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Alexander Langer, un po' di storia del Verona Forum

10.2.1995, Verona Forum

Era stato immaginato inizialmente – durante i lavori della Helsinki Citizens’ Assembly a Bruxelles, nel luglio 1992 – come un “parlamento di pace”: un’assemblea con esponenti di tutte le parti dell’ex-Jugoslavia, che periodicamente si riunissero insieme ed avanzassero comuni proposte di soluzione, laddove i signori della guerra non riuscivano a mettersi d’accordo. Così come alla mensa di Bruxelles donne serbe, croate e slovene mangiavano insieme e non avevano difficoltà di intendersi, pur essendo già scoppiata la guerra da un anno, si sarebbe dovuto manifestare – si pensava – una possibile intesa tra cittadini, capace di contagiare – anche grazie al sostegno estero – persino i partiti, i mezzi d’informazione e le cancellerie.

Certo, allora non ci si poteva neanche sognare di riunirsi a Zagabria, Belgrado, Ljubljana, Skopje o Sarajevo, e persino per parlarsi bisognava ricorrere ai ponti telefonici via Bruxelles o Milano (“Telefonski most”, appoggiato all’ARCI, si chiama appunto a Milano e permette la comunicazione umana e familiare; “conferenza telefonica” con una dozzina di partecipanti dal Kosovo all’Istria diventa dal Parlamento europeo, e diventa una riunione politica a distanza).

Poi si è capito presto che era eccessiva l’ambizione di far sorgere dalla società civile un “parlamento di pace”, peraltro senza poterlo eleggere. Alla prima riunione, tenuta nel settembre 1992 alla periferia di Verona in un istituto cattolico, messo a disposizione dal Movimento nonviolento, era difficile persino mettersi d’accordo sul nome. La sigla “YU-Forum” era stata respinta da alcuni sloveni e croati, ed alla fine il nome della città di Romeo e Giulietta è sembrato di buon auspicio. Da allora si chiama Verona-Forum per la pace e la riconciliazione nei territori dell’ex-Jugoslavia – nome lungo e complicato, che tradisce la diffidenza di alcuni verso l’eredità jugoslava, e di altri verso le nuove sovranità etniche. Nel corso dei mesi, e poi degli anni, si è capito che il Forum, per quanto gracile, non aveva eguali: l’unico circuito permanente tra persone provenienti da tutte le repubbliche ed etnie ex-jugoslave, dove ora l’una, ora l’altra partecipazione è sempre a rischio, soprattutto di sloveni da un lato e kosovari dall’altro.

Cosa fa questo Forum, a che serve? Per un certo tempo significava in primo luogo conferenze, che disperatamente cercavano di rimediare al grosso deficit delle Conferenze di pace ufficiali, dove si incontravano i leaders dei rispettivi nazionalismi per non fare la pace. E dall’iniziale cerchia di pacifisti, il coinvolgimento si è via via allargato, col progredire della guerra, sino a fare del Forum un punto d’incontro di democratici (liberali, socialdemocratici, riformisti, nazionalisti moderati, ecologisti ed alternativi), di giornalisti liberi, di esponenti di associazione. Quattro conferenze di rilievo (due a Verona, una a Vienna ed una a Parigi) hanno costruito e rafforzato una voce comune, che tuttavia non ha trovato l’ascolto sperato da parte delle istituzioni europee. Risoluzioni, proposte, appelli.... soprattutto nell’ottica di rafforzare le forze inter-etniche e democratiche, con un piccolo ufficio moltiplicatore al Parlamento europeo, dove una bosniaca sposata in Belgio tiene i contatti quotidiani con ormai qualche centinaio di fili della rete. 

Ora la fase delle conferenze internazionali sembra conclusa, visto che l’essenziale è stato detto e che a chi aveva orecchie per intendere, il messaggio dell’altra(ex-)Jugoslavia è arrivato. Con una importante differenza rispetto a circuiti tradizionalmente pacifisti, di sinistra e civici, come p.es. la Helsinki Citizens’ Assembly, che cioè non vi è alcun riferimento nostalgico alla Jugoslavia, né un prevalere di ex-comunisti o di intellettuali considerati comunque legati al passato. La conferenza di Tuzla, ai primi di novembre, ha propriamente inaugurato una seconda fase delle attività del Forum: non più all’estero, ma nei Balcani. Visite, azioni a sostegno di giornali ed associazioni, radio e televisioni, inviti, seminari di formazione. Ormai è di nuovo possibile incontrarsi lì, svolgere riunioni ed incontri a Skopje (come è successo a fine gennaio) o a Zagabria (febbraio). E mirare alla formazione di persone per il dopo-guerra: una delegazione dalla Macedonia (con macedoni ed albanesi) verrà in Europa, a visitare le istituzioni europee ed a conoscere un’esperienza di convivenza pluri-etnica ed autonomista (nel Sudtirolo). 

Chi guarda da lontano, non può neanche immaginare cosa significhi per quelle duecento persone sparse tra tutti i cocci dell’ex-Jugoslavia sapersi parte di una stessa solidarietà ed avere una propria ambasciata “in Europa”. Degli intellettuali arabi, che per caso avevano assistito ad una riunione, hanno subito osservato: “avremmo bisogno di un Verona-Forum anche per il mondo arabo...”

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