Giorgio Mezzalira: Il buco nero nella galassia
Bolzano non avrà una via dedicata ad Alexander Langer. Prendiamone atto. Con il gruppo consiliare della Svp che si mette di traverso c’è da dubitare che si riesca a raggiungere un qualche compromesso. E poi c’è solo da immaginarsi il livello di compromesso che si può raggiungere su simili questioni: il mercato dei nomi. Comunque, non sarà certo una questione di odonomastica a scatenare una crisi di giunta. A meno che non ci sia già una crisi politica in atto e serva solo un espediente per dare fuoco alle polveri. Ma, ammesso e non concesso che possa succedere, a quel punto il nome da appuntare alla via o alla piazza non avrebbe più alcuna importanza. Soprattutto speriamo che non sia quello di Alex, perché altro non si farebbe che seppellirlo per una seconda volta nella sua terra come colui che divide e non come colui che unisce.
Ora che la vicenda sembra decantare, non conquistando più le prime pagine dei giornali, appare utile qualche riflessione. Che cosa rimane, dunque, di tanto parlare?
Resta lo schiaffo della città ad Alexander Langer, comprese le ridicole ragioni malamente inventate per giustificare la possibile mancata intitolazione, nonostante moltissimi cittadini trasversalmente rispetto a lingue, appartenenze politiche, culture, vorrebbero dedicare un luogo al suo nome e nonostante il paziente e importante lavoro della fondazione Langer, per valorizzarne la figura di costruttore di ponti, di persona che - appunto - unisce.
Resta anche la constatazione che il rifiuto di intitolare una via ad Alexander Langer riporta a galla una cultura che si sperava fosse ormai in disarmo. Quella che ai tempi di Magnago obbediva al postulato che, se l’esistenza di un’opposizione è un requisito essenziale di ogni democrazia, non è detto che ciò che va bene altrove, vada bene anche qui da noi. Una cultura politica di conseguenza pronta a bollare come nemici, o ancor peggio come traditori perché cresciuti in seno al gruppo, coloro i quali mettevano a nudo, come Alex ha fatto, le fragilità e le storture dell’etnico ad una sola dimensione. Vista da questa prospettiva, allora, quella di Ellecosta e di quanti la pensano come lui, altro non sembra che una battaglia inutile, perché se anche il nome di Langer non apparirà in qualche tabella cittadina, il buco nero nella galassia della cultura etnocentrica continuerà ad esserci.