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Chiudiamo l'emergenza, ma con onesta'
1.11.1991
Trovo un po' pruriginoso il dibattito sulla grazia a Curcio: sembra da un certo punto in poi, che al centro stiano più gli aspetti istituzionali dei diversi poteri in campo ed i conflitti tra essi, che non la sorte del prigioniero o i sentimenti dei familiari delle vittime delle BR o il significato di un segnale che in ogni caso si dà alla società.Credo occorrerebbero invece chiari segni di pentimento da entrambe le parti, ed un conseguente atto di clemenza. Lo stato dovrebbe finalmente prendere le distanze da una legislazione ed una pratica dell'emergenza (leggi blindate, tribunali blindati, procedure blindate, carceri blindati.....), che possono, si, aver contribuito alla sconfitta del terrorismo degli "anni di piombo", ma che anche hanno segnato un imbarbarimento sensibile e duraturo nella civiltà del diritto in Italia.
È come se lo Stato si fosse sempre più spostato sul terreno della prova di forza. In questo senso credo che Cossiga faccia bene a porre la questione di "chiudere l'emergenza" e di voler attribuire un significato politico all'eventuale grazia a Curcio.
Ma trovo che anche l'altra parte, e precisamente Renato Curcio, dovrebbe dare un chiaro ed inequivoco segno di pentimento. Sono convinto, in realtà, che tale "conversione" in Curcio ed in molti altri ex-BR o simili sia già avvenuta da tempo, e che solo per un senso di dignità e di rifiuto del facile pentitismo, essa non riesca a manifestarsi in modo netto e chiaro. Se penso tuttavia alle vittime della lotta armata "di sinistra" ed alla moltitudine dei cittadini semplici della Repubblica, ritengo occorra qualcosa di meno contorto e di più "popolare" da parte di Curcio che non i complicati discorsi sulle responsabilità generali della società, sul clima degli anni '70 e sulle lotte che vi si svolgevano.
Come il processo e la sentenza, credo che anche la grazia dovrebbe riguardare singolarmente la persona, valutarne a fondo e onestamente le circostanze ed essere commisurata ad entrambe, persona e circostanze. La grazia non è e non può essere un riconoscimento politico di un soggetto ex-combattente, ma semmai il riconoscimento che tale "status" è venuto meno.
Altra cosa sarebbe un'amnistia o in un indulto: provvedimenti che potrebbero, a mio giudizio, oggi essere assai opportuni per chiudere davvero l'emergenza, ovviamente non limitati ai soli ex-armati di sinistra, e con tutte le necessarie garanzie di una riparazione almeno morale. In tal caso lo Stato valuterebbe, nel loro complesso e non verso singole persone, le ragioni di giustizia e di clemenza, e potrebbe arrivare utilmente alla conclusione che non sussiste più l'esigenza sociale di una difesa dal terrorismo o di una deterrenza nei suoi confronti, e che altri delitti - assai meno efficacemente perseguiti e puniti - hanno nel frattempo scosso e continuano a scuotere in profondità la convivenza civile, ragion per cui equità cosiglierebbe un provvedimento generale di revisione dei processi e delle pene inflitte nella logica della "emergenza".
Alexander Lager