Giorgio Mezzalira: La disperazione galleggiante
Era l’8 agosto del 1991 e presto saranno 25 anni. La nave “Vlora”, proveniente dalle coste albanesi, attraccava al porto di Bari con un carico di umanità in fuga: 18 mila persone a bordo, tra cui donne, vecchi e bambini. Immigrati clandestini che cercavano l’America in Italia. Li avevamo soprannominati “boat people” perché arrivavano con le barche ma in quella definizione c’era il senso infinito della precarietà di una condizione, la clausola di una promessa di vita affidata alla tolleranza altrui. Altro non erano e non sono: una gran massa di individui destinati al galleggiamento.
Curiosi i ritorni della storia, alla fine dell’800 sono stati milioni gli italiani che hanno lasciato i loro paesi per le Americhe nel desiderio di trovare futuro, alla fine del secolo successivo i flussi migratori si sono ripresentati imponenti imboccando però tutt’altra direzione. L’Italia è presto diventata la lunga banchina d’attracco per chi attraversa il mare di mezzo in quelli che eufemisticamente chiamiamo i “viaggi della speranza”, che per diventare tali devono prima resistere alle marce forzate per raggiungere le coste africane, alle angherie e alle violenze degli scafisti, agli affondamenti, ai respingimenti, ai regolamenti di Dublino, agli alti muri di filo spinato e del pregiudizio. Ricordiamolo ancora in questo prossimo anniversario: nei soli primi mesi di quest’anno sono morte nel Mediterraneo circa 3 mila persone. La conta delle vittime tra il 2000 e il 2013 ha le dimensioni di un bilancio di guerra: più di 23 mila migranti.
Nicola Montano, poliziotto di frontiera allora di stanza a Bari, nel ricordare il momento in cui vide la “Vlora” avvicinarsi, lo definì uno spettacolo unico, straordinario, assolutamente inedito. Parole che tradivano la difficoltà di dare un nome a ciò che gli si parava davanti e che scatenava pure reazioni emotive. A simili “spettacoli” oggi non facciamo più caso, fanno parte della cronaca quotidiana ma ancora, rispetto a ieri, non abbiamo trovato i nomi giusti per descriverli. Perché se li sapessimo descrivere bene, forse avremmo anche più chiaro come affrontare il fenomeno migratorio fuori dalle logiche della perenne emergenza.
Venticinque anni dopo, la questione dell’accoglienza resta la priorità da affrontare. Ne abbiamo fatto esperienza anche noi in Alto Adige, scoprendo tra l’altro che il Brennero può diventare un’importante tratta dell’immigrazione. A tutt’oggi le migliori risposte in termini di seconda accoglienza lo sta dando il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), che prevede misure di assistenza, protezione e percorsi di integrazione. Un sistema in cui gli attori più importanti sono gli enti locali, in particolare i comuni. Tra questi non c’è ancora Bolzano ma non sfigurerebbe.