Un highlight della Settimana Internazionale a Srebrenica: la tribuna pubblica con Zlatko Dizdarevic
Nell'ambito della settimana internazionale sulla memoria si è tenuta una conferenza pubblica su "Media e memoria" con Zlatko Dizdarevic, ex-redattore del settimamale bosniaco Oslobodjenje e autore di numerosi libri tra i quali "Lettere da Sarajevo", nonchè con un passato da rappresentante diplomatico della Bosnia Erzegovina.
Dizdarevic nel suo intervento ricorda il contributo che i media hanno avuto non solo prima e durante il conflitto in Bosnia, fomentando ed alimentando l'odio tra le diverse fazioni, spiegando che anche nel dopoguerra i media bosniaci hanno continuato a ragionare secondo le stesse categorie dell'odio, grazie ad una forma di servilismo dei media verso una classe politica con un forte interesse a una situazione in cui le divisioni create dalla guerra permangano. L'effetto di questa situazione é che la generazione di coloro che oggi hanno 20 anni, per Dizdarevic una "generazione persa", sono cresciute all'interno di questa logica, educati a non sapere e, per quel poco che sanno, a odiare.
Uno dei maggiori problemi della Bosnia odierna, continua Dizdarevic, é che il paese costituzionalmente non funziona. Un esempio é la separazione dei gruppi etnici nel sistema scolastico, introdotta in seguito al conflitto. Racconta Dizdarevic: "Nelle scuole elementari non solo sono state introdotte classi separate per i ragazzi appartenenti ai diversi gruppi, ma ci sono casi nei quali vengono spaccati i muri degli edifici scolastici pur di disporre di porte separate per non far incontrare i ragazzi che entrano ed escono."
La logica dell'odio, secondo Dizdarevic é un puro prodotto della guerra: "Non esisteva un odio naturale tra la gente dell'ex-Yugoslavia. Non é vero che era Tito ad obbligare le persone a convivere. Queste categorie mentali sono state prodotte dopo la morte di Tito, in modo che l'oligarchia post-Tito potesse realizzare i propri progetti di potere." All'oligarchia politica di allora, continua Dizdarevic, serviva la guerra e serviva dare alla gente una ragione per farla. É per questo che, a cavallo tra gli anni '80 e '90, sono stati licenziati circa 200 direttori di giornali ed editori professionisti, sostituiti con „piccoli uomini degli apparati politici“ che avevano lo specifico compito di produrre l'odio. Questa cosa é stata fatta sistematicamente e con succcesso.
Nella Bosnia odierna, continua Dizdarevic, i media riportano quasi esclusivamente quando il presteto é negativo, soprattutto se riguardante gli altri paesi dell'ex-Yugoslavia. Secondo Dizdarevic, ciò fa parte del progetto di creare distanza tra i bosiniaci e quelli da loro percepiti come "gli altri", un progetto tuttora attuale.
Per il futuro Dizdarevic si dice preoccupato: "Non sono convinto che non esistano circuiti politici dominanti con gli stessi disegni degli anni '90. Non credo che gente cresciuta nell'odio oggi, un domani possa diventare portatore di pace." Per Dizdarevic, l'unica speranza concreta sarebbe un ingresso nell'Unione Europea della Bosnia-Erzegovina, "in modo che si possa aprire a valori per crescere e imparare a funzionare in modo diverso."
"Non sono stati ancora rimessi nelle bottiglie gli spiriti liberati negli anni '90.", conclude Dizdarevic, che in tal senso non ripone molta speranza nel ruolo dei media: "Oggi siamo nell'era degli anti-valori. Il business nel giornalismo è 'in', mentre la verità sembra essere fuori moda." Nonostante questa visione tetra della situazione, Dizdarevic annuncia: "Non sono scettico, ma realista. Ciònonostante ho deciso di tornare a fare il giornalista entro la fine dell'anno, perché non conosco un lavoro più bello e più onesto."