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Euromediterranea 2005: C'è bisogno di un patto d’amicizia tra la Provincia di Bolzano e la città di Srebrenica
29.6.2005, Fondazione
L’incontro internazionale “euromediterranea” sarà quest’anno in gran parte dedicato alla riflessione sul decennale della strage genocidaria di Srebrenica. Per questo saranno il 30 giugno a Trento (Facoltà di Giurisprudenza – con inizio alle ore 10.30) e dal 1° luglio a Bolzano, la psichiatra di Srebrenica Irfanka Pasagic, destinataria del Premio Alexander Langer 2005, presidente dell’associazione Tuzlanska Amica che ha preso in cura, con l’adozione a distanza, ben 900 bambini nel distretto di Tuzla, la direttrice dell’Humanitarian Law Center di Belgrado Natasa Kandic e la presidente della TV kosovara Vjosa Dobruna che con lei hanno collaborato fin dai momenti più drammatici del conflitto in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo.
Quanto è accaduto l’11 luglio 1995 a Srebrenica è ormai lontano ed è utile ricordare i fatti: le truppe del generale serbo-bosniaco Ratko Mladic espugnano Srebrenica, enclave musulmana tenuta sotto assedio per tre anni. Dopo che il 30 maggio del 1995 l'Onu aveva dichiarato che le forze di interposizione dei Caschi Blu in Bosnia dovevano farsi da parte, l'esercito serbo-bosniaco, guidato dal generale Ratko Mladic, inizia a bombardare la città. I Caschi Blu cercano di convincere la popolazione musulmana ad arrendersi, garantendo un intervento aereo della Nato che non arriverà mai. I serbo-bosniaci si fanno consegnare divise e armamenti dai Caschi Blu olandesi ed entrano in città l'11 luglio a bordo dei blindati bianchi dell'Onu. La popolazione di Srebrenica si accorgerà dell'inganno troppo tardi.
Intorno al 9 luglio 1995 l’armata serbo-bosniaca attacca la Zona Protetta di Srebrenica e il territorio circostante. L’offensiva si protrae fino all’11 luglio 1995, giorno in cui le unità serbo-bosniache entrano in Srebrenica. Le due settimane successive vedono rastrellamenti, uccisioni, stupri e fughe in massa di donne, vecchi e bambini, soprattutto verso Tuzla. Circa 9000 uomini dai 14 ai 70 anni vengono fatti prigionieri dalle truppe di Mladic: moriranno tutti. Divisi in gruppi di centinaia vengono trasportati a bordo di camion nei centri vicini , dove sono massacrati e sepolti in fosse comuni in gran segreto.
Quello di Srebrenica è il più terribile massacro della storia europea dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il Tribunale dell'Aja ha definito genocidio quanto è avvenuto nel luglio di dieci anni fa. Allo stesso tempo, Srebrenica rappresenta la vittoria del nazionalismo, l'umiliazione della comunità internazionale, la sconfitta di ogni istanza di convivenza.
Il genocidio ha proiettato la sua ombra sugli ultimi dieci anni. Diversamente da quanto avvenuto in Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, in Bosnia-Erzegovina chi ha fatto la guerra ha fatto anche il dopoguerra. La persistente latitanza dei responsabili delle stragi del luglio '95, Karadzic e Mladic, ci ricorda beffardamente che neppure il dopoguerra è ancora finito. La Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa ha deliberato che la organizzazione costituzionale della Bosnia-Erzegovina (creata a Dayton) non è né efficiente né sostenibile e che con l’attuale costituzione la BiH non può compiere alcun progresso verso l'integrazione europea. Dieci anni dopo, in altre parole, si discute ancora della divisione della Bosnia-Erzegovina creata durante la guerra, sigillata a Srebrenica e confermata a Dayton.
A Srebrenica c’è un terribile vuoto. Ancora oggi è una città spettrale, dove i segni dei bombardamenti e delle violenze sono tuttora visibili, dove mancano le infrastrutture basilari e dove l'economia è quasi del tutto azzerata. Fino ad oggi circa 6.000 vittime sono state ritrovate fra i boschi e in fosse comuni. Nel Memoriale di Potocari, al tempo stesso uno sterminato cimitero musulmano e un maestoso monumento alla memoria presso Srebrenica, ne sono sepolte 989, mentre oltre 5.000 corpi esumati aspettano ancora i risultati dei test del Dna per essere ufficialmente identificati. Srebrenica non può essere dimenticata e i suoi morti non devono essere per tutti noi “leggeri come foglie”, ma deve entrare nella coscienza degli europei e far parte delle tragedie costitutive della nostra storia.
Srebrenica ha bisogno dell’amicizia e della solidarietà internazionale, specialmente di tutte le persone che hanno a cuore la pace e sono riuscite a offrire esempi di risoluzione pacifica dei conflitti.
Il presidente della Fondazione Helmuth Moroder
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