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Saluto a Selim Beslagic, sindaco di Tuzla

17.5.1995, Pe
Presidente, abbiamo l'onore di svolgere questa discussione alle presenza di Selim Beslagic, sindaco di Tuzla, ed altri rappresentanti bosniaci. Questo ci aiuta e pensare come i nostri sforzi siano visti da un paese europeo, nel quale oggi il destino dell'Europa multiculturale è pesantemente in gioco.

Madame Guigou e Elmar Brok non avranno un compito facile.

I due colleghi che a nome del Parlamento europeo andranno al gruppo di riflessione, non avranno un compito facile. Noi oggi conferiamo loro un mandato un po' confuso e cucinato troppo frettolosamente - ma così hanno voluto i due grandi gruppi. Ed i nostri due inviati si troveranno di fronte, su base quanto mai ineguale, i rappresentanti del Consiglio, cioè degli Stati nazionali e dei loro interessi e strategie, non di rado divergenti.

Ecco perchè ci preme tanto conferire loro un mandato chiaro, a nome dei nostri concittadini-elettori. Non vogliamo un altro trattato-mostro come quello di Maastricht che a fatica è stato ingoiato da molti cittadini e da certi parlamenti, e che anche in questo parlamento in realtà aveva incontrato un chiaro rigetto, prima che i più di noi - non certo i Verdi - si lasciassero richiamare all'ordine. Il Presidente Vaclav Havel proprio in quest'aula parlò di un Trattato senz'anima - ed aveva ragione.

In fondo siamo nel mezzo di un processo costituente che non deve continuare all'infinito come negoziato inter-governativo, invece che come assemblea costituente elettiva, e con un referendum europeo su una Magna Charta europea.

La Conferenza intergovernativa del 1996 nè è solo un pallido surrogato. Ma noi la prendiamo molto sul serio, perchè vogliamo costruire e consolidare la casa comune europea - di tutta l'Europa, centro-orientale compresa; non vogliamo che tra 20-30 ci si debba trovare davanti alle rovine di un'"ex-Europa", nè davanti ad un nuovo superstato che ripercorra il cammino di infauste grandi potenze del passato.

Noi sosteniamo l'integrazione europea come progetto di democrazia e di pace. Siamo convinti che i popoli europei insieme sappiano sviluppare più saggezza, più riguardo, più equilibrio e più responsabilità che non ognuno singolarmente. E confidiamo che gli scatenamenti nazionalisti del passato che tanta distruzione hanno seminato, potranno essere meglio tenuti a bada. Noi vogliamo che si sviluppi una nuova cittadinanza civile europea, non più determinata su base etnica, e che le nostre preziose e variegate identità locali, regionali, culturali, linguistiche e nazionali si collochino su questo fondamento comune.

I cittadini d'Europa hanno bisogno oggi, 50 anni dopo la liberazione dal nazi-fascismo e 5 anni dopo la caduta delle dittature comuniste, di un obiettivo comune, di una speranza comune. L'integrazione europea - di tutta l'Europa, con tutti quelli che la vogliono, ed ancora in questo secolo - rappresenta, nonostante molte delusioni e battute d'arresto - la risposta più promettente a questa esigenza. Affinchè divenga credibile, occorre però che non si tratti solo della più grande zona di libero scambio del mondo. L'integrazione politica ed istituzionale deve finalmente prendere il sopravvento sulla realizzazione del grande mercato.

Noi vogliamo che la Conferenza intergovernativa si ponga i seguenti obiettivi politici e modelli le istituzioni in modo da poterli raggiungere:

- priorità ad una protezione integrata e globale dell'ambiente e sviluppo verso la sostenibilità;

- una comune politica estera, di pace e di sicurezza, ivi compreso il disarmo ed il rafforzamento delle istituzioni internazionali e la comune azioni all'interno di esse;

- incoraggiamento del decentramento e della valorizzazione dell'autogoverno locale e dello sviluppo regionale come elementi essenziali della democrazia europea;

- promozione del riequilibrio solidale tra regioni ricche e povere del mondo ed esercizio della responsabilità planetaria dell'Europa;

- rafforzamento ed attuazione della democrazia e dei diritti umani e civili, all'interno ed all'esterno dell'Unione;

- promozione di processi complementari di integrazione che - con l'attiva partecipazione dell'Unione - riguardino le aree ad essa vicine, in particolare ad Est (Russia, Nuovi stati indipendenti) e al Sud (Mediterraneo).

Lo sappiamo: quanto più esteso sarà il processo di unificazione, tanto più difficile sarà trovare meccanismi decisionali efficaci e trasparenti, ma ne abbiamo un gran bisogno: vogliamo che avvengano secondo principi democratici, di maggioranza, con tutte le necessarie garanzie contro prevaricazioni.

L'accettazione della comunitarizzazione delle nostre politiche sarà tanto più convinta, quanto più ne sarà assicurato il carattere democratico e pacifico: saranno questi i nostri parametri per la Conferenza intergovernativa.

La proposta di risoluzione che abbiamo davanti ai nostri occhi non ci rassicura ancora, a questo proposito, pur contenendo importanti rivendicazioni democratiche. Accanto a significativi progressi, vi rimangono ancora - soprattutto nella politica estera e di sicurezza, quella interna e di giustizia, quella economica e monetaria - troppe tracce di quei demoni che già abbiamo sperimentato con i nostri stati nazionali: la fissazione sugli strumenti militari, sulla sovranità come classica non-ingerenza, sulla prevalenza dell'economia finanziaria su quella reale. Sappiamo che dovremo lavorare duramente per superare questi ostacoli, vi chiediamo di sostenere i nostri emendamenti.

Salvo positive sorprese dal vostro voto, il nostro gruppo resterà - nella sua maggioranza - su posizioni di astensione: vuol dire che ci sentiamo impegnati in questo processo, ma che non ci basta, ed in parte ci vede contrari, il mandato che su questa base verrebbe conferito ai rappresentanti del nostro Parlamento.


Rede namens der Grünen im EP zur Reform des Unionsvertrages

Alexander Langer, Straßburg, 17.5.1995


Unsere beiden Kollegen, die das Europäische Parlament in der Reflexionsgruppe zur Vorbereitung der Reform der Unionsverträge vertreten werden, haben keine leichte Aufgabe vor sich. Wir geben ihnen heute einen etwas unübersichtlichen und im hopp-hopp-Verfahren entstandenen Auftrag mit - so wollten es die großen Fraktionen dieses Hauses. Doch vor allem werden sie auf einer höchst ungleichgewichtigen Basis den Vertretern des Rates - d.h. letztlich den Nationalstaaten und ihren teilweise divergierenden Interessen und Strategien - gegenübersitzen.

Deshalb kommt so viel darauf an, daß sie im Namen unserer Mitbürger/innen von uns ein klares Mandat erhalten. Es soll nicht noch einmal ein Vertragsungetüm wie jenes von Maastricht gebastelt werden, das in manchen Mitgliedsstaaten die Wähler/innen und Parlamente nur mit Müh' und Not überzeugen konnte, und das in diesem Hause eigentlich auf Ablehnung stieß - bevor dann die Einpeitscher am Werk waren und den meisten von uns (nicht den Grünen!) die demokratischen Grillen wieder austrieben. Präsident Vaclav Havel sagte in diesem Saal, er habe im Maastrichter Vertrag "keine Seele" finden können, und hatte recht. Das darf sich nun nicht wiederholen.

Im Grunde stehen wir in einem Verfassunggebenden Pozeß: dieser Prozeß kann und darf nicht endlos als Verhandlung zwischen Regierungen geführt werden, statt über die demokratisch gewählten Volksvertretungen, wie wir sie aus der europäischen Tradition verfassunggebender Versammlungen kennen - und mit der Möglichkeit der europäischen Bürger/innen, über eine europäische Magna Charta abzustimmen.

Die anstehende Reierungskonferenz, die 1996 beginnt, ist davon nur ein blasser Abklatsch. Trotzdem nehmen wir sie sehr wichtig. Denn wir wollen ein gemeinsames Haus Europa - gemeinsam mit Mittel- und Osteuropa - bauen und festigen, das nicht in 20 oder 30 Jahren als "das ehemalige Europa" wieder in Trümmer zerfällt, und auch nicht als neuer Superstaat in die Spuren unseliger Großmächte tritt.

Wir stehen zur europäischen Einigung als friedens- und demokratiestiftendem Vorhaben. Wir sind überzeugt, daß die europäischen Völker gemeinsam mehr Weisheit, mehr Rücksicht, mehr Ausgleich, mehr Verantwortung übernehmen können, als je einzeln für sich, und nationale Enthemmung, wie wir sie in so vielen Fällen schrecklich hinter uns haben, dadurch weniger leicht zum Zug kommen kann. Wir wollen, daß sich mit der Einigung Europas eine neue und zivile, nicht mehr ethnisch fixierte gemeinsame Bürgerschaft entwickelt, die unseren verschiedenen (und in ihrer Verschiedenheit kostbaren) lokalen, regionalen, kulturellen, sprachlichen und nationalen Identitäten einen neuen gemeinsamen Grund gibt.

Die Menschen in Europa brauchen heute - 50 Jahre nach der Befreiung vom Nazi-Faschismus und 5 Jahre nach dem Zusammenbruch der kommunistischen Diktaturen ein gemeinsames Ziel, eine gemeinsame Hoffnung. Die europäische Integration - und zwar die Einigung ganz Europas, für alle jene, die es wollen, noch in diesem Jahrhundert - ist, trotz vieler Rückschläge und Enttäuschungen, bisher die verheißungsvollste Antwort auf dieses Bedürfnis. Damit sie glaubhaft wird, muß daraus etwas anderes werden, als bloß die größte Freihandelszone der Welt: das politische und institutionelle Zusammenwachsen muß endlich Vorrang vor der Durchsetzung des Binnenmarktes bekommen.

Wir wollen, daß die Regierungskonferenz sich folgende politische Ziele setzt und die europäischen Institutionen darauf abstimmt:

- Vorrang für umfassenden Umweltschutz und Entwicklung zur Nachhaltigkeit;

- gemeinsame Außen-, Friedens- und Sicherheitspolitik, inbegriffen durch Abrüstung und Stärkung der internationalen Institutionen und gemeinsames Handeln in ihnen;

- Ermutigung der Dezentralisierung und Aufwertung lokaler Selbstregierung und regionalen Eigenlebens als Wesenselement europäischer Demokratie;

- Förderung solidarischen Ausgleichs zwischen reichen und armen Regionen der Welt und Ausübung der weltweiten Verantwortung Europas;

- Festigung und Durchsetzung von Demokratie, Menschen- und Bürgerrechten innerhalb und außerhalb der Union;

- Einigung Gesamteuropas und Förderung komplementärer Integrationsprozesse, unter Teilnahme der Union, in ihrer unmittelbaren Nachbarschaft, insbesondere im Osten (Rußland und Neue Unabhängige Staaten) und im Süden (Mittelmeerraum).

Wir wissen: je breiter der Einigunsprozeß, desto schwieriger wird es, brauchbare und übersichtliche Entscheidungsmechanismen zu finden: doch brauchen wie sie dringend, und wollen sie nach dem demokratischen Prinzip der Mehrheit, samt allen notwendigen Sicherungen gegen Majorisierung.

Die Akzeptanz der echten Vergemeinschaftung unserer Politik wird dann umso leichter fallen, wenn der demokratische und friedliche Charakter gesichert ist: an dieser Meßlatte werden wir die Regierungskonferenz messen.

Dies scheint uns im heute zur Abstimmung stehenden Resolutionsentwurf noch mitnichten gesichert, obschon darin auch wichtige demokratische Forderungen enthalten sind. Zuviele Spuren weisen - neben unleugbaren Fortschritten - darauf hin, daß in Kernbereichen wie Außen- und Sicherheitspolitik, Innen- und Justizpolitik, Wirtschafts- und Währungsunion noch immer die nationalstaatlichen Dämonen mit ihrer Fixierung auf Militär, Staatssouveränität und Nichteinmischung, Verselbständigung der Finanzwirtschaft ihr Unwesen treiben. Dagegen werden wir also anzukämpfen haben, und tun dies u.a. mit unseren Änderungsvorschlägen, die wir Sie bitten, aufmerksam zu prüfen.

Sollte das Ergebnis nicht eine wesentliche Korrektur im von uns gewünschten Sinne bringen, wird sich die Fraktion der Grünen mehrheitlich der Stimme enthalten: als Zeichen dafür, daß wir uns auf diesen Prozeß einlassen und namens unserer Mitbürger daran gestaltend mitwirken wollen, uns aber mit dem hier vorliegenden Auftrag an unsere EP-Vertreter nicht zufriedengeben können.
pro dialog