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Diario da Srebrenica - L'autunno - di Maja Huseijc (4)

Nov 15, 2009, Fondazione Alexander Langer Stiftung

Carissim*,

come prima cosa un saluto da Srebrenica dove l’autunno tiene ancora testa ritardando i geli invernali. La vita continua a muoversi lungo i binari della sorte, prevalentemente in salita.

La tela precaria e labile che giorno dopo giorno con la pazienza dei ragni gli abitanti di Srebrenica di comunità nazionali diverse tessono costruendo rapporti di vicinato, professionali, di amicizia, viene percossa puntualmente dai venti della discordia, che a turno o all’unisono soffiano da varie direzioni: che sia il leader maximo della Reupublika Srpska Milorad Dodik, che accoglie in pompa magna la criminale di guerra genocidaria ma pur sempre risparmiata per buona condotta alla dura galera scandinava lanciando in questo modo un messaggio incontrovertibile; che siano i discorsi dei vari esponenti di partito di tutta la BiH più volti all’odio che a risolvere il collasso che questo paese vive; o che siano i media impegnati con la cronaca nera, con interpretazioni bizzarre della realtà sempre e comunque in ottica nazionalista e tribale, il risultato non cambia.

Ad accusarne le conseguenze sono le cittadine e i cittadini di questo paese, ancora di più se in zone particolarmente segnate dalla guerra dalla crudeltà umana e dall’ingiustizia come Srebrenica. Ad esserne provata è la tela del dialogo e della convivenza che sotto i colpi incessanti a volte si buca ed in questo buco noi possiamo scorgere l’abisso che si apre, che ci fa da alternativa a questi tentativi di convivenza.

Si è aperto il processo a Karadzic, più incentrato sugli scoop e sugli eufemismi che sulla responsabilità dell’arrestato - il personaggio che agli inizi di quel lontano ‘92 espresse in una seduta parlamentare la minaccia di sterminio alla popolazione musulmana della BiH qualora avesse votato per l’indipendenza. Nelle imputazioni confermate dai giudici, Karadžić è accusato di 11 distinti episodi di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, che includono due distinte accuse per genocidio: una accusa di genocidio si riferisce agli atti commessi in dieci municipalità bosniache – Višegrad, Prijedor, Bratunac, Foča, Brčko, Ključ, Kotor Varoš, Sanski Most, Vlasenica e Zvornik – mentre la seconda riguarda il massacro di più di 8 mila uomini e ragazzi bosgnacchi avvenuto a Srebrenica nel luglio 1995.

In realtà, a sentire le voci di coloro che hanno partecipato al processo (dalla BiH sono partiti tre autobus) tutte donne a parte due uomini - Azir e l’efendija (rappresentante religioso) Damir - l’accusa si è incentrata soprattutto sui fatti di Srebrenica e sull’assedio di Sarajevo. Mi han raccontato che non è stato facile gestire il gruppo di cui una parte non ha voluto lasciare l’aula, e poi uscire dal tribunale, a causa dell’assenza dell’imputato..gestire il gruppo nel senso di non dare in pasto ai circa trecento accreditati giornalisti e fotografi in sentinella davanti al tribunale ciò che di più si temeva: il dolore e la rabbia dei familiari per la prima pagina e come prima notizia.

Mi descriveva Azir questo palazzo di giustizia internazionale con una tale minuziosità di dettagli che sembrava percorresse i fotogrammi nella sua mente mentre me ne parlava". I giudici sono disposti qua, poi c’è l’accusa là” mi indicava con le mani, e lo spazio davanti alla stanza del Memoriale a Potočari diveniva nell’immaginazione una grande aula di tribunale all’aperto, mentre al suo interno il documenatario sull’11 luglio 1995 andava per il gruppo in visita... “Ma sai che se si fosse presentato in aula, ci avrebbe separati da lui soltanto un vetro trasparente ?” mi dice ancora Azir, “e l’avremmo visto in faccia”...

Non è accaduto perchè come è già noto non si è presentato nè tantomeno è stato obbligato a farlo. E questo ha scatenato lo scontento, sebbene mi viene ricordato che la cosa più importante è che venga fatta giustizia, magari con una sentenza esemplare come quella di Krstić condannato in primo grado a 46 anni (sebbene tre anni dopo e in appello gli furono ridotti a 35 poichè fu declassato da co-perperatore del genocidio a complice nell’attuarlo e sebbene lui si sia dichiarato non colpevole), in attesa del grande assente Mladić.

E che venga fatta giustizia anche per sfatare il ruolo che continua ad avere nella mitologia nazionalista serba, dove gli è riservato il posto di eroe del suo popolo, poichè Scheveningen non è un posto mitologico ma un carcere, ed il mito di Karadžić sarà sostituito dalla verità sui crimini da lui commessi.

La domanda che viene fatta ad Azir all’uscita del gruppo ci ridesta da questa comunicazione: “Ma non ti sembra che all’Aja manchi un importante imputato: L’ONU?”. Azir ci pensa, cala il silenzio e le sue parole suonano più o meno così: “La comunità internazionale ha le sue responsabilità, ed è per questo che il suo obbligo nel fare giustizia è così grande e dovrà compierlo”.

...Non ho avuto coraggio di chiedergli se ha voluto dire che come la comunità internazionale è responsabile del fatto che giustizia venga fatta così non abbiamo altra scelta che crederlo possibile?...

Nel frattempo a Srebrenica è stato arrestato con l’accusa di genocidio un cittadino di quarant'anni circa, apparentemente normale, proprietario di un'attività privata....

 

 

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