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Se ne è andata Giuseppina Ciuffreda, amica di Alexander Langer e della Fondazione. Alcuni ricordi.

21.7.2015, Cavelli, Mastrantonio, Rabini, Motto, Montanari, Marzorati, Ferraz, Paciucci, Stufferin, Onorati, Campagnano

Cari amiche e amici, ieri 7 luglio, è scomparsa la nostra comune amica Giuseppina Ciuffreda e per noi tutti è una perdita enorme. Oggi con Grazia Francescato e Cecilia Mastrantoni siamo andate nella camera ardente, dell'ospedale di Roma Nomentana House a Torlupara a trovarla (Giuseppina vi resterà fino a domattina). Il funerale è previsto domani 9 luglio alle ore 12 nella chiesa di via S. Quintino 4 (credo la chiesa si chiami S. Maria Addolorata).

Di recente a Giuseppina era stato conferito un riconoscimento per il giornalismo ambientale all'interno del premio Wangari Maathai che riconosce l'impegno delle donne in prima linea per l'ambiente, la pace, l'equità.

Vi mando il link dell'articolo pubblicato da /A sud/ in suo ricordo e una delle ultime foto che la ritrae, in occasione del conferimento del premio.

_http://asud.net/addio-a-giuseppina-ciuffreda-nostra-maestra-e-compagna-di-strada/_

Giuseppinaresterà nel cuore di tutti noi e ci accompagnerà nel nostro percorso.

A domani (per chi può venire al funerale).

Melania Cavelli

PS: Se volete mandare un telegramma o un messaggio telefonico il numero di casa a Roma ove abita la sorella Anna che ha accompagnato/vissuto con Giuseppina in questi ultimi anni difficili è: 067096077.


Abbiamo saputo a Srebrenica che ci aveva lasciati Giuseppina Ciuffreda, giornalista, scrittrice, maestra. Nel 2005, decennale della morte di Alex, fu Gianluca Paciucci a promuovere un bel incontro a Sarajevo, dove per la Fondazione presero parte Christine Stufferin e appunto Giuseppina. Aveva cominciato a frequentareAlex e il Sudtirolo già nel convegno fondativo di Castel Mareccio del 1983, come inviata de Il Manifesto, il giornale della sua vita. Nel 1986 ospitò sul giornale una serie di articoli di Wolfgang Sachs, allora sconosciuto in Italia, che vennero raccolti in un libro importantee ancora più che mai attuale – di ispirazione Illichiana - “Archeologica dello sviluppo”. Ed era stata poi una colonna della “Campagna Nord-Sud, sopravvivenza dei popoli, debito” che influenzò notevolmente il vertice di Rio del 1992 che produsse documenti di altissimo livello operativo. Seguì Alex in alcuni viaggi nell'Est europeo e mentre lui decise di spostare le sue priorità in Bosnia, continuò a seguire le tracce di quel discorso. Ricordo alcune giornate sopra iol bel convento di Sabbiona in Sudtirolo per riprendere, in un ambiente conviviviale, i temi di quella Campagna mentre si avvicinava il ventennale. Ne nacque poi un libricino delle edizione dell' Asino, “Conversione ecologica e stil di vitai- Rio 1992-2012”, in cui alcuni testi di Alexander Langer si specchiavano in quelli scritti da Giuseppina per la sua rubrica per il Manifesto, a cui teneva.
Quelle giornate si conclusero per noi con un buon pranzo nel ristorante sopra Merano che è anche un museo della principessa Sissi, che lei adorava. Riposa a Morolo, nella tomba di famiglia, accanto all'amato e perduto figlio Marco. Siamo vicini a sua sorella Anna con cui ha condiviso lla sua ricca vita.
Edi Rabini

La notizia della scomparsa di Giuseppina mi ha profondamente turbato. Conservo un ricordo straordinario di lei e delle sue riflessioni sia quando insieme abbiamo seguito la Conferenza Unced di Rio de Janeiro nel 1992, sia in Albania. Avevamo bisogno di leggere i suoi articoli sul Manifesto nella rubrica 'L'aria che tira', per comprendere a pieno gli eventi che ci circondavano. Si muoveva come se conoscesse perfettamente quelle 20mila persone delle Ong che provenivano da tutte le parti del mondo. Mi accompagno' una sera all'evento di restituzione della terra agli indigeni Chavantes, da parte dellEni, ed era orgogliosa di invertire la storia in una terra devastata da ogni forma di colonialismo e sfruttamento. Ho trascorso con lei 10 giorni in Albania, nel periodo di passaggio dalla dittatura alla nuova democrazia. Eravamo ospiti spesso di una famiglia di ex-ambasciatori in Cina. E, grazie alla sua grande capacità' di relazione, era riuscita a farsi raccontare degli incontri privati con Mao, racconti accompagnati da foto straordinarie di vita normale di Mao che prendeva il the'con loro. La sera rincasavamo tardi, presso l'abitazione di un docente di economia dell'Universita' di Tirana. Non c'era nessuno per strada, solo qualche persona che indossava cappotti militari, ma solo per scaldarsi. Con lei mi sentivo al sicuro.
Con dolore e affetto Pinuccia Montanari

grazie per i belli ricordi della nostra carissima Giuseppina. Lei rimane nel cuore e nei pensieri una compagna delle lotte per i diritti !Un forte abbraccio,
Iara Ferraz
iferraz2014@gmail.com

Grazie per la fotografie e per il ricordo, con il cuore aperto e la ragione piena di speranza, un abbraccio a Giuseppina, per lei la mia preghiera e la mia testimonianza di bene, con tutto l’amore per voi, un caro saluto

Marzio Marzorati

L'ho incontrata solo due volte, in occasione dei nostri incontri conviviali a casa di Mariano e là da te...incontri che purtroppo non sono proseguiti. Ma quelle due volte sono state più che sufficienti a segnarmi umanamente e a farmi provare ammirazione e affetto per Giuseppina. Ci sono persone che incontri ogni giorno ma di cui molto ti scivola addosso e poco o niente ti rimane, poi ci sono persone che la vita ti porta incontro come un dono e che ti lasciano invece tanto a prescindere. Per me Giuseppina (e tutti voi amici di Alex) siete appunto un dono che la vita mi ha portato incontro e che porto nel cuore.

Un abbraccio forte, Silvano Motto

Muoiono (Giuseppina, Luca Rastello...) e vivono sempre vivono con noi, come Alex, come le nostre care e i nostri cari che non ci sono più .

Un abbraccio forte. Gianluca Paciucci

 

Ormai la mia compagna di avventure sarajevesi, e non solo, è una piccola parte di me Christine Stufferin

 

 

Manteniamo un ricordo forte caloroso indelebile di Giuseppina.

Antonio Onorati

 

Giu­sep­pina Ciuf­freda, Bianca Maria Fra­botta, Liliana Boc­ca­rossa, Paola Redaelli… un fem­mi­ni­smo che cer­cava di aggre­dire una sto­ria ad alta den­sità di senso — il comu­ni­smo, nien­te­meno — e un noc­ciolo duris­simo e fra­gile, un par­tito che alla fine non ne volle sapere e peral­tro durò poco. Dopo di che anche noi ci siamo disperse. Nono­stante i suc­cessi: abbiamo con­ta­mi­nato par­titi e sin­da­cati, scuole e quar­tieri e uffici e fab­bri­che, «a mac­chia d’olio». Fem­mi­ni­ste e coc­ciu­ta­mente comu­ni­ste, non si sa bene come, tuttavia.

Ci siamo disperse nono­stante il gior­nale. Disperse nei pen­sieri, nelle strade che abbiamo affan­no­sa­mente cer­cato per essere fedeli a noi stesse, cia­scuna a suo modo. Non che siano man­cati anche veri e pro­pri tra­di­menti. Non che fuori di lì uomini e donne tutte ci abbiano accolto a brac­cia aperte.

L’ultima volta che ho incon­trato Giu­sep­pina è stato nel cor­ri­doio del reparto ospe­da­liero nel quale ci cura­vamo tutte e due. Un abbrac­cio, un rapido scam­bio di soli­da­rietà per l’ennesima trin­cea che ci toc­cava di fre­quen­tare, una sorta di assalto al nostro corpo fem­mi­nile. E un sor­riso tra noi, vere signore a modo nostro dal tempo degli zoc­coli e delle lun­ghe gonne a fiori e delle case ospi­tali. Come vor­rei fischiet­tare per Giu­sep­pina il canto del merlo indiano che mi sve­gliava, a casa sua, in via Labi­cana, quando «scen­devo» a Roma per il comi­tato cen­trale e per sop­por­tarlo avevo un gran biso­gno di ami­ci­zia e delle sue sgri­date, per­ché dav­vero ci pativo troppo. Per­ché ognuna di noi col­lo­cava in un luogo diverso della vita la spe­ranza o la pena per il rifiuto maschile, o il sot­trarsi, o l’ostilità aperta, la guerra alle nostre inven­zioni poli­ti­che. Pene d’amore comunque.

La strada di una rime­di­ta­zione sociale e poli­tica alla luce del fem­mi­ni­smo me l’ha aperta lei, insieme alla forza di par­lare una lin­gua ibrida, una lin­gua con­ta­mi­nata ma anche lumi­nosa. Ricordo l’agitazione per il suo inter­vento al Con­gresso di scio­gli­mento del Mani­fe­sto, all’Eur. C’era qual­cosa di solenne nelle sue parole, e di molto forte. Spie­gava, tra l’altro, il pic­colo gruppo di auto­co­scienza e le sue poten­zia­lità rivo­lu­zio­na­rie, il suo carat­tere egua­li­ta­rio e di demo­cra­zia diretta. E col­lo­cava la neces­sità di un rap­porto donne-classe ope­raia come pos­si­bile «ricom­po­si­zione del pro­le­ta­riato». Così bello quell’intervento che alla fine ave­vamo tutte le lacrime agli occhi: non era­vamo abi­tuate a tanti applausi.

E così mi resta un inter­ro­ga­tivo, aperto, spa­lan­cato: che cosa, dav­vero, ci ha disperso? Una scon­fitta? Quale spe­ci­fica scon­fitta, nostra o almeno in parte o pre­va­len­te­mente altrui? Oppure (o anche) certe dosi di dolore che nella vita si rove­sciano in par­ti­co­lare sulle donne? Che cosa?

Giu­sep­pina non c’è più. Io non voglio che sia dimen­ti­cata o tra­scu­rata. Ha dato molto, ha fati­cato molto, ha saputo lot­tare, rea­gire, sor­ri­dere con gli occhi lumi­nosi a tante tra noi. Altre e altri sanno deli­nearne la figura meglio di me. Ma sfido la sua iro­nia — così romana — per sol­le­vare, ora e ancora, que­stioni che l’hanno riguar­data. Come se fosse qui. Que­stioni che mi leghe­ranno a lei per sem­pre, con un tipo di affetto che forse ancora non ha tro­vato le parole giu­ste per dirsi.

Lidia Campagnano, il Manifesto 9 luglio 2015

http://www.micciacorta.it/2015/07/una-vita-tra-affetti-e-politica/

 

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