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Giorgio Mezzalira: Berloffa separato in casa

12.9.2021, Corriere dell'Alto Adige - editoriale

 

Tre anni fa la proposta di Martha Stocker di realizzare un percorso storico sulla figura di Magnago e sull’autonomia nella piazza antistante ai palazzi della Provincia Autonoma di Bolzano, luogo simbolo del governo locale, aveva messo tutti d’accordo all’interno del Consiglio provinciale. Pur con l’avvertenza di non costruire una storia Magnago-centrica e di considerare anche gli altri protagonisti del cammino dell’autonomia, alla fine la mozione era passata. Il percorso doveva permettere di “far toccare con mano” la storia dell’autonomia, presentando gli eventi e i “risultati ottenuti” nel periodo 1945-1992. L’appendice di dibattito che si è svolta l’anno scorso in Consiglio, aveva fatto temere un ennesimo scontro politico con in mezzo la storia, con suggerimenti che giungevano dai banchi dell’aula di inserire questo o quel passaggio nei testi in fase di stesura. Il gruppo di lavoro chiamato a elaborare e sviluppare il percorso - una combinazione tra storici, esperti di musei e di comunicazione (Andrea Di Michele, Verena Malfertheiner, Hans Karl Peterlini, Josef Rohrer) affiancati da Martha Stocker – ha in realtà operato in autonomia, non risentendo troppo delle pressioni politiche. Il risultato finale è apprezzabile, considerato che si tratta di uno spazio espositivo all'aperto con installazioni multimediali e interattive, che non ha – né poteva avere – l’ambizione di diventare un museo dell’autonomia, così come qualcuno all’inizio l’aveva impropriamente definito. Inoltre, gli esperti si sono dovuti confrontare con il non facile compito di redarre testi da conformare alla massima sintesi, rispettando le diverse sensibilità culturali, i diversi gradi di conoscenza della realtà locale, per una materia trattata che non è certo di quelle che facilitano simili compiti. C’è da credere loro quando sostengono di essersi trovati a riflettere su ogni parola.

La struttura della mostra procede per stazioni, per l’esattezza nove, quante sono le lettere della parola “autonomia”, più una di cui parleremo in seguito. Ognuna illustra singole tematiche ed è pensata per permettere al visitatore di entrare nel percorso liberamente da una qualsiasi di queste, senza perdere il filo del discorso. Che si tratti di autonomia finanziaria, di pluralità di lingue, di identità, di scuola in Alto Adige, tanto per citare alcuni dei temi trattati nelle nove installazioni, ognuno di questi aspetti è in grado di illustrare in sé la specialità dell’autonomia. Ed è un buon sistema per presentarla senza cadere nelle trappole dell’interpretazione teleologica e senza suggerirla, dando semmai il senso di un percorso (anche di lettura) aperto e dinamico. Al profilo di Silvius Magnago e alla cronologia delle fasi che hanno accompagnato lo sviluppo del nostro sistema autonomistico sono dedicati rispettivamente due pannelli della mostra, preceduti in apertura del percorso dalle interviste agli altoatesini su cosa significhi per loro l’autonomia e vivere in Alto Adige/Südtirol. Una scelta opportuna per iniziare, perché l’autonomia è fatta dalle persone comuni che la abitano, la vivono e, alla fine, la rispecchiano. Sono loro la migliore cartina di tornasole, nel bene ma anche nel male, della storia che ci accomuna.

Uno dei maggiori pregi di questa mostra permanente è di essersi spinta fino ad interrogarsi sulle criticità del nostro sistema autonomistico, oggi costretto a misurarsi con il mondo. Aspetti come quelli dell’identità, della pluralità di lingue e culture sono presentati alla luce della composita realtà della nostra regione, composta ormai da decenni da numerosi concittadini che provengono da ogni dove. Il concetto di “locale” diventa sempre più stretto, così come lo è l’idea di sudtirolese o altoatesino a una sola dimensione. Riflessioni che tra l’altro rimandano all’attualità del pensiero di Langer. L’immagine del puntino Alto Adige/Südtirol che si perde nella cartina del globo, usata in uno dei pannelli multimediali, suggerisce che non è nemmeno più tempo per considerarsi l’ombelico del mondo né per guardare unicamente dentro il proprio orticello.

In posizione defilata, pur non distante dai grandi pannelli rossi del percorso in piazza Magnago e disposta attorno ad uno degli alberi del parco di piazza Stazione, un’installazione ad anello più o meno dello stesso colore ricorda Alcide Berloffa. Dovremmo considerarla come la decima stazione della mostra, ma non è affatto automatico. E’ arrivata per ultima perché non prevista nel progetto iniziale e frutto in corsa di una collaborazione tra Provincia e Comune di Bolzano. E’ una sorta di panchina circolare su cui si può sostare e, per chi abbia a cuore di soddisfare la propria curiosità, vi sono impresse brevi note biografiche e citazioni di colui che giustamente annoveriamo come l’altro padre nobile dell’autonomia accanto a Magnago. Quasi gli si addice questo suo essere ricordato non in piazza ma all’ombra di un parco vicino, lui che era abituato all’instancabile lavoro delle seconde file, che non cercava visibilità né amava il protagonismo. Ciò che invece non combina è l’essere una sorta di appendice separata nella storia dell’autonomia. Pare la rappresentazione plastica della dissociazione che vive la nostra realtà locale, con gli italiani e i sudtirolesi che continuano a guardare alla “propria” storia, alla “propria” autonomia, con buona pace del celebrato patrimonio comune e condiviso.

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