Giorgio Mezzalira: Regionalismo dissociativo
Tra settembre e ottobre prossimi si terranno in Lombardia e Veneto referendum consultivi per chiedere lo statuto speciale. Si tratta di due regioni a guida leghista (Roberto Maroni, Luca Zaia). Secondo Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, si dovrebbero lanciare referendum simili in tutte le regioni, per spingere verso un nuovo “federalismo responsabile 4.0”. Ricetta che, in vista delle prossime elezioni politiche, ha sicuramente il merito di spingere verso la riaggregazione di un centro destra frammentato ma che è molto meno chiara sul federalismo da raggiungere. Sulla cultura dell’autonomia che viene avanti in Italia qualche dubbio è lecito mantenerlo, se tra le ragioni di fondo per cui i Maroni e gli Zaia chiedono un pieno autogoverno domina lo slogan ”essere padroni in casa propria”. Sembrerebbe più in sintonia con la dottrina neo-isolazionista di Trump che con l’idea che autonomia significhi anche e soprattutto responsabilità.
L’isolamento, splendido o meno, continuiamo a coltivarlo anche noi dall’alto della convinzione che garanzie statutarie e ricchezza di bilancio ci permettano di giocare da soli su tutti i tavoli, nazionali o internazionali, politici o economici che siano. La discussione in sede di Convenzione dei 33 sul futuro della Regione non lascia molti dubbi in merito. Durnwalder, che minimamente si preoccupa di tirare la volata alla destra di lingua tedesca e che insiste sulla totale abolizione dell’ente Regione, è forse il rappresentante più autorevole di un micro regionalismo di tipo dissociativo, che incontra probabilmente più consenso pubblico di quanto si possa credere. Essere convinto che la collaborazione tra le due future regioni, Trentino e Alto Adige/Südtirol, verrà da sé se sarà necessaria, significa sostenere implicitamente che “bastiamo a noi stessi” e ci consideriamo completamente “sovrani”. Si plaude giustamente all’Euroregione, diventata con il Gect ente dotato di personalità giuridica per la cooperazione transfrontaliera e interregionale, ma si respinge con forza qualsiasi ipotesi di ente leggero e di raccordo con personalità giuridica che favorisca la collaborazione tra le due province di Trento e Bolzano. Ci si attacca alla storia del primo statuto, alle norme di attuazione mai arrivate, alla Todesmarsch di gamperiana memoria, … ma è come ammettere che anche la testa si è fermata agli anni Cinquanta. In tema di sperimentazione linguistica nella scuola la musica non cambia, ci troviamo a difendere ciò che pareva ormai acquisito. Di mettere mano all’articolo 19 nemmeno più se ne parla. E, come se non bastasse, siamo risucchiati nel buco nero della toponomastica. Andare avanti guardando indietro?