Le visioni di Alexander Langer sulla conversione ecologica di Grazia Barbiero
Non sono in molti a sapere che il diciotto marzo del 2019, pochi anni fa, è stato piantato un albero che porta il nome di Alexander Langer nel giardino dei Giusti dell’Umanità a Roma. Pochi mesi fa, il comitato di quartiere Monteverde 4 Venti e il Giardino dei Giusti insieme alla Fondazione Gariwo (che dall’inizio del 2000 ha tenuto viva la memoria della Shoah e l’ha estesa a tutte le persecuzioni contro gli esseri umani) nella giornata nazionale degli alberi hanno voluto rendere omaggio a quell’albero, e in particolare hanno inteso tenere bene accesa la luce sul pensiero e la pratica ecologista di Langer, co-fondatore dei Verdi a livello locale, nazionale ed europeo.E’ interessante annotare per prima cosa che Alexander Langer già nel 1989, e per l’esattezza il primo gennaio, all’Accademia Cusano di Bressanone/Brixen, città multilingue e multiculturale, appartenente alla nostra terra di confine, ha messo a punto le sue tesi sulla attuabilità politica di una CONVERSIONE ECOLOGICA. Fa precedere questo titolo da tre parole chiave “GIUSTIZIA”, “PACE”, “SALVAGUARDIA DEL CREATO”. Trentaquattro anni fa. Il testo è stato pubblicato solamente nel 1994.
Sono sette le sue tesi con varie sottolineature e numerose articolazioni, soprattutto all’interno dell’ultima tesi. Per trovare la parola “alberi” al plurale bisogna andare al punto 5, là dove scrive: “… Ogni persona decide, nel grande e nel piccolo, sempre, anche per i prossimi, per l’ambiente, per i posteri – sia che si piantino alberi o si distruggano boschi, si costruiscano case o si demoliscano colline, si generino figli, si permettano o si impediscano strade, centrali atomiche o istallazioni militari – “. Prosegue così: “Il problema consiste dunque nell’arrivare a decisioni che assicurino la massima compatibilità ambientale, sociale e generazionale: è una responsabilità verso la natura, verso i prossimi, verso i posteri. Ed è proprio questa la posta in gioco, quando si parla di una politica di auto-limitazione, di equilibrio: pace, giustizia e salvaguardia della biosfera (del creato, per riprendere il termine con cui il movimento ecumenico delle chiese ha coniato questa triade) possono bene sintetizzare questo obiettivo”.
La conversione ecologica per Alexander Langer “non può essere affidata solo alla politica la quale tuttavia contribuisce fortemente a promuoverla o a impedirla visto il grande numero e peso delle decisioni che oggi vengono mediate attraverso la sfera politica”.
Alexander Langer mette a fuoco (e lo ritiene indispensabile) il concetto del desiderio singolo, individuale, che solo in un secondo tempo si fa collettivo, come ineliminabile premessa di ogni azione di cambiamento. Se non c’è un coinvolgimento ben radicato nel sentire di ognuno di noi, non ci saranno né leggi, né ordinamenti in grado di produrre la CONVERSIONE ECOLOGICA.
Langer tiene molto, come conseguenza diretta di questa premessa, ad usare la parola conversione ecologica al posto di termini come rivoluzione, riforma o ristrutturazione, “in quanto meno ipotecata e in quanto contiene anche una dimensione di pentimento, di svolta, di un volgersi verso una più profonda consapevolezza e verso una riparazione del danno arrecato”.
Inoltre, nel concetto di conversione sono ben più chiare le chiavi del coinvolgimento personale, la necessità di un cambiamento individuale ed esistenziale.
Queste tesi contano a loro volta su una spiegazione iniziale che le comprende tutte e che ha una drammaticità sconfinata, una capacità di guardare oltre il presente e anche il futuro prossimo. Alexander Langer l’ha stretta in quattro righe: “Per conversione ecologica intendo la svolta oggi quanto mai necessaria e urgente che occorre per prevenire il suicidio dell’umanità e per assicurare l’ulteriore abitabilità del nostro pianeta e la convivenza tra i suoi esseri viventi”.
Nell’odierno dibattito sulla transizione ecologica, vengono ribaditi i limiti non più sostenibili della visione del mondo che considera le aree verdi come un arredo accessorio e non un servizio ecologico necessario come la rete fognaria, le scuole, gli ospedali. Il verde urbano non ha solo un valore estetico ma promuove effetti decisivi sul benessere fisico e mentale delle persone, sulle relazioni sociali, sulla stabilità del suolo, sulla qualità dell’aria e del clima.
Era lungimirante Langer nell’inserire il “qui e ora” in un contesto inter-relazionale che passa continuamente dal “piccolo” al “grande” per coinvolgere il Pianeta. In più, la natura e la sua difesa, servono per la convivenza degli umani, degli esseri viventi. Concetto attualmente fatto proprio dalle teorie ecologiste più mature.
Al punto a) della sua settima tesi, Alexander Langer considera essenziale il ruolo delle iniziative dei cittadini, delle associazioni, del volontariato, dei gruppi ecologici, dei movimenti di solidarietà verso la natura, verso il prossimo e verso i posteri.
Occuparsi del proprio “pezzetto di biosfera”, per Alexander Langer - già alla fine degli anni Ottanta – è un’azione per il Pianeta intero. E scrive: “Si deve sempre sperare che molti altri nelle loro realtà locali facciano altrettanto e si comportino da inflessibili e solidali indigeni”. Proprio così, letteralmente, da inflessibili e solidali indigeni.
(articolo pubblicato sul giornale Alto Adige il 21/03/24)