Riccardo Gozzi, sulla visita al Centro d'identificazione di Tuzla
Bosnia-Erzegovina: a proposito della I.C.M.P. …..
Di Riccardo Gozzi
A Bolzano ha sede la Fondazione Alexander Langer (www.alexanderlanger.org), fondata nel 1999 per mantenere viva l’eredità del pensiero di Alexander Langer, noto promotore di politiche di pace degli anni 80 e 90. Tra le tante iniziative della fondazione, il progetto a lungo termine “Adopte Srebrenica”, avviato nel 2005 in collaborazione con il partner bosniaco Tuzlanska Amica. La fondazione è anche uno dei principali promotori del master “Mediatori dei conflitti / Operatori di pace”, attivo a Bolzano dal 2003 e co-gestito dalla Formazione Professionale in Lingua Italiana della Provincia Autonoma di Bolzano e dall’Università di Bologna; obiettivo la formazione di operatori di pace, per arrivare all’istituzione di un “corpo civile di pace europeo” (da inviare in aree di conflitto sotto l’egida della bandiera dell’Unione), proposto nel 1992 dallo stesso Langer, quale europarlamentare. Una delle iniziative a supporto del progetto è la “Settimana Internazionale”, un viaggio di una settimana attraverso i luoghi del più recente conflitto e del più efferato genocidio europeo dal secondo dopoguerra; tra i partecipanti di quest’anno, oltre ai clown dell’associazione Sagapò, delegazioni e “liberi pensatori” di Bolzano, Trento, Venezia, Trieste, Pescara, due musicisti di Trieste ed il gruppo del master O.d.P.6 – 2010.
Tuzla: tutti sul pullmann per la visita all’I.C.M.P. … come di rito non mi sono preso il tempo di leggere la dispensina che ci è stata consegnata e perciò non ho idea di quale sia l’obiettivo della nostra visita … arriviamo davanti al cancello di un piccolo agglomerato di prefabbricati chiari e siamo accolti da quella che si rivelerà essere una dottoressa, statunitense, addetta al progetto già dal 2003 … la breve spiegazione introduttiva ci permette di capire che siamo al cospetto di una delle due strutture (l’altra è ospitata presso gli uffici sistemati in un’ala del palazzo del ghiaccio, sempre di Tuzla) della I.C.M.P. – International Commission Missing Persons (www.ic-mp.org), voluta dal presidente Clinton, già nel ’96, durante il G-7 di Lione, per collaborare con i governi per la localizzazione ed il riconoscimento delle persone scomparse durante i conflitti armati, a seguito di violazioni di diritti umani … per quel che riguarda il conflitto serbo-bosniaco (’90-’95) il lavoro prevede la riesumazione di resti umani (generalmente provenienti da fosse comuni di secondo livello, ove sono stati spesso collocati - con l’utilizzo di ruspe - per far sparire quelle di primo livello), la loro catalogazione e ricomposizione, con l’utilizzo della tecnica della comparazione del DNA e la successiva associazione ad un nome, per incrocio dei dati dei profili DNA dei resti con quelli dei congiunti, tutt’ora in vita, che hanno denunciato parenti scomparsi … veniamo introdotti nella struttura principale ed in particolare in un’enorme cella a temperatura controllata, con enormi scaffali, interamente coperti da sacche numerate … c’è chi ha i brividi e non necessariamente per la bassa temperatura … continua la spiegazione relativa al rinvenimento, la riesumazione e la conservazione dei resti … passiamo in un altro locale, dove ci sono due tavoli anatomici, delle scrivanie, strumentazioni varie … ci viene detto che qui i resti vengono estratti dalle sacche, ricomposti sui tavoli anatomici, puliti, misurati, fotografati, visionati da un medico, da un antropologo, da un criminologo (se possibile si cerca di individuare il motivo del decesso), dopodichè ad ogni osso viene asportato un frammento da inviare ai laboratori, per la tipizzazione del DNA e di tutte queste operazioni viene redatto un esauriente verbale … alcune domande per colmare le curiosità di qualcuno, ma la maggior parte rimane in silenzio e quando viene il tempo di uscire qualcuno preferisce allungare il passo … si risale sul pullmann, alla volta dei laboratori e degli uffici … quando arriviamo veniamo opportunamente divisi in due sottogruppi … arriviamo a ridosso di una vetrata e, mentre la nostra guida ci spiega che in quel laboratorio vengono conservati i campioni di osso sui quali si procede poi con la tipizzazione del DNA, dall’interno un tecnico convenientemente vestito ci mostra reperti e provette … proseguiamo ed arriviamo ad un secondo laboratorio ove altri operatori provvedono alla tipizzazione del DNA, su campioni di sangue (un cartellino con 5 gocce contigue) appartenenti ai parenti delle persone denunciate scomparse (provengono da quasi tutta Europa ed alcuni da molto più lontano, per l’esodo forzato avvenuto durante il conflitto) … arriviamo infine al centro nevralgico, gli uffici ove i computer fanno l’immane lavoro di associare/confrontare i dati relativi al DNA, per dare – nel migliore dei casi – un nome a degli anonimi resti o – alla peggio – per associare un osso in più ad una parte di scheletro (alcune famiglie si accontentano di poter seppellire anche pochi resti, altre preferiscono attendere che lo scheletro – o buona parte di esso – sia stato ricomposto) … non ho conoscenze specifiche, ma la curiosità mi porta a chiedere che percentuale di “matching” soddisfa i canoni di ricerca e la risposta lascia esterrefatto me e chi mi sta intorno: viene considerata accettabile una rispondenza del 99,9995% … credo non occorrano commenti in merito, ma un solo dato significativo: quasi 16.000 riconoscimenti effettuati per i conflitti della sola zona dell’ex-Jugoslavia … durante i saluti di commiato ci spiegano che il know how acquisito è stato messo a disposizione di altri conflitti, per il riconoscimento di persone scomparse durante la prima invasione del Kuvait (1991), quelle del Cile a seguito del regime di Pinochet, oltre alla vittime di calamità naturali, quali lo tsunami tra Tailandia e Maldive (2004), l’uragano Katrina negli Stati Uniti (2005), il tifone Frank nelle Filippine (2008).
Volontario CRI Riccardo Gozzi – novembre 2010
Pubblicato su "Caffè Dunant" nr. 44 del 27.11.2010