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Giorgio Mezzalira: Le fragili Dolomiti da tutelare

5.7.2011, Corriere dell'Alto Adige - editoriale

Nel 1909 apriva al traffico la “Strada delle Dolomiti”. Per percorrere i 112 chilometri che separavano Bolzano da Cortina si pagavano 9 corone, circa il triplo del costo medio giornaliero della vita per una famiglia di tre persone e il corrispettivo di nove giorni di lavoro di un’operaia di fabbrica di allora. Un lusso per pochissimi: era l’ebrezza della sfida che l’età delle macchine e della velocità lanciava al mondo, alla natura. Esattamente un secolo dopo, nel 2009, i ventuno Stati membri che compongono la Commissione Unesco hanno deciso all’unanimità di inserire le Dolomiti nella lista del Patrimonio naturale dell’Umanità. Patrimonio che appartiene a tutte le popolazioni di questa terra, espressamente considerato fonte insostituibile di vita e di ispirazione. Noi tutti ne beneficiamo ma abbiamo anche il dovere di trasmetterlo alle generazioni future.

A considerare queste due segnature del tempo saremmo portati a dire che è stato un secolo di progressi. Grazie all’aver assicurato una forma di protezione così importante alle Dolomiti e nel contempo beneficiato di un fenomenale marchio pubblicitario per il mercato globale, la sfida che oggi ci si presenta è di contemperare il legittimo godimento pubblico di questo bene con la sua tutela e la sua valorizzazione. Impegno non facile in tempi di crisi economica, quando diventa complicato guardare avanti, programmando a medio-lungo periodo, e sono piuttosto le esigenze del fare cassa a prevalere. L’ambiente e la sua conservazione passano in secondo piano, così come passa in secondo piano il concetto di risorsa da salvaguardare nel tempo a beneficio dei posteri. La vista corta del realizzo immediato materializza il rischio di non riuscire a cogliere, né a interpretare, sia la funzione strategica di questo patrimonio naturale nella vita collettiva che pure gli assegna l’Unesco, sia il bisogno di proteggerlo con adeguati programmi di pianificazione dai pericoli che lo minacciano.

L’attuale discussione sul traffico sui passi dolomitici e sulla sua limitazione, che registra tra l’altro posizioni radicalmente opposte sullo stesso crinale di valle, porta a dire che non è sicuramente il momento migliore per stabilire quali possano essere le misure e i numeri giusti per un turismo sostenibile. Non c’è dubbio, tuttavia, che si tratti di una questione urgente. L’immagine di lunghe teorie di auto sulle Alpi e di migrazioni bibliche di turisti, che fanno da comparsa allo spettacolo imponente e tremendo dello sgretolamento delle cime dolomitiche, è il montaggio di uno scenario per niente ipotetico.

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