e lo si riceva, diventano del tutto secondari rispetto all'incessante ritmo degli scambi che producono ricchezza, scioltezza e potere. Sarà anche per questo che il mercato, luogo simbolico e privilegiato degli scambi ed un tempo anche luogo naturale della comunicazione e dell'innovazione sociale, goda di così cattiva stampa presso tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell'umanità e la sua difesa dalla voracità generalizzata e dalla febbre dell'oro dilagante.

Esiste un modo per riabilitare lo scambio e ricollocare questa attività tra le preziose esplicazioni di umana creatività e socialità?

Vale almeno la pena di esplorare questa possibilità, non fermandosi al primo fastidio che può sorgere quando ci si imbatte nell'agenzia che ti vuole vendere l'alloggio multi-proprietà per le vacanze, con la possibilità di garantirti - attraverso lo scambio - di abitare oggi a Cannes, domani a Nairobi e dopodomani all'Alpe di Siusi...

Tra gli scambi che più frequentemente pratico, è quello dell'autostop: quando sono in macchina ed ho posto, normalmente do volentieri i passaggi richiesti, e mi sento - di conseguenza - in diritto di chiedere a mia volta un trasporto quando ne ho bisogno. Così non solo si riduce di qualche milionesimo l'inquinamento e l'assurdità di tutte quelle colonne di vetture con una sola persona a bordo, ma ci si aiuta anche a ricordarsi che non tutto può essere comperato o venduto, e che c'è uno spazio di gratuità che sta a noi riempire o meno: uno scambio che è parente prossimo dell'ospitalità e di tutti quei servizi di buon vicinato (dal prestarsi il burro o la cipolla sino alla reciproca cura dei bambini o delle piante da inaffiare durante la propria assenza) che per l'appunto non sono gestiti da agenzie ed abbinati a carte di credito o di particolari clubs, ma rientrano nella sovranità delle persone.

L'idea di insegnarsi a vicenda le lingue, grazie ad un patto di scambio, o di scambiarsi altri servizi (dall'assistenza a persone malate all'insegnamento dell'uso di strumenti musicali..), mi sembra un'ottima esemplificazione del perchè varrebbe la pena ri-nobilitare lo scambio, depurandolo un po' da quell'involucro di anonima fungibilità e totale monetizzazione che lo ha screditato, e restituendogli una dimensione di impegno e partecipazione personale che lo possono rendere creativo ed unico, nel senso che nessuna relazione di scambio a quel punto è la semplice ripetizione di un'altra, e l'oggetto dello scambio non sintetizza più da solo tutto un insieme di attività, di rapporti, di originalità, di coinvolgimento, ma ne diventa parte. Dare e ricevere qualcosa di proprio, e non semplicemente qualcosa che si è acquistato per denaro, implica un ben diverso grado di reciprocità, che si tratti dell'impegno di mostrare ad una persona la propria città o vallata o della comunicazione di storie e di saperi. Non sarà, a questo punto, l'eventuale compenso o comunque un rapporto di corretta mutualità a guastare la festa, perchè proprio conoscendo ed apprezzando il significato di ciò che si dà e che si riceve, si ha voglia di relazioni eque e di congrue attribuzioni di valore, evitando ogni dilapidazione.

Mentre quindi il mondo in cui viviamo si incammina in maniera sempre più totalitaria ed apparentemente irreversibile verso il trionfo di una sola modalità di scambio, quella tra denaro e merce, con "pacchetti" sempre più sofisticati, che si acquistano in blocco grazie allo status di clienti, utenti, titolari di carta di credito, percettori di stipendio, associati, assicurati o quant'altro potrà dare accesso all'universo comprabile e pagabile, un numero crescente di persone vogliono sottrarsi al dominio anonimo e fungibile dello scambio basato sul denaro.

Bisognerà sostenere e valorizzare questo secondo circuito, in cui lo scambio avviene tra persone, ha per oggetto beni e servizi reali (valori d'uso, non semplicemente di scambio) ed implica una partecipazione personale che non si riduce all'esborso del denaro o alla firma della cambiale, dell'impegno per le rate o l'addebito in banca.

Dare e ricevere qualcosa di proprio, insegnare o mostrare qualcosa che si conosce e forse si ama, scambiare conoscenze, storie, saperi, opportunità, frutti del lavoro, ospitalità... è molto diverso dallo scambio veicolato e "facilitato" dal denaro sino alla irriconoscibilità. E richiede partecipanti allo scambio, al circuito, che si devono legittimare non semplicemente attraverso il credito di cui godono in banca, ma attraverso un altro credito, più legato alla credibilità personale derivante da esperienza, impegno, storia vissuta, conoscenze acquisite.

Ci si domanderà se in un mondo complesso come quello in cui viviamo, l'accesso anche a questo secondo circuito sarà tutto mediato da agenzie e venditori di servizi (di intermediazione, in questo caso), e se ciò non finisca per snaturare lo scambio alternativo sino a farlo rientrare daccapo nel mondo del comprato e venduto. Le centrali-autostop, le "Mitwohnzentralen" (che forniscono indirizzi per passare qualche notte o qualche mese in case private), i centri che organizzano contratti "tandem" per apprendere le lingue attraverso lo scambio, persino le pagine dei piccoli annunci nei vari fogli impegnati ad aiutare la vita semplice - non diventeranno anch'essi una nuova burocrazia che amministra lo scambio e finirà per espropriarlo delle sue caratteristiche umane?

E' un rischio di cui bisogna essere consapevoli per poterlo correre e circoscrivere - ed è il rischio di ogni sorta di imprenditoria alternativa che, pur non volendo essere del mondo, sa che in esso si deve muovere, senza farsi soffocare da marginalizzazioni e pasticci. Difficile equilibrismo, quello tra "genialem Pfusch" (geniale improvvisazione) ed ordinato e prevedibile mondo dei servizi e degli scambi regolarizzati...

Da "IDEE"
Bolzano - luglio 1991
pro dialog